Pagine

sabato 10 marzo 2012

Poesie - Nazim Hikmet




PUO'  DARSI  (1930)

Può darsi che io non arrivi ad un certo giorno,
può darsi
che penzolando da un capo del ponte
lascerò cadere la mia ombra sull'asfalto...
E può darsi che, anche dopo quel certo giorno,
io sia ancora in vita, irsuto di bianco pelo...
Se sarò vivo dopo quel certo giorno,
appoggiandomi ai muri per la periferia della città
suonerò il violino e canterò una canzone
ai vecchi, intorno a me,
che, come me, saranno sopravvissuti all'ultima battaglia.
E dovunque volgerò l'occhio,
tutto sarà allegro, splendido,
e la sera stupenda,
e ascolterò il passo di gente nuova
che intona nuove canzoni.

Meraviglioso poeta turco, con una assoluta passione per la vita. Amo questa poesia perché penso spesso che potrei essere morta e non saperlo... 


Nazim Hikmet (Turchia 1901-1963)


27 commenti:

  1. Adoro Hikmet ma non conoscevo questa poesia,grazie per averla postata e grazie del tuo commento,è vero potremmo essere morti e non saperlo
    lascio quella più conosciuta e al pari bella
    Il più bello dei mari
    è quello che non navigammo.
    Il più bello dei nostri figli
    non è ancora cresciuto.
    I più belli dei nostri giorni
    non li abbiamo ancora vissuti.
    E quello
    che vorrei dirti di più bello
    non te l’ho ancora detto

    RispondiElimina
  2. Altro tema prediletto da Hikmet, la nostalgia. Eccone un esempio

    Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
    non dico che fosse come la mia ombra
    mi stava accanto anche nel buio
    non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
    quando si dorme si perdono le mani e i piedi
    io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

    durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
    non dico che fosse fame o sete o desiderio
    del fresco nell’afa o del caldo nel gelo
    era qualcosa che non può giungere a sazietà
    non era gioia o tristezza non era legata
    alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
    era in me e fuori di me.

    durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
    e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. io conosco solo la nostalgia romantica per posti dove ho lasciato metà cuore.... non è una nostalgia che fa male come questa di hikmet...
      ma so che esiste anche questa di nostalgia..di ciò che si è perso e non tornerà più

      Elimina
  3. Io scelgo questa, anche se la mia preferita è quella degli amici morti che ritornano, ma mi sembrava un po' troppo triste.

    In questa notte d'autunno
    sono pieno delle tue parole
    parole eterne come il tempo
    come la materia
    parole pesanti come la mano
    scintillanti come le stelle.
    Dalla tua testa dalla tua carne
    dal tuo cuore
    mi sono giunte le tue parole
    le tue parole cariche di te
    le tue parole, madre
    le tue parole, amore
    le tue parole, amica
    Erano tristi, amare
    erano allegre, piene di speranza
    erano coraggiose, eroiche
    le tue parole
    erano uomini.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questa poesia, intitolata NOTTE D'AUTUNNO è diventata famosissima quando Ferzan Ozpetek, anche lui turco, l'ha inserita nel suo film più amato, LE FATE IGNORANTI. Aggiungo un commento del regista:

      Le fate ignoranti sono quelle che incontriamo e
      non riconosciamo ma che ci cambiano la vita.
      Non sono quelle delle fiabe, perché loro qualche bugia la dicono.
      Sono ignoranti, esplicite, anche pesanti a volte,
      ma non mentono sui sentimenti. Le fate ignoranti sono tutti quelli che vivono allo scoperto,
      che vivono i propri sentimenti
      e non hanno paura di manifestarli.
      Sono le persone che parlano senza peli sulla lingua,
      che vivono le proprie contraddizioni e che ignorano le strategie.
      Spesso passano per "ignoranti", perché sembrano cafone
      e invadenti per la loro mancanza di buone maniere,
      ma sono anche molto spesso delle "fate"
      perché capaci di compiere il "miracolo" di travolgerci,
      costringendoci a dare una svolta alla nostra vita.

      Elimina
  4. La metto io

    Della morte (1946) – Nazim Hikmet

    Entrate, amici miei, accomodatevi
    siate i benvenuti
    mi date molta gioia.
    Lo so, siete entrati per la finestra della mia cella
    mentre dormivo.
    Non avete rovesciato la brocca
    né la scatola rossa delle medicine.
    I visi nella luce delle stelle
    state mano in mano al mio capezzale.
    Com'è strano
    vi credevo morti
    e siccome non credo né in Dio né all'aldilà
    mi rammaricavo di non aver potuto
    offrirvi ancora un pizzico di tabacco.
    Com'è strano
    vi credevo morti
    e voi siete venuti per la finestra della mia cella
    entrate, amici miei, sedetevi
    siate i benvenuti
    mi date molta gioia.
    Hascìm, figlio di Osmàn,
    perché mi guardi a quel modo?
    Hascìm figlio di Osmàn
    è strano
    non eri morto, fratello,
    a Istanbul, nel porto
    caricando il carbone su una nave straniera?
    Eri caduto col secchio in fondo alla stiva
    la gru ti ha tirato su
    e prima di andare a riposare
    definitivamente
    il tuo sangue rosso aveva lavato
    la tua testa nera.
    Chi sa quanto avevi sofferto.
    Non restate in piedi, sedetevi.
    Vi credevo morti.
    Siete entrati per la finestra della mia cella
    i visi nella luce delle stelle
    siate i benvenuti
    mi date molta gioia.
    Yakùp, del villaggio di Kayalar
    salve, caro compagno,
    non eri morto anche tu?
    Non eri andato nel cimitero senz'alberi
    lasciando ai tuoi bambini la malaria e la fame?
    Faceva terribilmente caldo, quel giorno
    e allora, non eri morto?
    E tu, Ahmet Gemìl, lo scrittore?
    Ho visto coi miei occhi
    la tua bara scendere nella fossa.
    Credo anche di ricordarmi
    che la tua bara fosse un po' corta per la tua statura.
    Lascia stare, Gemìl
    vedo che ce l'hai sempre, la vecchia abitudine
    ma è una bottiglia di medicina, non di rakì.
    Ne bevevi tanto
    per poter guadagnare cinquanta piastre al giorno
    e dimenticare il mondo nella tua solitudine.
    Vi credevo morti, amici miei
    state al mio capezzale la mano in mano
    sedete, amici miei, accomodatevi.
    Benvenuti, mi date molta gioia.
    La morte è giusta, dice un poeta persiano,
    ha la stessa maestà colpendo il povero e lo scià.
    Hascìm, perché ti stupisci?
    Non hai mai sentito parlare di uno scià
    morto in una stiva con un secchio di carbone?
    La morte è giusta, dice un poeta persiano.
    Yakùp
    mi piaci quando ridi, caro compagno
    non ti ho mai visto ridere così
    quando eri vivo...
    Ma lasciatemi finire
    la morte è giusta dice un poeta persiano...
    Lascia quella bottiglia, Ahmer Gemìl,
    non t'arrabbiare, so quel che vuol dire
    affinché la morte sia giusta
    bisogna che la vita sia giusta.
    Il poeta persiano...
    Amici miei, perché mi lasciate solo?
    Dove andate?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. è bellissima e toccante
      "affinchè la morte sia giusta bisogna che la vita sia giusta"

      Elimina
  5. Belle, soprattutto l'ultima: quella domanda "Amici miei, perché mi lasciate solo? Dove andate?" è straziante, l'urlo di un uomo incarcerato da decenni, al quale rimane come unico sollievo la visita dei suoi compagni morti. La sua vita, la sua politica, il suo amore, la sua grandezza sono un pezzo unico, integro, inestimabile.

    RispondiElimina
  6. Ho amato Hikmet da subito, per la coerenza delle sue idee, per il coraggio di esprimerle comunque e dovunque. Lo amo perché nelle sue poesie la donna non è bambola, né strumento, né oggetto di niente, ma una compagna di vita e di percorso. Ecco perché scelgo questa:

    Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
    sei la mia carne che brucia
    come la nuda carne delle notti d'estate
    sei la mia patria tu,
    coi riflessi verdi dei tuoi occhi tu, alta e vittoriosa
    sei la mia nostalgia di saperti inaccessibile
    nel momento stesso in cui ti afferro.

    RispondiElimina
  7. Grande persona, ha combattuto una vita per le sue idee, pagandole di persona. E non ha mai smesso di scrivere, di amare, di vivere. La sua Alle porte di Madrid è stata una bandiera per migliaia di soldati. A volte le idee sono più potenti del potere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non ascoltare le voci delle sfere dell'aldilà,
      né intrecciare nella trama delle righe poesie ermetiche.
      né cercare
      con pazienza di orafo
      rime graziose
      e fini espressioni,
      stasera, grazie al cielo, io sto più su
      di tutto ciò.
      Stasera io
      sono un cantastorie di strada.
      La mia voce è semplice, senza artifici,
      e tu
      non puoi udire la mia canzone ...
      È notte
      Nevica.
      Tu sei alle porte di Madrid.
      Davanti a te hai l'armata dei nemici,
      che è venuta per uccidere
      tutto ciò che c'è di più bello:
      la libertà,
      il sogno,
      la speranza
      e i ragazzi.
      E nevica.
      E forse,
      i tuoi piedi nudi gelano.
      Nevica ...
      Ed ecco,
      in quest'istante
      che io penso a te con tutto il mio cuore,
      forse
      una pallottola spezzerà la tua vita
      una ferita che ti sei presa al Nord?
      Forse
      sei tu quello che per ultimo
      sparò nella notte che gli junker
      bombardavano Bilbao?
      O servivi come bracciante
      nelle tenute di un qualche
      conte Fernando Valesquero di Cortolon?
      O avevi una botteguccia
      alla Porta del Sole
      e vendevi le frutta dai colori spagnoli?
      Forse, non avevi alcun talento,
      o forse avevi una bella voce?
      O eri uno studente,
      un futuro giurista,
      e i tuoi libri
      sotto i cingoli d'un carro armato italiano
      son rimasti
      nella città universitaria?
      Forse non credevi in Dio,
      e forse invece portavi una piccola croce di rame
      a un cordino di seta?
      Chi sei,
      come ti chiami,
      quanti anni hai?
      Non ho visto la tua faccia,
      e non la vedrò.
      Forse
      essa ricorda le facce di quelli
      che batterono le bande di Kolciak in Siberia?
      O, in qualche tratto,
      tu ricordi coloro
      che sono caduti
      a Domlupinar?
      O somigli a Robespierre?
      Non hai udito il mio nome,
      e non l'udrai.
      Tra noi due, fratello,
      ci sono i mari e i monti,
      e le mie maledette catene,
      e le prescrizioni
      del comitato di non intervento...
      Non posso venire da te,
      non posso mandarti di qui
      né una cassa di cartucce
      né uova
      né un paio di calze di lana...
      So
      che in questo gelo
      i tuoi piedi nudi,
      là, alle porte di Madrid,
      come due bimbi
      gelano al vento ...
      E so
      che tutto ciò che in questo mondo
      c'è di grande
      e di bello,
      tutto ciò che sarà fatto dagli uomini,
      tutta la Verità futura
      e la Grandezza,
      che io aspetto con tanta ansia nel cuore,
      tutto questo riluce nei tuoi occhi,
      sentinella mia,
      stanotte
      alle porte di Madrid ...
      E so
      che oggi non posso,
      come non potei ieri
      e non potrò domani,
      fare nient'altro
      che pensare a te
      e amarti!

      Elimina
    2. Alle porte di Madrid - Nazim Hikmet

      Elimina
  8. Se vuoi crescere davvero, se vuoi capire il mondo di oggi, devi darti la pena di andare a cercare libri come questo, per capire cos'è l'integrità di una persona, per imparare la coerenza, il coraggio delle idee, e la bellezza di un'anima libera.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. è ciò che ho pensato nel leggere la poesia postata da Marco...c'è bisogno di riacquistare i valori e i sapori di un tempo,quell'integrità persa ,il coraggio delle proprie idee anche se sembra poi di essere controcorrente..

      Elimina
  9. Le piante, da quelle di seta fino alle più arruffate
    gli animali, da quelli a pelo fino a quelli a scaglie
    le case, dalle tende di crine fino al cemento armato
    le macchine, dagli aeroplani al rasoio elettrico
    e poi gli oceani e poi l’acqua nel bicchiere
    e poi le stelle
    e poi il sonno delle montagne
    e poi dappertutto mescolato a tutto l’uomo
    ossia il sudore della fronte
    ossia la luce nei libri
    ossia la verità e la menzogna
    ossia l’amico e il nemico
    ossia la nostalgia la gioia il dolore
    sono passato attraverso la folla
    insieme alla folla che passa.

    Nazim Hikmet, "L'uomo"

    by Birdy

    RispondiElimina
  10. Mi piace pensare alla poesia iniziale, "Può darsi" e dedicarla al Cev.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Rileggere "Puo' darsi" è veramente terribile, pensando al Cev. Sembra scritta adesso, ora.

      Elimina
  11. Ti amo come se mangiassi il pane
    spruzzandolo di sale
    come se alzandomi la notte bruciante di febbre
    bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto
    ti amo come guardo il pesante sacco della posta
    non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
    pieno di sospetto agitato
    ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
    ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il
    crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
    ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.

    (Nazim Hikmet)

    Birdy

    RispondiElimina
  12. Rubo a Baku & Friends senza dimenticare mai di complimentarmi per le scelte:

    Ti ho sognata
    mi sei apparsa sopra i rami
    passando vicino alla luna
    tra una nuvola e l'altra
    andavi, e io ti seguivo
    ti fermavi e io mi fermavo,
    mi fermavo, e tu ti fermavi,
    mi guardavi e io ti guardavo
    ti guardavo e tu mi guardavi
    poi tutto è finito. Ti ho sognata.
    (Nazim Hikmet)

    Baku

    RispondiElimina
  13. I GIORNI SON SEMPRE PIU' BREVI - NAZIM HIKMET

    I giorni son sempre più brevi
    le piogge cominceranno.
    La mia porta, spalancata, ti ha atteso.
    Perché hai tardato tanto?

    Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane.
    Il vino che avevo conservato nella brocca
    l'ho bevuto a metà, da solo, aspettando.
    Perché hai tardato tanto?

    Ma ecco sui rami, maturi, profondi
    dei frutti carichi di miele.
    Stavano per cadere senz'essere colti
    se tu avessi tardato ancora un poco.

    Nazim Hikmet

    RispondiElimina
  14. Che sta facendo adesso...
    Che sta facendo adesso
    adesso, in questo momento?
    E' a casa? Per la strada?
    Al lavoro? In piedi? Sdraiata?
    Forse sta alzando il braccio?

    Amor mio
    come appare in quel movimento
    il polso bianco e rotondo!
    Che sta facendo adesso
    adesso, in questo momento?
    Un gattino sulle ginocchia
    lei lo accarezza.
    O forse sta camminando
    ecco il piede che avanza.
    Oh i tuoi piedi che mi son cari
    che mi camminano sull'anima
    che illuminano i miei giorni bui!

    A che pensa?
    A me? o forse...chi sa
    ai fagioli che non si cuociono.
    O forse si domanda
    perchè tanti sono infelici
    sulla terra.
    Che sta facendo adesso
    adesso, in questo momento?

    Nazim Hikmet

    RispondiElimina
  15. “Forse la mia ultima lettera a Mehmet”
    Non vivere su questa terra come un inquilino,
    oppure in villeggiatura nella natura.
    vivi in questo mondo come se fosse la casa di tuo padre
    credi al grano, al mare, alla terra, ma soprattutto all’uomo.
    Ama la nuvola, la macchina, il libro, ma innanzitutto ama l’uomo.
    Senti la tristezza del ramo che si secca,
    del pianeta che si spegne, dell’animale infermo,
    ma innanzitutto la tristezza dell’uomo.
    Che tutti i beni terrestri
    ti diano gioia
    che l’ombra e il chiaro
    ti diano gioia
    ma che soprattutto l’uomo
    ti dia gioia.
    Nazim Hikmet

    (grazie a Libreria Post Office)

    RispondiElimina
  16. Nazim Hikmet

    I miei giorni sono fette di melone
    profumato di vita
    grazie a te
    i frutti si protendono verso la mia mano
    come se fossi sole
    grazie a te
    grazie a te
    succhierò solo il miele della speranza
    anche le mie serate più solitarie sorridono
    come un tappeto d’Anatolia
    appeso sulla parete
    grazie a te
    al termine della mi strada che non entra in città
    mi sono riposato in un giardino di rose
    grazie a te
    grazie a te
    non lascio entrare la morte vestita di veli molli
    che bussa alla mia porta cantando le sue canzoni
    e invitandomi al gran riposo.

    RispondiElimina
  17. Prima che bruci Parigi - Nazim Hikmet

    Finché ancora tempo, mio amore
    e prima che bruci Parigi
    finché ancora tempo, mio amore
    finché il mio cuore è sul suo ramo
    vorrei una notte di maggio
    una di queste notti
    sul lungosenna Voltaire
    baciarti sulla bocca
    e (se tu fossi qui)
    andando poi a Notre-Dame
    contempleremmo il suo rosone
    e a un tratto serrandoti a me
    di gioia paura stupore
    piangeresti silenziosamente
    e le stelle piangerebbero
    mischiate alla pioggia fine.

    Finché ancora tempo, mio amore
    e prima che bruci Parigi
    finché ancora tempo, mio amore
    finché il mio cuore è sul suo ramo
    in questa notte di maggio sul lungosenna
    sotto i salici, mia rosa, con te
    sotto i salici piangenti molli di pioggia
    ti direi due parole le più ripetute a Parigi
    le più ripetute, le più sincere
    (se tu fossi qui)
    scoppierei di felicità
    fischietterei una canzone
    e crederemmo negli uomini.

    (se tu fossi qui)
    In alto, le case di pietra
    senza incavi né gobbe
    appiccicate
    coi loro muri al chiar di luna
    e le loro finestre diritte che dormono in piedi
    e sulla riva di fronte il Louvre
    illuminato dai proiettori
    illuminato da noi due
    il nostro splendido palazzo
    di cristallo.

    Finché ancora tempo, mio amore
    e prima che bruci Parigi
    finché ancora tempo, mio amore
    finché il mio cuore è sul suo ramo
    in questa notte di maggio, lungo la Senna, nei depositi
    ci siederemmo sui barili rossi
    di fronte al fiume scuro nella notte
    per salutare la chiatta dalla cabina gialla che passa
    - verso il Belgio o verso l’Olanda? -
    davanti alla cabina una donna
    con un grembiule bianco
    sorride dolcemente.

    Finché ancora tempo, mio amore
    e prima che bruci Parigi
    finché ancora tempo, mio amore.

    RispondiElimina
  18. Anche questa mattina mi sono svegliato» – Nazim Hikmet
    (grazie a tittideluca)

    Anche questa mattina mi sono svegliato
    e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
    si son buttati addosso a me alla rinfusa
    e la luce d’argento annerito della lampada

    mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram
    e il giallo della parete e tre righe di scritto
    e la camera d’albergo e questo paese nemico
    e la metà del sogno caduta da questo lato s’è spenta

    mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
    e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
    e la nostra separazione e quello che siamo
    mi sono svegliato anche questa mattina
    e ti amo.

    Nazim Hikmet

    Berlino, 1961

    (Traduzione di Joyce Lussu)

    da “Nazim Hikmet, Poesie d’amore”, A. Mondadori Editore, 1991

    RispondiElimina
  19. Sono cent’anni che non ho visto il suo viso» – Nazim Hikmet
    (di tittideluca)

    Sono cent’anni che non ho visto il suo viso
    che non ho passato il suo braccio
    attorno alla sua vita
    che non mi son fermato nei suoi occhi
    che non ho interrogato
    la chiarità del suo pensiero
    che non ho toccato
    il calore del suo ventre

    eravamo sullo stesso ramo insieme
    eravamo sullo stesso ramo
    caduti dallo stesso ramo ci siamo separati
    e tra noi il tempo è di cent’anni
    di cent’anni la strada
    e da cent’anni nella penombra
    corro dietro a te.

    Nazim Hikmet

    Stoccolma, 1960

    (Traduzione di Joyce Lussu)

    da “Nazim Hikmet, Poesie d’amore”, A. Mondadori Editore, 1991

    RispondiElimina
  20. Ciò che ho scritto di noi
    è tutta una bugia
    è la mia nostalgia
    cresciuta sul ramo
    inaccessibile
    è la mia sete
    tirata su dal pozzo
    dei miei sogni
    è il disegno tracciato
    su un raggio di sole
    Ciò che ho scritto di noi
    è tutta verità
    è la tua grazia
    cesta colma di frutti
    rovesciata sull'erba
    è la tua assenza
    quando divento l'ultima luce
    all'ultimo angolo della via
    è la mia gelosia
    quando corro di notte
    fra i treni con gli occhi bendati
    è la mia felicità
    fiume soleggiato che
    irrompe sulle dighe
    Ciò che ho scritto di noi
    è tutta una bugia
    ciò che ho scritto di noi
    è tutta verità.
    __ Nazim Hikmet - "Ciò che ho scritto di noi" __

    (grazie a Libreria Post Office)

    RispondiElimina