Pagine

lunedì 5 marzo 2012

I sonetti - William Shakespeare



(Sonnets - 1609)

Sonnet 31


Thy bosom is endeared with all 
Which I by lacking have supposed dead,
And there reigns love and all love's loving parts,
And all those friends which I thought buried. 
How many a holy and obsequious tear 
Hath dear religious love stol'n from mine eye
As interest of the dead, which now appear 
But things removed that hidden in thee lie! 
Thou art the grave where buried love doth live, 
Hung with the trophies of my lovers gone, 
Who all their parts of me to thee did give; 
That due of many now is thine alone: 
   Their images I loved I view in thee, 
   And thou, all they, hast all the all of me.



Prezioso mi è il tuo cuore per tutti i cuori
che mancandomi consideravo come morti,
e ivi amor predomina con tutte le sue doti
e vivon quegli amici che pensavo ormai sepolti.
Quante sante rispettose funeree lacrime
un caro devoto amore ha strappato agli occhi miei
qual tributo a quei morti che or si svelano
memorie lontane che in te giacciono rinchiuse!
Tu sei la tomba ove sepolto vive l’amore
circondato dai ricordi dei miei passati affetti,
che ti hanno ceduto quanto di mio avevano -
quel che era di molti, ora è soltanto tuo:
in te io vedo le loro immagini che ho amato,
e tu con loro, hai tutto il tutto mio.

William Shakespeare (England 1564-1616)
Tra i sonetti dedicati al suo angelico fair friend e quelli dedicati alla diabolica dark lady, ho preferito scegliere questo magnifico sonetto 31, forse il più gentile, sensibile e accorato di tutti. Ma se volete provare un doppio piacere, rileggetevi questi sonetti assieme a "Il ritratto di Mr W.H." di Oscar Wilde, che identifica in Willie Hughes  il BoyActor di cui Shakespeare era innamorato e al quale sono dedicati questi sonetti. Ne ricaverete una lettura diversa e sorprendente.


William Shakespeare's birthplace - Stratford-upon-Avon UK


56 commenti:

  1. Tra la produzione sterminata di Shakespeare le mie preferenze vanno al Macbeth, perché non riesco a vederlo dato che non osa farlo nessuna compagnia, e i sonetti appunto. Questo è veramente bello, dedicato sempre al suo amore per il ragazzo fatato, ma da un punto di vista consolante, seppure memore di tanto dolore provato.

    RispondiElimina
  2. Shall I compare thee to a summer's day?
    Thou art more lovely and more temperate:
    Rough winds do shake the darling buds of May,
    And summer's lease hath all too short a date:
    Sometime too hot the eye of heaven shines,
    And often is his gold complexion dimm'd;
    And every fair from fair sometime declines,
    By chance or nature's changing course untrimm'd;
    But thy eternal summer shall not fade
    Nor lose possession of that fair thou owest;
    Nor shall Death brag thou wander'st in his shade,
    When in eternal lines to time thou growest:
    So long as men can breathe or eyes can see,
    So long lives this and this gives life to thee.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dovrò paragonarti ad un giorno estivo?Tu sei più amabile e temperato:
      cari bocci scossi da vento eversivo e il nolo estivo presto è consumato.
      L’occhio del cielo è spesso troppo caldo e la sua faccia sovente s’oscura,
      e il Bello al Bello non è sempre saldo,per caso o per corso della natura.
      Ma la tua eterna Estate mai svanirà,né perderai la Bellezza ch’ora hai,
      né la Morte di averti si vanterà quando in questi versi eterni crescerai.
      Finché uomo respira o con occhio vedrà,fin lì vive Poesia che
      vita a te dà.

      Elimina
  3. Il sonetto 18.....Finché gli uomini possono respirare o gli occhi vedere, così a lungo vivrà tutto ciò, e questo ti farà vivere...

    RispondiElimina
  4. Confesso di aver dovuto andare a scegliermene uno, ovviamente tra quelli dedicati alla dark lady, e questo oltretutto parla anche di musica. E' il sonetto 128.

    How oft, when thou, my music, music play'st,
    Upon that blessed wood whose motion sounds
    With thy sweet fingers, when thou gently sway'st
    The wiry concord that mine ear confounds,
    Do I envy those jacks that nimble leap
    To kiss the tender inward of thy hand,
    Whilst my poor lips, which should that harvest reap,
    At the wood's boldness by thee blushing stand!
    To be so tickled, they would change their state
    And situation with those dancing chips,
    O'er whom thy fingers walk with gentle gait,
    Making dead wood more blest than living lips.
    Since saucy jacks so happy are in this,
    Give them thy fingers, me thy lips to kiss.


    Quando tu musica mia suon tu
    su quel beato legno che alle dita
    gentili replica mentre conduci
    la vibrante armonia che confonde il mio orecchio,

    quanto invidio quei tasti che a baciare
    l'incavo della mano agili balzano!
    mentre le mie labbra, escluse da tal raccolto,
    davanti a tanta audacia arrossiscono.

    Per esser solleticate, stato e posto
    con le schegge danzanti scambierebbero
    che le tue dita scorrono gentili:

    fai morto il legno più che vive labbra!
    Se son così felici i tasti audaci,
    le dita a loro, a me le labbra dài.

    RispondiElimina
  5. Sonetto 43.....►William Shakespeare

    Quanto più chiudo gli occhi, allora meglio vedono,

    perchè per tutto il giorno guardano cose indegne di nota;

    ma quando dormo, essi nei sogni vedono te,

    e, oscuramente luminosi, sono luminosamente diretti nell’oscuro.

    Allora tu, la cui ombra le ombre illumina,

    quale spettacolo felice formerebbe la forma della tua ombra

    al chiaro giorno con la tua assai più chiara luce,

    quando ad occhi senza vista la tua ombra così splende!

    Quanto, dico, benedetti sarebbero i miei occhi,

    guardando a te nel giorno vivente,

    quando nella morta notte la tua bella ombra imperfetta,

    attraverso il greve sonno, su ciechi occhi posa!

    Tutti i giorni sono notti a vedersi, finchè non vedo te,

    e le notti giorni luminosi, quando i sogni si mostrano a me.

    Baku

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONNET 43

      When most I wink, then do mine eyes best see,
      For all the day they view things unrespected;
      But when I sleep, in dreams they look on thee,
      And darkly bright are bright in dark directed.
      Then thou, whose shadow shadows doth make bright,
      How would thy shadow's form form happy show
      To the clear day with thy much clearer light,
      When to unseeing eyes thy shade shines so!
      How would, I say, mine eyes be blessed made
      By looking on thee in the living day,
      When in dead night thy fair imperfect shade
      Through heavy sleep on sightless eyes doth stay!
      All days are nights to see till I see thee,
      And nights bright days when dreams do show thee me.

      _________

      Elimina
  6. Consunto da fatica, corro presto a letto
    caro ristoro al corpo distrutto dal cammino;
    ma allor nella mia testa s'apre un'altra via
    a stancar la mente or che il mio corpo ha tregua.

    Svelti i miei pensieri da lontano ove dimoro
    volgono in fervido pellegrinaggio a te
    e tengono spalancate le mie palpebre pesanti
    scrutanti quelle tenebre che il cieco sol conosce:

    ma ecco che la vista immaginaria del mio cuore
    presenta la tua ombra al mio sguardo senza luce,
    che, simile a diamante sospeso nel buio più nero,

    fa la cupa notte bella e il suo vecchio volto nuovo.
    Così di giorno il corpo, di notte la mia mente
    per colpa tua e mia non trovano mai pace.

    (sonetto 27...sempre il caro Willie)
    Baku

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONNET 27

      Weary with toil, I haste me to my bed,
      The dear repose for limbs with travel tired;
      But then begins a journey in my head,
      To work my mind, when body's work's expired:
      For then my thoughts, from far where I abide,
      Intend a zealous pilgrimage to thee,
      And keep my drooping eyelids open wide,
      Looking on darkness which the blind do see
      Save that my soul's imaginary sight
      Presents thy shadow to my sightless view,
      Which, like a jewel hung in ghastly night,
      Makes black night beauteous and her old face new.
      Lo! thus, by day my limbs, by night my mind,
      For thee and for myself no quiet find.

      _________

      Elimina
  7. trasferisco qui la fantasia di Baku & Friends, che ringrazio

    C'è chi vanta la propria nascita, chi l'ingegno,
    chi la ricchezza, chi la forza fisica,
    chi il vestire alla moda, anche se stravagante,
    chi vanta falchi e cani e chi i cavalli.
    Ognuno ha un suo diletto particolare
    in cui trova una gioia superiore al resto;
    ma queste piccolezze non fanno per me:
    io ne possiedo uno che li trascende.
    Il tuo amore vale per me più che nobile nascita,
    è più ricco di ricchezze, è più superbo di costosi abiti,
    è più dilettevole dei falchi o dei cavalli
    e avendo te, di ogni vanto umano io mi glorio:
    Sono sfortunato solo in questo, che tu puoi togliermi
    ognuna di queste cose e far di me l'essere più misero.


    (William Shakespeare, sonetto 91)

    Birdy

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONNET 91

      Some glory in their birth, some in their skill,
      Some in their wealth, some in their bodies' force,
      Some in their garments, though new-fangled ill,
      Some in their hawks and hounds, some in their horse;
      And every humour hath his adjunct pleasure,
      Wherein it finds a joy above the rest:
      But these particulars are not my measure;
      All these I better in one general best.
      Thy love is better than high birth to me,
      Richer than wealth, prouder than garments' cost,
      Of more delight than hawks or horses be;
      And having thee, of all men's pride I boast:
      Wretched in this alone, that thou mayst take
      All this away and me most wretched make.

      Elimina
  8. Grazie per il sonetto 91 appunto! Prezioso blog! Elisa e Martina

    RispondiElimina
  9. E cosi, coll'imagine tua o coll'amor tuo, tu, benché assente, mi sei ognora presente, poiché non puoi allontanarti oltre il confine de' miei pensieri ed io sono ognora con essi, ed essi con te.



    William Shakespeare
    Sonetto XLVII

    RispondiElimina
  10. SONNET 47 - WILLIAM SHAKESPEARE

    Betwixt mine eye and heart a league is took,
    And each doth good turns now unto the other:
    When that mine eye is famish'd for a look,
    Or heart in love with sighs himself doth smother,
    With my love's picture then my eye doth feast
    And to the painted banquet bids my heart;
    Another time mine eye is my heart's guest
    And in his thoughts of love doth share a part:
    So, either by thy picture or my love,
    Thyself away art resent still with me;
    For thou not farther than my thoughts canst move,
    And I am still with them and they with thee;
    Or, if they sleep, thy picture in my sight
    Awakes my heart to heart's and eye's delight.

    Sonetto 47 . W.SHAKESPEARE

    I miei occhi e il cuore son venuti a patti
    ed or ciascuno all'altro il suo ben riversa:
    se i miei occhi son desiosi di uno sguardo,
    o il cuore innamorato si distrugge di sospiri,

    gli occhi allor festeggian l'effigie del mio amore
    e al fantastico banchetto invitano il mio cuore;
    un'altra volta gli occhi son ospiti del cuore
    che a lor partecipa il suo pensier d'amore.

    Così, per la tua immagine o per il mio amore,
    anche se lontano sei sempre in me presente;
    perché non puoi andare oltre i miei pensieri

    e sempre io son con loro ed essi son con te;
    o se essi dormono, in me la tua visione
    desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.

    RispondiElimina
  11. sono incappata sul web in questo delizioso:

    Sonnets XCIV by William Shakespeare

    They that have power to hurt and will do none,
    That do not do the thing they most do show,
    Who, moving others, are themselves as stone,
    Unmoved, cold, and to temptation slow:
    They rightly do inherit heaven's graces
    And husband nature's riches from expense;
    They are the lords and owners of their faces,
    Others but stewards of their excellence.
    The summer's flower is to the summer sweet
    Though to itself it only live and die,
    But if that flower with base infection meet,
    The basest weed outbraves his dignity:
    For sweetest things turn sourest by their deeds;
    Lilies that fester smell far worse than weeds.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 94 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Coloro che hanno potere di ferire e non lo fanno,
      e che non fanno quanto mostrerebbero di poter fare,
      i quali, muovendo gli altri stanno come pietra immobili,
      freddi, insensibili alle lusinghe
      giustamente ereditano ogni favore dal cielo
      e salvano da sperperi i tesori della natura:
      sono assoluti padroni di se stessi,
      mentre altri solo ne amministrano le fortune.
      Il fiore estivo è dolce per l'estate,
      anche se solo per sé egli vive e muore;
      ma se quel fiore incontra la corruzione,
      diventerà più abbietto della più vile erbaccia.
      Cose dolcissime diventano agre nella loro azione,
      gigli marci ammorbano peggio della malerba.

      Elimina
  12. SONNET XXIII - WILLIAM SHAKESPEARE

    As an unperfect actor on the stage
    Who with his fear is put besides his part,
    Or some fierce thing replete with too much rage,
    Whose strength's abundance weakens his own heart.
    So I, for fear of trust, forget to say
    The perfect ceremony of love's rite,
    And in mine own love's strength seem to decay,
    O'ercharged with burden of mine own love's might.
    O, let my books be then the eloquence
    And dumb presagers of my speaking breast,
    Who plead for love and look for recompense
    More than that tongue that more hath more express'd.
    O, learn to read what silent love hath writ:
    To hear with eyes belongs to love's fine wit.

    SONETTO XXIII

    Come un pessimo attore in scena
    colto da paura dimentica il suo ruolo,
    oppur come una furia stracarica di rabbia
    strema il proprio cuore per impeto eccessivo,
    anch'io, sentendomi insicuro, non trovo le parole
    per la giusta apoteosi del ritual d'amore,
    e nel colmo del mio amor mi par mancare
    schiacciato sotto il peso della sua potenza.
    Sian dunque i versi miei, unica eloquenza
    e muti messaggeri della voce del mio cuore,
    a supplicare amore e attender ricompensa
    ben più di quella lingua che più e più parlò.
    Ti prego, impara a leggere il silenzio del mio cuore
    è intelletto sottil d'amore intendere con gli occhi.

    RispondiElimina
  13. SONNET LXXXIV

    "Who is it that says most, which can say more,
    Than this rich praise, that you alone, are you,
    In whose confine immured is the store
    Which should example where your equal grew?
    Lean penury within that pen doth dwell
    That to his subject lends not some small glory;
    But he that writes of you, if he can tell
    That you are you, so dignifies his story.
    Let him but copy what in you is writ,
    Not making worse what nature made so clear,
    And such a counterpart shall fame his wit,
    Making his style admired every where.
    You to your beauteous blessings add a curse,
    Being fond on praise, which makes your praises worse."

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sonetto 84 - traduzione:

      Chi può dir meglio, qual lode più alta
      dirà di questa: "Tu solo sei tu",
      dov'è murata la scorta vitale
      che un esemplare uguale a te produca?
      Ben è penuria grave in quella penna
      che neanche un po' di brillio dà al soggetto,
      ma chi scrive di te enunci appena
      che tu sei tu, e fa degno il suo detto.
      Quel che è inscritto in te copii e non sfiguri
      quanto sì chiaro natura ha foggiato:
      con un tal duplicato avrà d'acume
      pregio, di fama universale.
      Sei tu che a tante grazie un male assommi:
      lode ami, e sfiguri le tue lodi.

      Elimina
  14. Sonnet CXXVII

    "In the old age black was not counted fair,
    Or if it were, it bore not beauty's name;
    But now is black beauty's successive heir,
    And beauty slandered with a bastard shame:
    For since each hand hath put on Nature's power,
    Fairing the foul with Art's false borrowed face,
    Sweet beauty hath no name, no holy bower,
    But is profaned, if not lives in disgrace.
    Therefore my mistress' eyes are raven black,
    Her eyes so suited, and they mourners seem
    At such who, not born fair, no beauty lack,
    Sland'ring creation with a false esteem:
    Yet so they mourn becoming of their woe,
    That every tongue says beauty should look so."

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto 127 - traduzione:

      Un tempo non aveva grazia il nero
      o di bellezza il nome non portava,
      ma ora è il nero di beltà l'erede
      verace, e onta bastarda la infama:
      poiché il poter di natura ogni mano
      s'arroga e facce d'arte impresta al brutto
      non ha beltà più nome né santuario
      ma è profanata, o in disgrazia si chiude.
      E gli occhi della mia donna, d'un nero
      corvo che assai le dona, in lutto paiono
      per chi malchiara nacque, e bionda e bella
      or la creazione in false stime oltraggia.
      E in lutto dolci abbuian sì, che dicono
      tutti: "Così beltà sempre apparisse".

      Elimina
  15. SONNET 116
    Let me not to the marriage of true minds
    Admit impediments. Love is not love
    Which alters when it alteration finds,
    Or bends with the remover to remove:
    O, no! it is an ever-fixed mark,
    That looks on tempests and is never shaken;
    It is the star to every wandering bark,
    Whose worth's unknown, although his height be taken.
    Love's not Time's fool, though rosy lips and cheeks
    Within his bending sickle's compass come;
    Love alters not with his brief hours and weeks,
    But bears it out even to the edge of doom.
    If this be error and upon me proved,
    I never writ, nor no man ever loved.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto 116 - traduzione:

      Alle nozze sincere di due anime
      impedimenti non so. Non è amore
      l'amor che muta se in mutare imbatte
      o, rimovendosi altri, si rimuove,
      oh no: è faro che per sempre è fisso
      e guarda alle bufere e non dà crollo,
      amore, è stella ai vaganti navigli,
      nota in altezza, nel valore ignota.
      Non è zimbello al tempo, s'anche a teneri
      labbri s'incurva quella falce e chiude,
      non tramuta con l'ore e i giorni brevi
      ma inoltra sino all'estrema sventura.
      Se errore è questo, e su di me provato,
      io mai non scrissi, e mai nessuno ha amato.

      Elimina
  16. Sonnet XCIV by William Shakespeare

    They that have power to hurt, and will do none,
    That do not do the thing they most do show,
    Who, moving others, are themselves as stone,
    Unmoved, cold, and to temptation slow;
    They rightly do inherit heaven's graces,
    And husband nature's riches from expense;
    They are the lords and owners of their faces,
    Others, but stewards of their excellence.
    The summer's flower is to the summer sweet,
    Though to itself, it only live and die,
    But if that flower with base infection meet,
    The basest weed outbraves his dignity:
    For sweetest things turn sourest by their deeds;
    Lilies that fester, smell far worse than weeds.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 94 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Quelli che han potere di ferire e non lo fanno,
      che non usano la forza in loro manifesta,
      che commuovendo gli altri, restan come pietra,
      apatici, freddi e sordi a tentazione:
      godono davvero ogni favor del cielo
      e proteggono da spreco i beni del creato;
      questi son signori e padroni del loro volto,
      gli altri non son che servi delle loro doti.
      Dona fragranza all'estate lo sbocciar d'un fiore
      anche se vive e muore soltanto per se stesso,
      ma se quel fior s'infradicia d'infimo contagio,
      la più vile erbaccia fiore parrà al confronto:
      più una cosa è dolce, più agra divien se infetta,
      imputriditi i gigli puzzano ben più di erbacce.

      Elimina
  17. Sonnet CXLIII
    Lo, as a careful housewife runs to catch
    One of her feathered creatures broke away,
    Sets down her babe, and makes all swift dispatch
    In pursuit of the thing she would have stay;
    Whilst her neglected child holds her in chase,
    Cries to catch her whose busy care is bent
    To follow that which flies before her face,
    Not prizing her poor infant's discontent;
    So runn'st thou after that which flies from thee,
    Whilst I thy babe chase thee afar behind;
    But if thou catch thy hope, turn back to me,
    And play the mother's part, kiss me, be kind;
    So will I pray that thou mayst have thy 'Will,'
    If thou turn back and my loud crying still.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 143 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Ascolta: qual attenta massaia per acchiappar
      una delle pennute bestiole che le sfugge,
      posa il suo piccolo e rapida si getta
      all'inseguimento di cosa che fermar vorrebbe;
      mentre il bambino trascurato che la insegue
      piange per arrivare a lei che è sol protesa
      a rincorrere chi le scappa innanzi al viso,
      ignorando l'affanno del suo povero fanciullo:
      così tu rincorri quanto da te fugge,
      mentre io tuo bimbo ti inseguo da lontano;
      ma se raggiungi quel che speri, torna ancor da me
      e fammi un po' da mamma, baciami, sii buona.
      Io pregherò che tu possa avere quel che vuoi
      se a me ritorni e calmerai il mio pianto.

      Elimina
  18. Sonnet CL
    O! from what power hast thou this powerful might,
    With insufficiency my heart to sway?
    To make me give the lie to my true sight,
    And swear that brightness doth not grace the day?
    Whence hast thou this becoming of things ill,
    That in the very refuse of thy deeds
    There is such strength and warrantise of skill,
    That, in my mind, thy worst all best exceeds?
    Who taught thee how to make me love thee more,
    The more I hear and see just cause of hate?
    O! though I love what others do abhor,
    With others thou shouldst not abhor my state:
    If thy unworthiness raised love in me,
    More worthy I to be beloved of thee.
    *
    Sonnet 150
    Oh from what powre haſt thou this powrefull might,
    VVith inſufficiency my heart to ſway,
    To make me giue the lie to my true ſight,
    And ſwere that brightneſſe doth not grace the day?
    Whence haſt thou this becomming of things il,
    That in the very refuſe of thy deeds,
    There is ſuch ſtrength and warrantiſe of skill,
    That in my minde thy worſt all beſt exceeds?
    Who taught thee how to make me loue thee more,
    The more I heare and ſee iuſt cauſe of hate,
    Oh though I loue what others do abhor,
    VVith others thou ſhouldſt not abhor my ſtate,
    If thy vnworthineſſe raiſd loue in me,
    More worthy I to be belou’d of thee.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto 150 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Per quale potere hai questa formidabile potere
      che il cuore mi piega ai tuoi difetti,
      e mi induce a negare l'evidenza
      giurando che la luce non consola il giorno?
      Da dove nasce una tale cattiveria,
      che nei tuoi gesti anche l'abiezione
      ha questa forza e sottigliezza infida
      e il tuo peggio a me sembra perfezione?
      Chi ti ha insegnato a farti amare di più da me
      quando avrei più motivi per odiarti?
      Oh, se pur amo ciò che gli altri detestano
      di me con gli altri non ti devi vantare.
      Se la tua indegnità risvegliò amore in me,
      io sono ancor più degno di essere amato da te.

      Elimina
  19. Sonnet LX - WILLIAM SHAKESPEARE

    Like as the waves make towards the pebbled shore,
    So do our minutes hasten to their end;
    Each changing place with that which goes before,
    In sequent toil all forwards do contend.
    Nativity, once in the main of light,
    Crawls to maturity, wherewith being crown'd,
    Crooked eclipses 'gainst his glory fight,
    And Time that gave doth now his gift confound.
    Time doth transfix the flourish set on youth
    And delves the parallels in beauty's brow,
    Feeds on the rarities of nature's truth,
    And nothing stands but for his scythe to mow:
    And yet to times in hope, my verse shall stand
    Praising thy worth, despite his cruel hand.
    *
    Sonnet 60
    LIke as the waues make towards the pibled ſhore,
    So do our minuites haſten to their end,
    Each changing place with that which goes before,
    In ſequent toile all forwards do contend.
    Natiuity once in the maine of light,
    Crawles to maturity, wherewith being crown’d,
    Crooked eclipſes gainſt his glory fight,
    And time that gaue, doth now his gift confound.
    Time doth tranſfixe the floriſh ſet on youth,
    And delues the paralels in beauties brow,
    Feedes on the rarities of natures truth,
    And nothing ſtands but for his ſieth to mow.
    And yet to times in hope, my verſe ſhall ſtand
    Praiſing thy worth, diſpight his cruell hand.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 60 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Come le onde si susseguono verso la pietrosa riva,
      così i nostri minuti si affrettano alla lor fine,
      ciascuno spingendo via quello che ha dinnanzi,
      tutti con incessante affanno lottano in avanti.
      Quando una nuova vita, affacciatasi alla luce,
      con gran fatica è giunta alla sua maturità,
      insidiosi influssi le contrastan tale gloria,
      e il tempo ora distrugge il dono che le diede.
      Il tempo travolge il fiore della gioventù
      e scava fonde rughe in fronte alla bellezza,
      si pasce delle più rare dolcezze del creato,
      e nulla è risparmiato al mieter della sua falce:
      ma i miei versi resisteranno alla futura età
      per dire il tuo valore contro il suo crudel potere.

      Elimina
  20. Sonnet 8 - William Shakespeare

    Music to hear, why hear'st thou music sadly?
    Sweets with sweets war not, joy delights in joy:
    Why lov'st thou that which thou receiv'st not gladly,
    Or else receiv'st with pleasure thine annoy?
    If the true concord of well-tuned sounds,
    By unions married do offend thine ear,
    They do but sweetly chide thee, who confounds
    In singleness the parts that thou shouldst bear:
    Mark how one string sweet husband to another,
    Strikes each in each by mutual ordering;
    Resembling sire, and child, and happy mother,
    Who all in one, one pleasing note do sing:
    Whose speechless song being many, seeming one,
    Sings this to thee, 'Thou single wilt prove none'.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. VIII Sonetto - William Shakespeare

      Tu che sei pura musica perché ti ascolti con tristezza?
      La dolcezza non fa mai guerra alla dolcezza,
      La gioia si nutre di gioia:
      Perché sembri amare ciò che non gradisci
      E spesso accogli con piacere la tua noia?
      Se gli armoniosi suoni di note intonate,
      In perfetto assieme ti offendono l’orecchio,
      Questo denuncia in te una mente confusa,
      Nella pochezza delle parti, incapace di goder l’insieme.
      Guarda invece come ogni corda, unitamente a un’altra
      Vibra su ognuna in ordine amoroso,
      Sembrano quasi padre, figlio e felice madre,
      Che tutti insieme un solo suono cantano:
      Ebbene queste mute voci riunite in un solo coro
      In armonia dicono: da solo tu non sarai nessuno.

      Elimina
  21. Sonnet CXXXV
    Whoever hath her wish, thou hast thy Will,
    And Will to boot, and Will in over-plus;
    More than enough am I that vexed thee still,
    To thy sweet will making addition thus.
    Wilt thou, whose will is large and spacious,
    Not once vouchsafe to hide my will in thine?
    Shall will in others seem right gracious,
    And in my will no fair acceptance shine?
    The sea, all water, yet receives rain still,
    And in abundance addeth to his store;
    So thou, being rich in Will, add to thy Will
    One will of mine, to make thy large will more.
    Let no unkind, no fair beseechers kill;
    Think all but one, and me in that one Will.
    *
    Sonnet 135
    Who euer hath her wiſh, thou haſt thy Will,
    And Will too boote, and Will in ouer-plus,
    More then enough am I that vexe thee ſtill,
    To thy ſweet will making addition thus.
    Wilt thou whoſe will is large and ſpatious,
    Not once vouchſafe to hide my will in thine,
    Shall will in others ſeeme right gracious,
    And in my will no faire acceptance ſhine:
    The ſea all water, yet receiues raine ſtill,
    And in aboundance addeth to his ſtore,
    So thou beeing rich in Will adde to thy Will,
    One will of mine to make thy large Will more.
    Let no vnkinde, no faire beſeechers kill,
    Thinke all but one, and me in that one Will.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 135 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Ogni donna ha quel che vuole, tu hai il tuo Will
      e un Will ancora e un Will anche di troppo:
      sono io che t'assillo sempre, forse oltre misura
      per aggiungermi così ai tuoi amorosi sensi.
      Non vorrai tu, il cui ardore è sì acceso e grande
      conceder che una volta il mio will nel tuo si annulli?
      Dovranno le brame altrui sembrar assai gradite
      e solo il mio desìo non brillar del tuo consenso?
      Il mare colmo d'acqua riceve ancora piogge
      e nell'abbondanza accresce le sue risorse:
      così tu, ricca di will, aggiungi alle tue voglie
      un desiderio mio per render più grande il tuo!
      Un no senza bontà non uccida i tuoi aspiranti:
      pensaci tutti in uno e che l'unico Will sia io.

      Elimina
  22. Sonnet XXIX

    When in disgrace with fortune and men's eyes
    I all alone beweep my outcast state,
    And trouble deaf heaven with my bootless cries,
    And look upon myself, and curse my fate,
    Wishing me like to one more rich in hope,
    Featured like him, like him with friends possessed,
    Desiring this man's art, and that man's scope,
    With what I most enjoy contented least;
    Yet in these thoughts my self almost despising,
    Haply I think on thee, and then my state,
    Like to the lark at break of day arising
    From sullen earth, sings hymns at heaven's gate;
    For thy sweet love remembered such wealth brings
    That then I scorn to change my state with kings.
    *
    Sonnet 29

    When in diſgrace with Fortune and mens eyes,
    I all alone beweepe my out-caſt ſtate,
    And trouble deafe heauen with my bootleſſe cries,
    And looke vpon my ſelfe and curſe my fate.
    Wiſhing me like to one more rich in hope,
    Featur’d like him, like him with friends poſſeſt,
    Deſiring this mans art, and that mans skope,
    With what I moſt inioy contented leaſt,
    Yet in theſe thoughts my ſelfe almoſt deſpiſing,
    Haplye I thinke on thee, and then my ſtate,
    (Like to the Larke at breake of daye ariſing)
    From ſullen earth ſings himns at Heauens gate,
    For thy ſweet loue remembred ſuch welth brings,
    That then I skorne to change my ſtate with Kings.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 29 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Quando inviso alla fortuna e agli uomini,
      in solitudine piango il mio reietto stato
      ed ossessiono il sordo cielo con futili lamenti
      e valuto me stesso e maledico il mio destino:
      volendo esser simile a chi è più ricco di speranze,
      simile a lui nel tratto, come lui con molti amici
      e bramo l'arte di questo e l'abilità di quello,
      per nulla soddisfatto di quanto mi è più caro:
      se quasi detestandomi in queste congetture
      mi accade di pensarti, ecco che il mio spirito,
      quale allodola che s'alzi al rompere del giorno
      dalla cupa terra, eleva canti alle porte del cielo;
      quel ricordo del tuo dolce amor tanto m'appaga
      ch'io più non muto l'aver mio con alcun regno.

      Elimina
  23. Sonnet XXVI
    Lord of my love, to whom in vassalage
    Thy merit hath my duty strongly knit,
    To thee I send this written embassage,
    To witness duty, not to show my wit:
    Duty so great, which wit so poor as mine
    May make seem bare, in wanting words to show it,
    But that I hope some good conceit of thine
    In thy soul's thought, all naked, will bestow it:
    Till whatsoever star that guides my moving,
    Points on me graciously with fair aspect,
    And puts apparel on my tottered loving,
    To show me worthy of thy sweet respect:
    Then may I dare to boast how I do love thee;
    Till then, not show my head where thou mayst prove me.
    *
    Sonnet 26
    Lord of my loue, to whome in vaſſalage
    Thy merrit hath my dutie ſtrongly knit;
    To thee I ſend this written ambaſſage
    To witneſſe duty, not to ſhew my wit.
    Duty ſo great, which wit ſo poore as mine
    May make ſeeme bare, in wanting words to ſhew it;
    But that I hope ſome good conceipt of thine
    In thy ſoules thought (all naked) will beſtow it:
    Till whatſoeuer ſtar that guides my mouing,
    Points on me gratiouſly with faire aſpect,
    And puts apparrell on my tottered louing,
    To ſhow me worthy of their ſweet reſpect, thy?
    Then may I dare to boaſt how I doe loue thee,
    Till then, not ſhow my head where thou maiſt proue me

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto 26 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Signore del mio amore il cui merito ha legato
      in assoluta schiavitù la mia grande devozione,
      a te indirizzo questo messaggio scritto
      qual segno mio devoto, non per esibir l'ingegno:
      devozion sì grande che ingegno tanto povero
      può far parere scarsa, senza parole per esprimerla,
      ma io spero tanto che un lume tuo benevolo
      l'accompagni anche spoglia nel fondo del tuo cuore
      finché quell'ignota stella che guida la mia vita
      brilli su me propizia con benigno influsso
      e dia vera veste al mio disadorno amore
      mostrando che son degno della tua attenzione:
      forse allora oserò vantare il bene che ti voglio,
      sino allora io non sarò ove tu possa chieder prova.

      Elimina
  24. Sonnet 9 - WILLIAM SHAKESPEARE
    Is it for fear to wet a widow's eye,
    That thou consum'st thy self in single life?
    Ah, if thou issueless shalt hap to die,
    The world will wail thee like a makeless wife,
    The world will be thy widow and still weep,
    That thou no form of thee hast left behind,
    When every private widow well may keep,
    By children's eyes, her husband's shape in mind:
    Look what an unthrift in the world doth spend
    Shifts but his place, for still the world enjoys it;
    But beauty's waste hath in the world an end,
    And kept unused the user so destroys it:
    No love toward others in that bosom sits
    That on himself such murd'rous shame commits.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 9 - WILLIAM SHAKESPEARE

      È per paura di inumidire gli occhi di una vedova
      che disperdi il tuo io in continuo celibato?
      Ah, se ti accadrà di morire senza prole
      il mondo ti piangerà qual moglie senza sposo;
      sarà il mondo la tua vedova e sempre lamenterà
      che tu non abbia lasciato alcun modello tuo,
      mentre ogni altra vedova può sempre rivedere
      negli occhi dei suoi figli le sembianze del marito.
      Bada, ciò che un prodigo sperpera nel mondo
      cambia sol di posto, perché il mondo ancor lo gode;
      ma lo spreco della bellezza ha fine sulla terra
      e tenendola inusata, chi la possiede la distrugge.
      Non v'è amore verso gli altri nel cuore di colui
      che commette su se stesso un delitto così infame.


      Elimina
  25. Sonnet III - WILLIAM SHAKESPEARE

    Look in thy glass and tell the face thou viewest
    Now is the time that face should form another;
    Whose fresh repair if now thou not renewest,
    Thou dost beguile the world, unbless some mother.
    For where is she so fair whose uneared womb
    Disdains the tillage of thy husbandry?
    Or who is he so fond will be the tomb
    Of his self-love, to stop posterity?
    Thou art thy mother's glass and she in thee
    Calls back the lovely April of her prime;
    So thou through windows of thine age shalt see,
    Despite of wrinkles, this thy golden time.
    But if thou live, remembered not to be,
    Die single and thine image dies with thee.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO 3 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Guardati allo specchio e di' al volto che vedi
      che è ormai tempo per quel viso di crearne un altro,
      se non rinnovi ora la sua giovane freschezza
      inganni il mondo e rinneghi la gioia d'ogni madre.
      Vi è forse donna tanto pura il cui illibato grembo
      disdegni il seme della tua virilità?
      O forse uomo tanto folle da voler essere la tomba
      del suo proprio amore per non aver progenie?
      Tu sei lo specchio di tua madre e come lei in te
      ricorda il leggiadro Aprile della sua primavera,
      così dai vetri del tuo crepuscolo tu rivedrai
      a dispetto delle rughe, questo tuo tempo d'oro.
      Ma se invece vuoi vivere senza esser ricordato,
      muori celibe e la tua immagine morirà con te.

      Elimina
  26. Sonnet 11 - William Shakespeare

    As fast as thou shalt wane so fast thou grow'st,
    In one of thine, from that which thou departest,
    And that fresh blood which youngly thou bestow'st,
    Thou mayst call thine, when thou from youth convertest,
    Herein lives wisdom, beauty, and increase,
    Without this folly, age, and cold decay,
    If all were minded so, the times should cease,
    And threescore year would make the world away:
    Let those whom nature hath not made for store,
    Harsh, featureless, and rude, barrenly perish:
    Look whom she best endowed, she gave thee more;
    Which bounteous gift thou shouldst in bounty cherish:
    She carved thee for her seal, and meant thereby,
    Thou shouldst print more, not let that copy die.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto XI

      Quel che invecchiando devi lasciar nel tempo
      nel tempo ricrescerà in uno dei tuoi figli,
      e quel fresco sangue che in gioventù dispensi
      potrai chiamarlo tuo quando sarai in declino.
      In questo vi è saggezza, bellezza, evoluzione
      altrimenti vi è follia, vecchiaia e decadenza:
      se ognun così pensasse, il tempo s'arresterebbe
      e in sessant'anni il mondo vedrebbe la sua fine.
      Lascia chi non fu eletto da natura a procreare,
      sgraziato, deforme e rozzo, perire senza prole:
      se anche dotò qualcuno, a te diede il suo meglio
      e moltiplicar dovresti quel dono generoso:
      ti creò per suo sigillo e con questo essa intese
      che ne imprimessi altri, non di perderne il modello.

      Elimina
  27. Sonnet XII
    When I do count the clock that tells the time,
    And see the brave day sunk in hideous night;
    When I behold the violet past prime,
    And sable curls, all silvered o'er with white;
    When lofty trees I see barren of leaves,
    Which erst from heat did canopy the herd,
    And summer's green all girded up in sheaves,
    Borne on the bier with white and bristly beard,
    Then of thy beauty do I question make,
    That thou among the wastes of time must go,
    Since sweets and beauties do themselves forsake
    And die as fast as they see others grow;
    And nothing 'gainst Time's scythe can make defence
    Save breed, to brave him when he takes thee hence.
    Sonnet 12
    When I doe count the clock that tels the time,
    And ſee the braue day ſunck in hidious night,
    When I behold the violet paſt prime,
    And ſable curls or ſiluer’d ore with white:
    When lofty trees I ſee barren of leaues,
    Which erſt from heat did canopie the herd
    And Sommers greene all girded vp in ſheaues
    Borne on the beare with white and briſtly beard:
    Then of thy beauty do I queſtion make
    That thou among the waſtes of time muſt goe,
    Since ſweets and beauties do them-ſelues forſake,
    And die as faſt as they ſee others grow,
    And nothing gainſt Times ſieth can make defence
    Saue breed to braue him, when he takes thee hence.

    RispondiElimina
  28. Sonnet XXII - William Shakespeare

    My glass shall not persuade me I am old,
    So long as youth and thou are of one date;
    But when in thee time's furrows I behold,
    Then look I death my days should expiate.
    For all that beauty that doth cover thee,
    Is but the seemly raiment of my heart,
    Which in thy breast doth live, as thine in me:
    How can I then be elder than thou art?
    O! therefore, love, be of thyself so wary
    As I, not for myself, but for thee will;
    Bearing thy heart, which I will keep so chary
    As tender nurse her babe from faring ill.
    Presume not on thy heart when mine is slain,
    Thou gav'st me thine not to give back again.
    Sonnet 22
    My glaſſe ſhall not perſwade me I am ould,
    So long as youth and thou are of one date,
    But when in thee times forrwes I behould,
    Then look I death my daies ſhould expiate.
    For all that beauty that doth couer thee,
    Is but the ſeemely rayment of my heart,
    Which in thy breſt doth liue, as thine in me,
    How can I then be elder than thou art?
    O therefore loue be of thy ſelfe ſo wary,
    As I not for my ſelfe, but for thee will,
    Bearing thy heart which I will keepe ſo chary
    As tender nurſe her babe from faring ill,
    Preſume not on thy heart when mine is ſlaine,
    Thou gau’ſt me thine not to giue backe againe.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto 22

      Lo specchio non mi convincerà che sono vecchio,
      finché tu e giovinezza avrete la stessa età;
      ma quando in te io scorgerò i solchi del tempo
      attenderò che morte dia pace ai giorni miei.
      Poiché tutta la bellezza che ti inonda
      altro non è che degna veste del mio cuore
      che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
      come potrei dunque esser io più vecchio?
      Perciò, amore, abbi cura di te stesso
      così come io farò, non per me, ma per te
      custodendo il tuo cuore che terrò così prezioso
      qual tenera nutrice il suo bimbo da mal protegga.
      Non sperare nel tuo cuore quando il mio sarà distrutto:
      tu mi hai donato il tuo non per averlo indietro.

      Elimina
  29. Sonnet XXXII - William Shakespeare

    If thou survive my well-contented day,
    When that churl Death my bones with dust shall cover
    And shalt by fortune once more re-survey
    These poor rude lines of thy deceased lover,
    Compare them with the bett'ring of the time,
    And though they be outstripped by every pen,
    Reserve them for my love, not for their rhyme,
    Exceeded by the height of happier men.
    O! then vouchsafe me but this loving thought:
    'Had my friend's Muse grown with this growing age,
    A dearer birth than this his love had brought,
    To march in ranks of better equipage:
    But since he died and poets better prove,
    Theirs for their style I'll read, his for his love'.
    Sonnet 32
    If thou ſuruiue my well contented daie,
    When that churle death my bones with duſt ſhall couer
    And ſhalt by fortune once more re-ſuruay:
    Theſe poore rude lines of thy deceaſed Louer:
    Compare them with the bett’ring of the time,
    And though they be out-ſtript by euery pen,
    Reſerue them for my loue, not for their rime,
    Exceeded by the hight of happier men.
    Oh then voutſafe me but this louing thought,
    Had my friends Muſe growne with this growing age,
    A dearer birth then this his loue had brought:
    To march in ranckes of better equipage:
    But ſince he died and Poets better proue,
    Theirs for their ſtile ile read, his for his loue.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto 32 - William Shakespeare

      Se vivrai oltre la fine dei miei giorni
      quando sordida morte avrà sepolto le mie ossa
      e ti accadrà di guardare una volta ancora
      queste povere righe del tuo defunto amico,
      paragonale alle migliori di quell'epoca evoluta
      ed anche se saranno superate da altre penne,
      conservale per amor mio, non per il loro verso
      sconfitto dal successo di altri più fortunati.
      Accordami allor soltanto questo buon pensiero:
      "Fosse il mio Poeta vissuto in sì fiorente età,
      il suo amore avrebbe dato frutti ben più preziosi
      tali da tener testa ai più celebri equipaggi:
      ma se egli è morto e i poeti or scrivon meglio
      leggerò loro per lo stile, lui per il suo amore".

      Elimina
  30. Sonnet 14
    Not from the stars do I my judgment pluck,
    And yet methinks I have astronomy,
    But not to tell of good or evil luck,
    Of plagues, of dearths, or seasons' quality;
    Nor can I fortune to brief minutes tell,
    Pointing to each his thunder, rain, and wind,
    Or say with princes if it shall go well,
    By oft predict that I in heaven find;
    But from thine eyes my knowledge I derive,
    And, constant stars, in them I read such art
    As truth and beauty shall together thrive,
    If from thyself to store thou wouldst convert;
    Or else of thee this I prognosticate:
    Thy end is truth’s and beauty’s doom and date.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto 14 - WILLIAM SHAKESPEARE

      Io non traggo i miei giudizi dalle stelle,
      eppur mi sembra di capir l'astrologia,
      ma non per predire buona o cattiva sorte,
      pestilenze, carestie o volver di stagioni;
      né so leggere il destino agli attimi fuggenti
      segnalando a ciascuno tuoni, pioggia e vento
      o a principi svelare se avran buona fortuna,
      grazie ai presagi che raccolgo in cielo.
      È dai tuoi occhi che traggo il mio sapere
      e, astri costanti, mi dettan questo dire:
      virtù e bellezza prospereranno insieme
      se in fecondo vivaio trasformerai il tuo io;
      diversamente tal profezia ti volgo:
      la tua morte sarà fine di ogni virtù e bellezza.

      Elimina
  31. SONNET 19 - WILLIAM SHAKESPEARE

    Devouring Time, blunt thou the lion's paws,
    And make the earth devour her own sweet brood;
    Pluck the keen teeth from the fierce tiger's jaws,
    And burn the long-lived phoenix in her blood;
    Make glad and sorry seasons as thou fleet'st,
    And do whate'er thou wilt, swift-footed Time,
    To the wide world and all her fading sweets;
    But I forbid thee one most heinous crime:
    O, carve not with thy hours my love's fair brow,
    Nor draw no lines there with thine antique pen;
    Him in thy course untainted do allow
    For beauty's pattern to succeeding men.
    Yet, do thy worst, old Time: despite thy wrong,
    My love shall in my verse ever live young.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sonetto XIX - William Shakespeare

      Tempo divoratore, spunta gli artigli al leone
      e costringi la terra a divorar la sua dolce prole,
      strappa le zanne aguzze dalle fauci feroci della tigre
      ed ardi nel suo sangue l'immortale fenice,
      rendi pure nel tuo corso stagioni tristi e liete
      e fa quello che vuoi, Tempo dal veloce passo,
      al mondo intero e ai suoi effimeri piaceri:
      ma il più atroce dei delitti io ti proibisco.
      Non scolpire le tue ore sulla fronte del mio amore,
      non segnarvi linee con la tua grottesca penna;
      durante la tua corsa lascia che resti intatto
      qual modello di bellezza agli uomini futuri.
      Oppur scatenati, vecchio Tempo: contro ogni tuo torto,
      il mio amore nei miei versi vivrà giovane in eterno.

      Elimina
  32. Sonnet 25 - William Shakespeare

    Let those who are in favor with their stars
    Of public honor and proud titles boast,
    Whilst I, whom fortune of such triumph bars,
    Unlooked for joy in that I honor most.
    Great princes' favorites their fair leaves spread
    But as the marigold at the sun’s eye,
    And in themselves their pride lies burièd,
    For at a frown they in their glory die.
    The painful warrior famousèd for worth,
    After a thousand victories once foiled,
    Is from the book of honor razèd quite,
    And all the rest forgot for which he toiled.
    Then happy I that love and am belovèd
    Where I may not remove nor be removèd.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. SONETTO XXV - WILLIAM SHAKESPEARE

      Chi è in favore delle proprie stelle
      si vanti di pubblico onore e superbi titoli,
      mentre io, cui la sorte nega simili trionfi,
      godo insperatamente chi maggiormente apprezzo.
      I favoriti dei potenti schiudono i bei petali
      soltanto come calendule allo splendor del sole,
      è già sepolto in loro il loro proprio orgoglio
      perché alla prima nuvola cade la loro aureola.
      L'eroico combattente, famoso per valore
      se dopo tante vittorie subisce una sconfitta,
      per sempre vien radiato dall'albo dell'onore
      e in più dimenticato ogni successo ardito:
      felice sono io che amo e son riamato
      dove l'amor non cambia né può esser ripudiato.

      Elimina