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domenica 27 gennaio 2013

Il Giardino dei Finzi-Contini - Giorgio Bassani

(1962)

"Ehi, ma sei proprio anche cieco!", fece una voce allegra di ragazza.
Per via dei capelli biondi, di quel biondo particolare striato di ciocche nordiche, da fille aux cheveux de lin, che non apparteneva che a lei, riconobbi subito Micol Finzi-Contini. Si affacciava dal muro di cinta come da un davanzale, sporgendone con tutte le spalle e appoggiandovisi a braccia conserte. Sarà stata a non più di venticinque metri di distanza (sufficientemente vicina, dunque, perché riuscissi a vederle gli occhi, che erano chiari, grandi, forse troppo grandi, allora, nel piccolo viso magro di bimba), e mi osservava di sotto in su.

Inizia così  l'amicizia-amore tra Giorgio, quindicenne ebreo piccolo-borghese, e la tredicenne Micol, (la ragazzina dai capelli di lino di una famosa sonata di Debussy), appartenente ad una ricca e nobile famiglia israelita. Siamo nel 1929, in una Ferrara non ancora raggiunta dalle leggi razziali. 
In quinta ginnasio cominciammo a fare le recensioni di film tratti da romanzi, e a me toccò, per primo,  Il Giardino dei Finzi-Contini. Quando stilai la mia relazione, ero ancora frastornata dalle scene di tennis-amore-deportazione del film, e dal contrasto,  nel libro,  tra la condiscendenza della famiglia signorile e la semplicità della famiglia di Giorgio: entrambe livellate alla fine da qualcosa di terrificante.
Oggi, Giornata della Memoria, ero indecisa se proporre Il diario di Anna Frank, o questo bel romanzo di Bassani. In ogni caso, io mi metto dalla parte delle vittime: quelle di allora e quelle di oggi, e non giustifico i carnefici: quelli di allora, e quelli di oggi.


Lino Capolicchio e Dominique Sanda nel film di De Sica del 1970.


10 commenti:

  1. Girato da Vittorio De Sica nel 1970, questo splendido film fu premiato, tra l'altro, con L'orso d'oro nel 1971 e con l' Oscar come miglior film straniero nel 1972. I protagonisti erano innanzitutto belli: Lino Capolicchio, Helmut Berger, Dominque Sanda e Fabio Testi; il film intenso ed avvincente. Bassani, in contrasto con la produzione, fece togliere il proprio nome dai titoli.

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  2. Argomento sempre attuale, purtroppo. Le vittime di ieri, i carnefici di oggi, nessuna pace, mai. Anch'io, per chissà quale motivo, potrei essere la prossima vittima, e la mia vita cambiare tragicamente da un momento all'altro. Ma ne sono certo: non diventerò mai un carnefice. Mai.

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  3. Nessuno ha mai capito perchè Bassani abbia rinnegato il film: è un capolavoro. Anche gli attori sono stati scelti bene: l'onesto Giorgio, l'ambigua e sensuale Micol, il malaticcio Alberto, il virile Giampi. L'ambientazione è spettacolare, in una magnifica Ferrara, valorizzata da una fotografia che ancora oggi ben figura. Essendo praticamente impossibile vederlo passare in tv, consiglio di procurarvi il dvd e di godervelo, ne vale la pena!

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  4. E' passato tanto tempo, dal libro e dal film. Del libro, letto dopo, ricordo bene il bellissimo prologo, ambientato tra le tombe etrusche di Cerveteri, con la deliziosa e candida bambina che esclama: amo gli Etruschi anche se sono tutti morti! Del film ho un ricordo più intenso, soprattutto di Alberto-Helmut Berger, innamorato di Giampi, che ama Micol, che non ama Giorgio. A quindici anni cosa rimane impresso di questa storia? La distanza abissale tra la gente comune e le famiglie aristocratiche, dapprima il cancello d'entrata, così monumentale e anonimo, che celava la vista del magnifico giardino, escluso ai più fino alle leggi razziali e poi aperto per opportunismo; la villa lussuosissima, stracolma di cose bellissime, libri, oggetti e atmosfere desiderabili; di un modo di vivere così distante dal nostro... e il campo da tennis privato, e i servitori, e l'ostentata opulenza; poi quella che tu chiami condiscendenza (e io non avrei trovato un termine più adatto) dei ricchi sugli amici poveri e che non ha mai fatto scattare alcuna simpatia, ma nemmeno invidia; inoltre, i riti dei nobili, il linguaggio personificato manco fosse una targa della ferrari, le divisine da tennis... e nessuna ombra all'orizzonte, almeno per il momento. Infine, la condotta di Micol, matura per l'amore mentre Giorgio non lo è, e quindi presto sostituito dall'atletico comunista Giampi... Ecco, tutti questi aspetti non me li avevano sicuramente resi simpatici. Ma poi, l'ultima scena, la deportazione: Micol che tiene abbracciata la nonna, e il padre di Giorgio ad aiutarle, come una nuova famiglia, come un cerchio logico che si chiude. Mi emoziona parlane.

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  5. La bellezza delle scene iniziali scivola lentamente nell'orrore della deportazione, passando sulla giovinezza dei protagonisti, con i loro sogni, i loro amori e le loro delusioni. Hai appena accennato alla superiorità di casa Finzi Contini, isolata dal mondo da uno stupendo giardino, da un cancello invalicabile... e questa altezzosità sarebbe rimasta inalterata in eterno, se non fosse intervenuto il divieto, per gli ebrei, di giocare a tennis nei circoli comunali. Ecco il primo elemento di rottura nell'equilibrio sociale. Il secondo elemento arriva con Giampi, conteso tra fratello e sorella, e cocciutamente comunista: fino a quel momento sarebbe stato impensabile un avvicinamento tra due poli cosi distanti, figurarsi poi un menage. Ammetto che il film mi è piaciuto moltissimo, e che mi è impossibile leggere di Micol senza vedere lo sguardo intenso di Dominique Sanda. Ma anche il romanzo è notevole.

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  6. "Povero Giampi. Lui ci credeva nell'onesto futuro lombardo e comunista che gli sorrideva, allora, di là dal buio della guerra imminente: un futuro lontano - ammetteva -, però sicuro, infallibile. Ma che sa il cuore, davvero? Se penso a lui, partito per il fronte russo con il C.S.I.R., nel '41, e non più tornato....."
    E questo piccolo brano lo dedico al mio nonno paterno, partito per la Russia e mai più tornato. Nelle guerre ci sono sempre tanti tipi di vittime: quelle innocenti, quelle consapevoli, e quelle ingenue, come quei ragazzi carichi di sogni e di idee libertarie, quei ragazzi dallo sguardo lungo verso l'orizzonte, pronti a combattere per un ideale, per una bandiera. E come dice Francesco de Gregori: non ancora tornati.

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  7. posso annegarmi nei libri, ma la realtà rimane che gli ebrei di ieri sono i palestinesi di oggi: e la storia può ripetersi, ma non perdonare.

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  8. Beh, io torno al libro in sé. Bellissima l'ambientazione a Ferrara, una delle città più artistiche e ricche mai visitate. Sono tratteggiati molto bene i personaggi: candido Giorgio, e ambigui i fratelli Finzi Contini. Notevole lo spessore di Giampi, omone tutto d'un pezzo, peloso, macho e idealista: prende quello che c'è da prendere, semina scompiglio nella lentezza aristocratica e se ne va a morire in Russia. Un passerotto la madre di Micòl, un uomo come mio padre quello di Giorgio: un bravissimo Romolo Valli nel film di De Sica. Inevitabile la parabola della storia, prima segnali piccoli, sempre più allarmanti. Una storia splendida da leggere, sperando che non debba ripersi mai più.

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  9. Tralascio la parte avuta da me al ginnasio, e cosa mi toccò recensire. Avrei preferito questo libro, e come ti ricorderai, andammo assieme al Medica a vedere il film. Insomma, mi prendeva moltissimo, come pure ancora, quindi mi sono andata a cercare il brano, che, oltre a piacermi di suo, mi ha avviato a Emily DicKinson. Perché la vita è così: se affronti un argomento, questo ti apre porte che ti cambiano i gusti, e la vita.
    Giorgio riceve una lettera da Alberto, e spera, invano di avere notizie di Micol. In compenso, la lettera chiude con la traduzione di questa poesia di Emily Dickinson:

    "Morii per la bellezza, ma ero appena
    composta nella tomba
    che un altro, morto per la verità,
    fu disteso nello spazio accanto.
    Mi chiese sottovoce perché ero morta
    gli risposi “Per la Bellezza”.
    “E io per la Verità, le due cose sono
    una sola. Siamo fratelli” disse.
    Così come parenti che si ritrovano
    di notte parlammo da una stanza all’altra
    finché il muschio raggiunse le labbra
    e coprì i nostri nomi."
    Nella lettera seguiva un poscritto, che diceva testualmente: "Alas, poor Emily. Ecco il genere di compensi su cui è costretto a puntare l'abbietto zitellaggio"
    Continua Giorgio: " Mi piacque la traduzione, ma fu soprattutto il poscritto a colpirmi. A chi dovevo riferirlo? Alla poor Emily, o non, piuttosto, a una Micòl in fase depressiva, di autocommiserazione?"

    Concludo dicendo: bel libro, bellissimo film, e grazie infinite per avermi portato ad Emily!

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  10. A volte su facebook si vede passare anche qualcosa di decente. Per esempio questo brano:

    "Eh si' - pensavo -: stasera, rincasando, il papà mi avrebbe magari picchiato. Però io le sue botte potevo ormai affrontarle tranquillamente. Una materia a ottobre: aveva ragione, Micol, di riderci su. Che cos'era una materia a ottobre a paragone del resto - e tremavo - che laggiù, nel buio, sarebbe potuto succedere tra noi? Forse avrei trovato il coraggio di darle un bacio, a Micol: un bacio sulle labbra. Ma poi? Che cosa sarebbe accaduto, poi? Nei film che avevo visto, e nei romanzi, i baci avevano voglia a essere lunghi e appassionati! In realtà, a confronto del resto, i baci non rappresentavano che un attimo in fondo trascurabile, se dopo che le labbra si erano congiunte, e le bocche quasi compenetrate una dentro l' altra, il filo del racconto non poteva il più delle volte essere ripreso prima del mattino successivo, o addirittura prima che fossero trascorsi vari giorni. Se io e Micol fossimo arrivati a baciarci in quella maniera - e l'oscurità avrebbe certo favorito la cosa -, dopo il bacio il tempo sarebbe continuato a scorrere tranquillo, senza che nessun intervento estraneo e provvidenziale potesse aiutarci a raggiungere la mattina seguente. Che cosa avrei dovuto fare, in tal caso, per riempire i minuti e le ore? Oh, ma questo non era accaduto, fortunatamente. Meno male che mi ero salvato.

    da "Il Giardino dei Finzi-Contini", Giorgio Bassani

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