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lunedì 1 luglio 2013

Tempo di uccidere - Ennio Flaiano


(1947 - Premio Strega)

Perché non capivo quella gente? Erano tristi animali, invecchiati in una terra senza uscita, erano grandi camminatori, grandi conoscitori di scorciatoie, forse saggi, ma antichi e incolti. Nessuno di loro si faceva la barba ascoltando le prime notizie, né le loro colazioni erano rese più eccitanti dai fogli ancora freschi di inchiostro. Potevano vivere conoscendo soltanto cento parole. Da una parte il Bello e il Buono, dall'altra il Brutto e il Cattivo. Avevano dimenticato tutto delle loro epoche splendide e soltanto una fede superstiziosa dava alle loro anime ormai elementari la forza di resistere in un mondo pieno di sorprese. 
Nei miei occhi c'erano duemila anni in più e lei lo sentiva.

Campagna di Etiopia, 1935 e dintorni, drammatico e avvilente flop espansionistico. Il protagonista, non identificato, è un tenente italiano di stanza nella sabbia, lontano dalla propaganda fascista, circondato da apatici e annoiati commilitoni, e altrettanto apatici e indolenti indigeni. Da un banale mal di denti prende il via una serie di imprevedibili e concatenate disavventure, tutte dovute all'incapacità un po' paranoica del tenente di interpretare la mentalità di chiunque, militari, indigeni e animali, fraintendendo minacce, solidarietà, atteggiamenti, semplici sguardi e soprattutto parole. Come dirà alla fine il sottotenente, quale fu la prima drammatica circostanza? E chi lo sa. Comunque sia andata, questo romanzo (l'unico scritto da Flaiano, che preferiva i racconti) non solo è avvincente ed emozionante, ma è pure illuminante e ideologicamente istruttivo sull'idiozia delle guerre.


Ennio Flaiano (Pescara 1910-1972)

12 commenti:

  1. "...Vestita ancora come le donne romane arrivate laggiù, o alle soglie del Sudan, al seguito dei cacciatori di leoni, o dei proconsoli. Peccato, dissi, vivere in epoche così diverse! Lei forse conosceva tutti i segreti che io avevo rifiutato senza nemmeno approfondire, come una misera eredità, per accontentarmi di verità noiose e conclamate. Io cercavo la sapienza nei libri e lei la possedeva negli occhi, che mi guardavano da duemila anni, come la luce delle stelle che tanto impiega per essere da noi percepita" (Ennio Flaiano - Tempo di uccidere).
    Questa è una descrizione di Mariam, la prima di una manciata di personaggi assolutamente indimenticabili. Il legame con la moglie lontana (chiamata Lei, voce della coscienza e del rimorso e meta di salvezza), viene incrinato alla vista di questa ragazza che si lava alla pozza, con indosso solo il turbante a raccogliere i capelli, e che in poche ore diventa la sua ragione di vivere o di morire, di uccidere o soccombere. La totalità dei soldati aveva trovato nell'abbondanza di prostitute un lieto passatempo, e queste ragazze, bellissime e disponibili, venivano trattate "un po' più di animali e un po' meno di donne". Mariam invece è diversa, il suo sguardo impenetrabile e pensieroso si configge nell'anima del tenente: e non si sposterà mai più di lì.

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  2. "Ripresi la strada verso il torrente e il mulo mi seguì, tenendosi lontano. Il sole stava calando, quando arrivai davanti alla capanna di Johannes.
    - Buona sera Johannes - dissi.
    - Buona sera, tenente - rispose.
    - Sono molto stanco - dissi - e mi fermerò un poco -.
    Il vecchio non rispose e seguitò a impastare la farina sulla pietra." (Cit.)

    E questo è il vero protagonista del romanzo, almeno secondo me. Una delle due persone delle quali il tenente ha rispetto.
    Johannes è vecchio, segue una trama sua, inamovibile dal suo destino di seppellitore di cadaveri. La saggezza scolpita nelle rughe, la tristezza insondabile negli occhi. E' il nonno di Elias, un bambino intraprendente già volto al futuro, veloce nei movimenti e furbo assai, per quanto Johannes è volto al passato, dal quale non può allontanarsi finché non sarà tutto sistemato; lento nei movimenti e inattaccabile dai ritmi del tempo.
    Johannes ed Elias rappresentano i due visibili aspetti (passato e futuro) degli indigeni sottomessi. L'aspetto invisibile e comune, quello presente, è la loro libertà e imprendibilità. Potrebbero essere uccisi senza un amen dai soldati, eppure resterebbero sempre gli assoluti dominatori del loro territorio.

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  3. Grande, tesissimo romanzo premiato Strega nel 1947 e quasi involontariamente pubblicato. Attraversato da un'angoscia esistenziale fino a giungere alla completa espoliazione dell'animo del protagonista antieroe, vittima tra le vittime dell'assurdità espansionistica, ci narra le imprese di questo tenentino anonimo e introverso, oh quanto! troppo involuto nelle sue elucubrazioni che sono le stesse nostre, quelle che non confessiamo mai e che ci avvingono spesso, troppo spesso, e quasi sempre immotivatamente. Non se ne esce come si era entrati in questa fantasmagoria allucinante degna di migliori film felliniani, di cui spesso Flaiano è stato soggettista e sceneggiatore. Leggerlo non basta, è necessario pensarlo, questo romanzo: e riviverlo con indosso i panni di tutti quei genitori nonni zii che hanno valorosamente vissuto lo stesso contesto, ma considerando il loro punto di vista come facenti parte della storia, ma di che storia inutile? Giusto, come dici tu: dell'idiozia delle guerre.

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  4. Nel 1989 Giuliano Montaldo gira Tempo di Uccidere, con Nicolas Cage nella parte del tenente e Giancarlo Giannini in quelli del maggiore colluso. Film che merita, anzi esige, di essere dimenticato.

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  5. Considero Tempo di uccidere, Il deserto dei tartari e Il sergente nella neve i tre imprescindibili libri sull'argomento guerra inutile.

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  6. Ho trovato irresistibili le farneticazioni del tenente quando si trova alle strette del destino. La tragedia causata trova una sufficiente espiazione nei tormenti provocati dal suo intrinseco rimorso, come pure l'angosciosa attesa dell'aggravarsi della malattia tanto temuta quanto meritata, circostanza che rappresenta una più che bastevole punizione. Ci si aspetta, assieme a lui, un qualcosa di incommensurabile, annunciato dall'incontro col coccodrillo, o coi gabbiani, o la capanna santa. Ci si chiede cosa ancora può succedergli, o meglio succederci, visto che ormai siamo più che coinvolti, direi immedesimati. Troppo veloce l'epilogo, troppo intensa la risoluzione: da rileggere con calma almeno tre volte, e prorogare di almeno tre giorni l'attacco ad un libro successivo, per lasciare sedimentare quella sensazione colpevole di averla fatta franca, tanto angosciante quanto consolante.

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  7. Trovo molto belli e mai banali i libri che mi proponi, e se oggi mi procuro questo grande romanzo sono certo che farei qui in spiaggia un figurone tra l'insulsaggine generale. Allora mi chiedo perché nessuno si compra un classico anche qui, che come divertimento e soddisfazione varrebbe cento volte l'orrendo bestseller della mia annoiata vicina d'ombrellone (mi pare La biblioteca che non chiude mai) e sorvolando su quel Fabio Volo che legge la ragazzina sull'altro lato. Fortuna che è nuvoloso.

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  8. L'importante è che leggano! I gusti si affinano solo leggendo molto, e magari non solo in vacanza! Confesso che mi piace un sacco guardare la gente che tira fuori un libro dalla borsa. Tento sempre di indovinare...

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    1. Andiamo su, come si fa a pretendere di fare gli intellettuali in vacanza? Per le spiagge vanno bene le cose semplici e poco impegnative, per me è già impegnativo un giallo, visto che mi addormento spesso e mi distraggo continuamente!

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  9. Molti diffidano dei c.d. classici perché a priori li considerano noiosi. Ma non è vero! Le trame sono appassionanti e coerenti, i personaggi ben delineati e le frasi poi finiscono in miriadi di citazioni su facebook, e proprio nei profili di chi quei libri non li ha mai letti... Tuttavia, io continuo a pensare che chiunque abbia la libertà di leggere ciò che gli pare, purché legga... anche se i 'classici' hanno 5 marce mentre gli altri sono a presa diretta.

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  10. La diversa concezione del tempo e della nemesi separa il tenente dal vecchio indigeno, giudice implacabile che lo tiene legato alle conseguenze del suo gesto, costringendolo suo malgrado ad arrendersi. Questo romanzo è altrettanto implacabile col lettore, non gli dà tregua neppure un istante. Mi è piaciuto moltissimo: e non ho simpatizzato per nessuno.

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  11. “Il tempo è indivisibile come un sentimento, pensavo. Che significa un anno, un mese, un’ora, quando la vera misura è in me stesso? Io sono antichissimo e mi reputo immortale, non per vincere il timore della morte, ma perché ne vedo la prova in queste montagne e in questi alberi, negli occhi di questa donna che ritrovano i miei come dopo una lunga assenza”

    «Il prossimo è troppo occupato con i propri delitti per accorgersi dei nostri»

    TEMPO DI UCCIDERE - E.FLAIANO

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