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domenica 12 marzo 2017

Confessioni di un oppiomane - Thomas de Quincey




Confessions of an English Opium-Eater, 1821


"Let there be a cottage.... a real cottage... a white cottage, embowered with flowering shrubs, so chosen as to unfold a succession of flowers upon the walls, and clustering round the windows through all the months of spring, summer, and autumn—beginning, in fact, with May roses, and ending with jasmine. Let it, however, not be spring, nor summer, nor autumn—but winter, in his sternest shape. This is a most important point in the science of happiness. And I am surprised to see people overlook it, and think it matter of congratulation that winter is going; or, if coming, is not likely to be a severe one. On the contrary, I put up a petition annually, for as much snow, hail, frost, or storm, of one kind or other, as the skies can possibly afford us. Surely every body is aware of the divine pleasures which attend a winter fire-side: candles at four o’clock, warm hearth-rugs, tea, a fair tea-maker, shutters closed, curtains flowing in ample draperies on the floor, whilst the wind and rain are raging audibly without... "
(Courtesy: The Queen's English)
Che sia una casetta ... una casetta vera, una casetta bianca, coperta di piante rampicanti, scelte in modo da garantire sui muri fiori in permanenza e da incorniciare le finestre per tutti i mesi di primavera, d'estate e d'autunno - si comincia con le rose di maggio e si finisce coi gelsomini. Ma mettiamo che non sia né primavera, né estate, né autunno: che sia inverno, nel suo aspetto più rigido. Questo è un punto molto importante della scienza della felicità. E mi stupisco che la gente non se ne accorga, e pensi che ci sia da rallegrarsi quando l'inverno se ne va o quando al suo arrivo si presenta poco rigido.. Al contrario, io rivolgo una petizione annuale per la maggior quantità di neve, grandine, gelo o tempeste di qualunque tipo il cielo possa concedere. Certamente, tutti conoscono le divine gioie di un focolare d'inverno: candele accese alle quattro del pomeriggio, tappeti caldi vicino al fuoco, il tè, ed una bella persona che lo prepari, le persiane chiuse, le tende che scendono in ampi drappeggi fino al pavimento, mentre il vento e la pioggia infuriano rumorosamente là fuori...

Emozionante autobiografia di questo autore inglese del 1800, il cui titolo viene spesso tradotto alla lettera ("Le Confessioni di un mangiatore di oppio"), senza naturalmente cambiarne la sostanza. Davvero sconcertante la sincerità con cui l'autore descrive gli stati d'animo che nel tempo lo portano alla convulsa dipendenza da laudano e oppio! Ho voluto riportare un brano, splendido, in cui De Quincey sembra finalmente approdare alla nostalgia di una antica e mai dimenticata serenità: forse il primo fragile e appena abbozzato segno di cambiamento.



Thomas de Quincey
Manchester (UK) 1785 - Edinburgh (Scotland) 1859

11 commenti:

  1. Due mesi fa, sala d'attesa dal medico. Me ne sto seduta tranquilla a leggere questo libro, a fianco di una signora. Appoggio un attimo il libro per prendere la matita dalla borsa. La signora legge il titolo, alza le sopracciglia, mi guarda e si alza, fingendo che sia il suo turno, e poi sbuffa e si fa vento. Adoro queste reazioni!

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  2. Controverse critiche a quest'opera coraggiosa per i tempi ne denunciano la natura sia datata che attuale. All'epoca della sua pubblicazione, ne fu decretato un successo immediato, e destinato ad ispirare parecchi autori successivi: in primis Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire. Il successo fu comunque arginato dalle critiche, e ovviamente giudicato scandaloso e sconveniente: la tipica pruderie del "lo-faccio-in-privato-ma-lo-nego-in-pubblico". Oggi, questo romanzo viene letto spesso con noia; altre volte, invece e per fortuna, con tutto l'interesse che merita. Noticina a parte, quelli di duecento anni fa sono considerati puristi: i veri, unici, inimitabili oppiomani.

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  3. Non lo conosco ma non mi ispira, perche' mai leggere un trattato a favore dell'uso degli stupefacenti? Inoltre il suo atteggiamento nei confronti di quella brava signora fa tanto spocchioso mia cara

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    1. Pescato dagli spam. Grazie, ogni opinione deve essere rispettata. Le ricordo solo, se ne avesse bisogno, che questo "trattato" risale al 1821, che è un classico, che Samuel Taylor Coleridge... ma che sto a scrivere. Abbia misericordia, forse le torna preferibile Fabio Volo, o Povia, o gli Harmony! Buona lettura, nessuno la obbliga a comprare, o peggio leggere, certi libri.

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    2. Scusate se mi intrometto nella "polemica". L'anonimo farebbe bene a sfogarsi sui social network, dove abbonda la voglia di commentare da "esperti" qualunque argomento. Passando ad argomenti piu' seri, Quando ho letto il libro mi era piaciuto trovare le frequentissime e curiose citazioni: quelle che invogliano ad approfondire. Ho trovato l'argomento molto interessante, sincero e coinvolgente, nonostante lo stile arcaico e molto inglese. Un bel libro, una bella storia umana e una ricca introspezione.

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  4. Mi inserisco non tanto per difendere Rosarita, che nulla teme, quanto per fare notare all'anonima (che immagino essere di sesso femminile) quanto riportato nella intro. Di tutto uno scritto, credo sia sintomatico riportare le parole di speranza (forse le uniche) che le dovrebbero fare piacere. Invece, ferocemente dubito che lei 1) abbia mai sentito nominare il testo in questione; 2) abbia letto una parola di quanto esposto 3) abbia qualche discostamento dalle altre signore vittoriane che l'hanno preceduta, ivi compresa la brava signora nella sala d'aspetto. Mia cara, la sua si chiama, bellamente, spocchiosa ignoranza.

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  5. Ragazzi... La letteratura è strapiena di splendidi romanzi (e non) sui demoni! Il demone del gioco, dell'alcool, della droga, della noia, della solitudine, della disperazione, della VIOLENZA! Eppure, io trovo che sia deterrente, esemplare ed estremamente formativo leggerli, soffrire, compatire ed uscirne migliori. Senza dimenticare che, legalmente parlando, molti di questi demoni sono leciti, a volte tollerati, a volte addirittura sfruttati! Ad esempio, l'oppio era ampiamente consentito, liberamente venduto in grani dal farmacista; non solo, era pure di moda; non solo, faceva e fa parte di antichissime culture orientali. Per quanto ne so, è tuttora consentito, quindi: pace, fratelli.

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  6. Riporto un brano, sempre tratto dalle Confessioni di un oppiomane, che secondo me rappresenta bene il pensiero di De Quincey:

    "Così ho mostrato che l'oppio non produce di necessità indolenza o torpore, ma che al contrario spesso mi condusse ai mercati e ai teatri. Tuttavia ammetterò candidamente che mercati e teatri non sono luoghi che l'oppiomane frequenta particolarmente, quando si trova nello stato più divino del suo godimento. In quello stato, la folla diventa una oppressione per lui: perfino la musica diventa troppo sensuale e grossolana. Egli cerca naturalmente la solitudine e il silenzio come condizioni indispensabili di quelle estasi e quelle fantasticherie che sono il coronamento e l'apice degli effetti dell'oppio sulla natura umana."

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  7. Comunque, il racconto di De Quincey, pur non avendo una valenza scientifica, ha sicuramente rappresentato per lungo tempo, anche oltre la sua morte, l'unico autorevole "trattato" sugli effetti delle sostanze stupefacenti, non esistendo alcun altro studio analitico della materia.

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  8. L'indimenticabile poliziotto Abberline, protagonista dei molti film su Jack lo Squartatore, è forse il personaggio dipendente dall'oppio più popolare del grande schermo.

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