Pagine

mercoledì 17 luglio 2013

Poesie - Marina I. Cvetaeva


(Feltrinelli 2011)


DAL CICLO "VERSI PER LA FIGLIA"

Un giorno, meravigliosa creatura,
io per te diventerò un ricordo,

là, nella tua memoria occhi-turchina
sperduto - così lontano - lontano.

Tu dimenticherai il mio profilo col naso a gobba,
e la fronte nell'apoteosi della sigaretta,

e il mio eterno riso, che tutti intriga,
e il centinaio - sulla mano operaia -

di anelli d'argento - la soffitta-cabina,
la divina sedizione delle mie carte...

E come, in un anno tremendo, innalzate dalla sventura,
tu piccola eri e io - giovane.

Novembre 1919

Una vita turbinosa, cessata bruscamente col suicidio nella Repubblica Tartara. Un particolare delle sue infinite vicissitudini mi ha spinto a proporla: a vent'anni aveva sposato Sergej Efron, editore e agente segreto, sempre in giro per il mondo e spesso in disgrazia. Erano assieme a Parigi, quando Efron fuggì dopo aver commesso un omicidio politico. La Cvetaeva fu interrogata in merito dai servizi di sicurezza francesi, ma non fu espulsa dalla Francia, benché straniera e senza status.... Scusate, ma l'associazione al caso Shalabayeva mi pungeva.
Anche la Cvetaeva era invisa all'establishment del suo paese a causa del suo essere avanguardista, rivoluzionaria e futurista; mentre era apprezzatissima negli ambienti letterari e artistici per quel suo modo nuovo di intendere la poesia, con impeto e tempestosa perfezione. Merito della madre: non le insegnò la musica o la poesia, ma a sentirne la necessità.
Costretta per tutta la vita a vagare per l'Europa, dopo la sua morte fu tenuta al bando per altri vent'anni. Oggi è universalmente considerata una delle voci più grandi della poesia russa.


Marina Ivanovna Cvetaeva (Mosca 1892 - Elabuga 1941)



36 commenti:

  1. "Alla mia povera fragilità
    guardi senza sprecar parole.

    Tu sei di pietra, ma io canto.
    Tu sei un monumento, ma io volo.

    Io so che il più tenero maggio
    all'occhio dell'Eternità è nulla.

    Ma io sono un uccello e non incolparmi
    se una facile legge m'è imposta."

    MARINA IVANOVNA CVETAEVA - 16 maggio 1920

    (si pronuncia Marìna Ivànovna Zvietàeva)

    RispondiElimina
  2. Commentando le sue opere è impensabile prescindere dalla sessualità, anzi ipersessualità della Cvetaeva, così orgogliosamente e smaccatamente esibita con una condotta a dir poco scandalosa perfino nella Russia liberista degli anni Venti. I suoi mille amori, etero e omosessuali, passionali e sentimentali, carnali e cerebrali vengono esposti con disinibizione nelle sue opere, mettendo a nudo l'essenza dell'autrice; e questo è un incredibile e importantissima innovazione per la poesia, che finalmente si libera di tanti orpelli schematici.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Condivido in parte... Ritengo che qualunque artista sia inquieto, bizzarro e sempre alla ricerca di nuove sensazioni ed emozioni, aperto a tutte le esperienze sempre pagate care. Non a caso le statistiche si mettono a ribollire quando si tratta di artisti: vite rovinose, malattie croniche insopportabili, e ovviamente suicidi, rappresentati alla grande su questo blog, da Hemingway a Pavese, da Sylvia Plath a Virginia Woolf. Ma hai ragione Giuseppe su una cosa importante: le innovazioni arrivano da queste persone, non certo dagli uomini (e donne) tranquilli.

      Elimina
  3. Non conosco molto questa poetessa a parte i brani che ogni tanto si vedono su facebook, ma mi piacerebbe leggere per intero la poesia dalla quale hai tratto le due righe che hai postato sul tuo profilo, quelle sul sipario della vita. Grazie

    RispondiElimina
  4. Eccola:

    IL SIPARIO - MARINA CVETAEVA

    Con le cascate del sipario, come schiuma -
    conifere-fiamma fragoreggiando.
    Non ha segreti il sipario – per la scena
    (La scena, tu; il sipario, io).

    Con cespugli visti in sogno (nell’alta
    sala – lo smarrimento è dilagato)
    io nascondo l’eroe in lotta col Fato,
    il luogo dell’azione – e – l’ora.

    con arcobaleni di cascate, con la valanga
    dell’alloro (ti eri pur affidato! sapevi!)
    io ti faccio barriera dalla sala
    (io strego – la sala!);

    Segreto del sipario! Come bosco visto in sogno
    di soporifere droghe, di erbe, di grani…
    (dietro la cortina che già trasale
    lo svolgersi della tragedia è come una burrasca!)

    Palchi, in lacrime! Allarme, galleria!
    Fato, adempiti! Eroe, sii!
    Si agita il sipario – come – vela. ”
    Si agita il sipario – come – seno.

    Contro l’ultima seta, oh sottosuolo,
    ti faccio barriera. – Esplosione!
    Sopra la trafitta Fedra
    s’impenna il sipario – come – un grifone.

    Tenete! Strappate! Guardate! Gocciola, vero?
    Provvedete a un tino!
    L’augusta ferita darò fino all’ultima goccia!
    (Lo spettatore è bianco, il sipario è scarlatto.)

    E allora – come un benefico velario,
    giù a terra, come bandiera fragoreggiando.
    Non ha segreti il sipario – per la sala
    (La sala è la vita, il sipario sono io).

    23 Giugno 1923

    RispondiElimina
  5. IO CI SONO - MARINA CVETAEVA

    Io ci sono. Tu - ci sarai. Ci divide un abisso.
    Io che bevo. Tu - che riardi. Come fare a trovarci?
    Dieci anni, anzi no, centomila
    ci separano. I ponti Dio non li fa.

    "Sii! Ora!" è il mio comandamento. O almeno
    va' per la tua strada e lasciami crescere.
    Io ci sono. Tu - ci sarai. Tra dieci inverni
    tu mi dirai: "Ora ci sono!", ma io: "Era tanto tempo fa..."

    6 giugno 1918

    RispondiElimina
  6. Giuseppe, sei stato molto severo a giudicare questa grandissima donna. Non dimenticare che era giovane, e appunto donna, cent'anni fa! Io ammiro la sua schiettezza, e soprattutto il coraggio di vivere (e pensare) così modernamente, in anticipo sui tempi, anche maschili...
    Questa, per ora è la mia prescelta:

    IN MODO INIMITABILE LA VITA SA MENTIRE - (Marina Cvetaeva)

    In modo inimitabile la vita sa mentire:
    al di là di attese e smentite…
    Ma dal tremito di tutte le vene
    lo puoi capire: è viva!
    Come stesi sull'erba: azzurro, afa...
    (Irretiti? che importa?) – cielo, suono...
    Ronzio di cento pungiglioni...
    Rallégrati! Sei stato tu a chiamare!
    Non biasimarmi, amore, se in noi corpi
    l'anima è stregabile a tal punto
    che la fronte, ecco, inclina al sogno.
    Sei stato tu a cantare!
    Nel bianco libro dei tuoi silenzi,
    nell'argilla selvaggia dei tuoi «sì»,
    quieta reclino l’aggetto della fronte:
    giacché il palmo della mano è vita.

    da "Dopo la Russia", 1928 (Traduzione di Serena Vitale)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Неподражаемо лжет жизнь:
      Сверх ожидания, сверх лжи…
      Но по дрожанию всех жил
      Можешь узнать: жизнь!

      Словно во ржи лежишь: звон, синь…
      (Что ж, что во лжи лежишь!) — жар, вал
      Бормот — сквозь жимолость — ста жил…
      Радуйся же!— Звал!

      И не кори меня, друг, столь
      Заворожимы у нас, тел,
      Души — что вот уже: лбом в сон.
      Ибо — зачем пел?

      В белую книгу твоих тишизн,
      В дикую глину твоих «да» —
      Тихо склоняю облом лба:
      Ибо ладонь — жизнь.

      Мари́на Ива́новна Цвета́ева

      8 июля 1922

      da “После России: 1922-1925”, YMCA-Press, 1928

      Elimina
    2. Brava Marilena. Mi hai commosso prendendo le difese di Marina Svetaeva. Io la adoro. Ho letto tutto di lei,i suoi quaderni, le sue lettere, diverse biografie . Di tutte le cose che sono state stampate di Marina ( non dimentichiamo che centinaia di sue poesie sono andate perse per sempre, tra le quali il poema che aveva composto sulla tragedia dell' esecuzione della famiglia dello zar, che solo alcuni amici poterono sentirla recitare, ad ogni modo , cito parole sue per far capire quanto bisogna essere buoni con i poeti, specialmente della sua grandezza,:-Tanti tra quelli che incontro mi dicono che amano le mie poesie, che le sanno a memoria, che le recitano ecc. Ecc.Certo, si. Tutti amano le belle poesie che un poeta compone ma nessuno ama il poeta.Infatti io mi accorgo che nssuno mi ama come creatura, come essere vivente. Bisogna amare il poeta prima delle sue poesie. Se no è solo un accaparrarsi di una parte della sua anima senza dare niente a lui, mentre il poeta ha soprattutto bisogno di amore.
      Marina Svetaeva era una donna generosissima.Quando negli anni della rivoluzione era nella miseria più disperata, divideva il poco pane che aveva con chi ne aveva meno di lei. Si legga dei suoi rapporti con i grandi poeti Konstantin Balmont, anziano, povero, a Parigi sull'orlo della pazzia, e con Maximilian Volosin, e si pensi e ci si immerga nel suo dolore quando la sua bambina più piccola, Irina, le muore di stenti a 2 anni e 7 mesi. E si legga e ci si immedesimi nella tragedia in cui si vide precipitata quando dopo 17 anni di esilio dalla Francia rientrò in Russia per accontentare il figlio adolescente ma soprattutto perché costretta dalla polizia segreta sovietica, e alla stazione di Mosca non trovò ad attenderla la sua amatissima sorella Asia perché ormai da anni era stata arrestata e mandata in gulag. E lei non ne sapeva niente. La figlia Ariadna che era rientrata in Russia 2 anni prima non le aveva detto niente per non addolorarla. Se Marina Svetaeva avesse saputo questo, non sarebbe mai rientrata in Russia e non si sarebbe suicidata. Ma lasciamo perdere i probabili sviluppi che avrebbe potuto avere la sua vita . I poeti comunque vanno amati , proprio loro come persone, ed essere essi grati per i tesori che hanno lasciato.

      Elimina
    3. Ho visto che nella risposta che ti ho inviato sono uscito come Sconosciuto. Non capisco perché. Ciao da pierinopasquotti@gmail.com

      Elimina
  7. Una donna straordinaria, alla perenne ricerca di qualcuno che potesse soddisfare la sua immensa sete d'amore. Affermava: "Io devo essere amata in modo del tutto straordinario per poter amare straordinariamente." Quindi la conseguenza spesso era incontrare uomini non all'altezza. Da qui, la delusione: sentimento ricorrente nei suoi versi. La mia preferita è questa:

    TI HO VERSATO NEL BICCHIERE - MARINA CVETAEVA

    Ti ho versato nel bicchiere
    una manciata di capelli bruciati,
    perché tu non mangi, non canti,
    non beva, non dorma.
    Perché la giovinezza non ti sia gioia,
    perché lo zucchero non ti sia dolce.
    Perché tu non te la intenda nel buio della notte
    con la giovane moglie.
    Come i capelli tuoi d'oro
    sono divenuti cenere grigia,
    così gli anni miei giovani
    diventeranno bianco inverno.
    Perché tu diventi cieco-sordo,
    perché ti dissecchi come il muschio,
    perché ti dilegui come un sospiro.

    3 Novembre 1918

    RispondiElimina
  8. L'amore è sempre amore, ovunque sia riposto. Sono molto legata alla struggente serie di poesie legate all'abbandono, in particolare all'epilogo. Ma scelgo questa, meno dolorosa e colta al culmine di un Amore.

    CIAO, NE' FRECCIA NE' PIETRA - Marina Cvetaeva

    Ciao! Né freccia né pietra:
    io! - La più viva delle donne:
    vita. Tutte le mie carezze -
    al sonno tuo incompiuto.

    Vieni qui! (vale a dire:
    Tienimi! - è questione di senso)
    Afferrami tutta così felice
    e semplice come mi vedi!

    Stringimi! - che oggi lontano navighiamo,
    stringimi! - che sciamo! - con un filo di seta!
    Oggi porto una pelle nuova:
    quella dorata, la settima!

    - Mio! - altro che ricompense
    in cielo, se tra le braccia, sulla bocca
    c'è la Vita: la felicità sfacciata
    di dirti ciao ogni mattina!


    25 giugno 1922

    RispondiElimina
  9. Mi soffermo appena un attimo sull'argomento dissolutezza. E' probabile che gli artisti in senso lato siano più disposti alle trasgressioni, ma è pure verosimile che la dissolutezza sia un fatto di costume diffusissimo tra famosi e anonimi, ma alla fine un dissoluto anonimo rimane un dissoluto, mentre un dissoluto famoso rimane famoso.

    TU MI COPRI IL SOLE IN ALTO NEI CIELI, Marina Cvetaeva

    Tu mi copri il sole in alto nei cieli,
    Tutte le stelle nel cavo della tua mano!
    Ah, se fossero - spalancate le porte! -
    Come vento in te entrerei!

    E balbettare, e avvampare d'ira,
    E bruscamente chinare lo sguardo,
    E, singhiozzando, acquietarsi,
    Come nell'infanzia, quando perdonano.

    RispondiElimina
  10. DA DOVE TUTTA QUESTA TENEREZZA?, Marina Cvetaeva

    Da dove tutta questa tenerezza?
    Non è la prima volta che accarezzo
    Questi riccioli, e ho conosciuto labbra
    Più tenebrose delle tue.

    Le stelle sono sorte e tramontate,
    - Da dove tutta questa tenerezza?
    Due occhi sono sorti e tramontati
    Così vicini ai miei.

    Io ancora non avevo udito mai
    Inni del genere, nella notte buia,
    Mentre ero incoronata - o tenerezza! -
    Proprio sul petto del cantore.

    Da dove tutta questa tenerezza,
    E dimmi cosa dovrei farne, malizioso
    Forestiero, adolescente affabulatore,
    Dalle splendide ciglia tanto lunghe?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un richiamo evidente al frammento di Saffo:

      La luna è tramontata
      e anche le Pleiadi, è mezzanotte
      la giovinezza sta sfumando
      e io giaccio sola.

      δέδυκε μὲν ἀ σελάννα
      καὶ Πλήιαδες˙ μέσσαι δὲ
      νύκτες πάρ δ᾽ ἔρχετ᾽ ὤρα˙
      ἔγω δὲ μόνα κατεύδω.

      Elimina
  11. Quando Marina Cvetaeva scrisse la poesia seguente era legata, passionalmente, alla poetessa Sofija Parnok. Ma l'arrivo di un attraente e giovane poeta, Osip Mandel'stams, manda in crisi il rapporto. Sembra di vederle: Sofija che piange di gelosia e Marina che mente per consolarla, e intanto ha già iniziato una nuova relazione....

    INVAGHIRMI DI LUI?, Marina Cvetaeva

    Invaghirmi di lui? Non m'è successo,
    E, può darsi, nemmeno m'accadrà!
    Vano il vortice, dunque, dei capelli
    Sull'oscuro profilo da straniero,
    E il naso dalle tumide narici,
    E le folte, ricciute sopracciglia,
    E - traditori per consuetudine -
    Quegli occhi da brigante e da calmucca.

    E il passo, rallentato dagli specchi,
    E il sorriso tagliente più che scheggia,
    E quel rapace digrignar di denti
    Alla vista dell'oro o d'una rosa,
    E la coppa più in alto svolazzante,
    E la mano appoggiata sul paranco
    A giocar con l'acciaio, e intanto l'altra
    A farsi benedir sotto il mio scialle.

    Così, - per gioco, in un momento d'ozio -
    Completamente mi tradì il mio verso!
    Ma voi siete una bella pacioccona:
    Come un antico idolo dorato
    Accettate ogni offerta! E tutto ciò
    Che, colomba, io vi tubo, lo prendete -
    Inutilmente - invano - a vuoto e indarno,
    Come tante dichiarazioni e baci!

    RispondiElimina
  12. Così la descrive la figlia Ariadna Efron, nel libro di memorie intitolato "Marina Cvetáeva, mia madre" (ed. Tartaruga)

    "Non era alta di statura: un metro e sessantatré. Aveva spalle larghe, fianchi stretti e vita sottile come un ragazzo egizio. I passi e i movimenti erano leggeri e precisi: li rallentava e conteneva in presenza d' altri. Anche i lineamenti del volto erano netti e precisi. I capelli, castani in gioventù, cominciarono a incanutire presto, rafforzando la luminosità della pelle olivastra. Gli occhi, color verde dell' uva, erano ombreggiati da lunghe ciglia brune. Aveva mani forti. Amava gli oggetti robusti. Sapeva raccontare in modo splendido, con la sua voce giovanile e piena. Spartana nelle abitudini, parca nel cibo, non si sottraeva alla tentazione del fumo: fumava le sigarette papirosy, quando era in Russia. Andava a letto tardi e si svegliava presto. Sullo scrittoio poggiava una tazzina di caffè bollente e ci si metteva, ogni mattina che Dio mandava in terra, come un operaio alla macchina. Alla scrittura, la poesia, era capace di posporre qualunque altra cosa. Non amava i fiori recisi; preferiva le piante selvatiche, e gli alberi.... "

    RispondiElimina
  13. IL TUO NOME - MARINA CVETAEVA

    Il tuo nome è una rondine nella mano,
    il tuo nome è un ghiacciolo sulla lingua.
    Un solo unico movimento delle labbra.
    Il tuo nome sono cinque lettere.
    Una pallina afferrata al volo,
    un sonaglio d'argento nella bocca.

    Un sasso gettato in un quieto stagno
    singhiozza come il tuo nome suona.
    Nel leggero schiocco degli zoccoli notturni
    il tuo nome rumoroso rimbomba.
    E ce lo nomina lo scatto sonoro
    del grilletto contro la tempia.

    Il tuo nome - ah, non si può! -
    il tuo nome è un bacio sugli occhi,
    sul tenero freddo delle palpebre immobili.
    Il tuo nome è un bacio dato alla neve.
    Un sorso di fonte, gelato, turchino.
    Con il tuo nome il sonno è profondo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. da «Versi per Blok »

      Elimina
    2. 1

      Имя твое — птица в руке,
      Имя твое — льдинка на языке,
      Одно единственное движенье губ,
      Имя твое — пять букв.
      Мячик, пойманный на лету,
      Серебряный бубенец во рту,

      Камень, кинутый в тихий пруд,
      Всхлипнет так, как тебя зовут.
      В легком щелканье ночных копыт
      Громкое имя твое гремит.
      И назовет его нам в висок
      Звонко щелкающий курок.

      Имя твое — ах, нельзя! —
      Имя твое — поцелуй в глаза,
      В нежную стужу недвижных век,
      Имя твое — поцелуй в снег.
      Ключевой, ледяной, голубой глоток…
      С именем твоим — сон глубок.

      Мари́на Ива́новна Цвета́ева

      15 апреля 1916

      da “Стихи к Блоку”, Берлин: Огоньки, 1922

      grazie a tittideluca per la versione originale!

      Elimina
  14. OGGI LA NEVE S'E' DISCIOLTA - MARINA CVETAEVA)

    Oggi la neve s'è disciolta, oggi
    sono rimasta a lungo alla finestra.
    L'occhio è tornato alla realtà; più libero,
    rasserenato, nuovamente, il petto.

    Il perché non lo so. Può darsi che
    l'anima sia semplicemente stanca,
    e in ogni modo non ho avuto voglia
    di metter mano a un lapis irrequieto.

    Così sono rimasta — nella nebbia —
    lontana sia dal bene che dal male,
    tamburellando calma con le dita
    sul vetro, che ne tintinnava appena.

    Non dà giudizi di valore, l'anima,
    su ciò che incontra per la prima volta:
    sia una pozzanghera di madreperla,
    dove s’è arrovesciato il firmamento,

    o un uccello che sfreccia su nell'aria,
    o un cane che, semplicemente, corre:
    nemmeno il canto d'una mendicante,
    la prima volta, mi portò alle lacrime.

    L'arte gentile del dimenticare
    l'anima mia l'aveva già imparata.
    Oggi non so che immensa sensazione
    si è disciolta nell'anima.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Подруга

      Сегодня таяло, сегодня
      Я простояла у окна.
      Взгляд отрезвленней, грудь свободней,
      Опять умиротворена.

      Не знаю, почему. Должно быть,
      Устала попросту душа,
      И как-то не хотелось трогать
      Мятежного карандаша.

      Так простояла я — в тумане —
      Далекая добру и злу,
      Тихонько пальцем барабаня
      По чуть звенящему стеклу.

      Душой не лучше и не хуже,
      Чем первый встречный — этот вот, —
      Чем перламутровые лужи,
      Где расплескался небосвод,

      Чем пролетающая птица
      И попросту бегущий пес,
      И даже нищая певица
      Меня не довела до слез.

      Забвенья милое искусство
      Душой усвоено уже.
      Какое-то большое чувство
      Сегодня таяло в душе.

      Мари́на Ива́новна Цвета́ева

      Elimina
  15. "Io voglio invece leggerezza,
    libertà, comprensione
    non trattenere nessuno,
    e che nessuno mi trattenga.
    Tutta la mia vita
    è una storia d’amore con la mia anima,
    con la città in cui vivo,
    con l’albero al bordo della strada,
    con l’aria.
    E sono infinitamente felice."

    Marina Cvetaeva

    RispondiElimina
  16. Ringrazio infinitamente Titti D.L. per questa splendida scoperta:

    A Marina Cvetaeva (Mario Tommaso Carnevale DiMugno)

    Non si scioglieranno nel fango le nostre parole
    i nostri cristalli di neve
    diventeranno fiori nella prossima primavera.

    Cadeva la neve a fiocchi sottili
    si attaccava ai rami rinsecchiti dal gelo,
    ai rami spogli di foglie
    da tempo immemore ormai.
    La primavera è lontana,
    lontano il ricordo
    delle cose vive.
    La neve cade e si attacca ai vetri
    copre i miei occhi
    e non mi lascia vedere
    più, nemmeno questo cielo grigio di luce
    dove il sole in un angolo
    è solo, un leggero chiarore.
    Dove sono i cristalli di neve che ci dettero gioia?
    Dove le geometrie perfette
    in cui credemmo?
    Sulla punta azzurra della felicità
    s'adagiava l’esagono rosso dell'amore;
    quella stella aveva solo cinque punte
    ne mancava una per essere vera.
    Il caleidoscopio non conosce pentagoni,
    il mio caleidoscopio
    il tuo piccolo diavolo
    Marina.
    C'erano cristalli di speranza nei fiocchi di neve,
    la rivoluzione doveva renderli fiori
    invece li ha sciolti nel fango.
    Ora ho i piedi inzuppati
    nelle mie scarpe rotte
    consumate dal tempo
    e da vane ricerche.
    Dove sono i cristalli di neve che ci aprivano il cuore?
    Bambini non sentivamo il freddo
    che tutto era gioco
    e credevamo alle favole.
    Signori! Ridateci le nostre speranze,
    quelle rubate nelle sere di aprile
    quando il cuore era tenero e noi credevamo
    alle vostre favole,
    alle promesse d'amore.
    Sarà tutto amore.
    Sarà solo amore.
    Marina dove sei?
    Io ti sento qui accanto,
    consolami tu
    dammi una speranza tu
    a cui non fu dato sperare.
    Ho sentito nelle tue parole a volte il riso,
    era un riso cristallino.
    Canta canta Marina
    canta Marina canta
    canta per noi ancora
    per cento e mille e cento anni,
    io confonderò il mio canto col tuo
    e dopo di me ancora
    per cento e mille e cento anni
    cosi non s'accorgeranno i malvagi
    ti crederanno viva
    ci crederanno vivi
    noi poeti
    immortali perché immuni
    alla disperazione non al dolore,
    perché il tempo non consuma le parole.
    Allora noi saremo
    saremo vivi ancora
    per cento e mille e cento anni,
    Marina.
    Saremo vivi
    con i vivi che godranno
    del tuo riso cristallino,

    perché non si scioglieranno nel fango le nostre parole
    i nostri cristalli di neve
    diventeranno fiori nella prossima primavera.

    RispondiElimina
  17. Mariangela02/09/13, 13:36

    Ci sono al mondo i superflui, gli aggiunti,
    non registrati nell'ambito della visuale.
    (Che non figurano nei vostri manuali,
    per cui una fossa da scarico è la casa).

    Ci sono al mondo i vuoti, i presi a spintoni,
    quelli che restano muti: letame,
    chiodo per il vostro orlo di seta!
    Ne ha ribrezzo il fango sotto le ruote!

    Ci sono al mondo gli apparenti - invisibili,
    (il segno: màcula da lebbrosario)!
    ci sono al mondo i Giobbe, che Giobbe
    invidierebbe se non fosse che:

    noi siamo i poeti - e rimiamo con i paria,
    ma, straripando dalle rive,
    noi contestiamo Dio alle Dee
    e la vergine agli Dei!


    Marina Cvetaeva

    RispondiElimina
  18. HO GETTATO UNO SGUARDO - MARINA CVETAEVA
    da "Verste" (1916)

    Ho gettato uno sguardo, come al primo incontro
    Non si guarda.
    Gli occhi neri hanno inghiottito lo sguardo.

    Ho levato le ciglia e me ne sto lì.
    - E allora, - son luminosa?-
    Non lo dirò, che m'ha centellinata fino alle radici.

    La pupilla ha inghiottito fino all'ultima goccia.
    E me ne sto lì.
    E scorre la tua anima nella mia.

    RispondiElimina
  19. INDIZI - MARINA IVANOVNA CVETAEVA

    Come se avessi portato un macigno –
    Dolore in tutto il corpo!
    Io l’amore lo riconosco dal dolore
    Per tutto il corpo.

    Come se in me un campo avessero sezionato
    Per qualunque temporale.
    Io l’amore lo riconosco dalla lontananza
    Di tutti e di tutto qui vicino.

    Come se una tana in me avessero scavato
    Fino al fondo, dov’è la pece.
    Io l’amore lo riconosco dalla vena
    Che geme per tutto il corpo.

    Da una corrente d’aria come da una criniera
    Sono stata avvolta, o barbaro unno:
    Io l’amore lo riconosco dalla rottura
    Delle corde più fedeli

    Della gola, – dei meandri della gola
    Dopo una risata, un vivido sol.
    Io l’amore lo riconosco dalla glottide,
    No! – dal trillo
    Per tutto il corpo!

    RispondiElimina
  20. IO SONO UNA PAGINA PER LA TUA PENNA - MARINA CVETAEVA

    Io sono una pagina per la tua penna.
    Tutto ricevo. Sono una pagina bianca.
    Io sono la custode del tuo bene:
    io crescerò e lo ridarò centuplicato.

    Io sono la campagna, la terra nera.
    Tu per me sei il raggio e l'umida spiaggia.
    Tu sei il mio Dio e Signore, e io
    sono terra nera e carta bianca.

    RispondiElimina
  21. Trentesimo anniversario
    d'una unione - più sicura dell'amore.
    io le tue rughe conosco
    come anche tu - le mie.
    Delle quali - non sei tu - l'autore?
    Tu che quinterno su quinterno hai divorato,
    e hai insegnato che non c'è - un domani,
    che solamente l'oggi - esiste.
    e i soldi e le lettere della posta,
    tavolo, hai gettato nella corrente!
    E ripetevi che d'ogni riga
    l'oggi - è l'ultimo termine.
    Che minacciavi che col conto dei cucchiai
    non si rende merito al Creatore,
    che domani mi deporranno -
    stupida che sono - sopra di te!
    (Marina I. Cvetaeva)

    RispondiElimina
  22. Ci sono nomi, come fiori grevi,
    E sguardi — che come fiamme danzano...
    Ci sono oscure pieghe della bocca
    Con angoli umidi e profondi.
    Ci sono donne — chiome come elmetti,
    Il cui ventaglio odora di sottile – rovina.
    Hanno trentanni. — Perché a te, perché,
    L’anima mia di giovane spartano?
    (Marina I. Cvetaeva)

    RispondiElimina
  23. Versi per l'orfano - di Marina Cvetaeva
    (trad. Pietro A. Zveteremich

    La tiara di ghiaccio dei monti
    soltanto a un viso perituro è cornice.

    Io oggi all’edera - la scriminatura
    ho tracciato sul granito del castello.

    Io oggi l’accappamento degli abeti
    ho sorpassato su tutte le strade.

    Io oggi ho preso un tulipano -
    come un bambino, per il mento.

    16-17 agosto 1936

    **********

    Стихи сироте» Марина Цветаева

    Ледяная тиара гор —
    Только бренному лику — рамка.
    Я сегодня плющу — пробор
    Провела на граните замка.

    Я сегодня сосновый стан
    Обгоняла на всех дорогах.
    Я сегодня взяла тюльпан —
    Как ребенка за подбородок.

    16-17 августа 1936


    RispondiElimina
  24. Tu, che giorno per giorno mi misuri,
    Sei mai stato con me, calda e randagia,
    In giro per le piazze arroventate —
    Quando spunta la luna?
    E in una bettola pestifera,
    Sotto il fischio d’un valzer travolgente,
    Hai spezzato come un bifolco ubriaco
    Le mie dita tornite?
    Con che voce farfuglio mentre dormo —
    Hai mai sentito? — Oh, fumo e cenere!
    Che vuoi saper di me se non hai mai
    Insieme a me bevuto né dormito?
    (Marina I. Cvetaeva)

    RispondiElimina
  25. Da me a Mosca – le cupole ardono» – Marina Ivanovna Cvetaeva
    (di tittideluca, che ringrazio infinitamente)
    Da «versi per Blok »

    Da me a Mosca – le cupole ardono,
    da me a Mosca – le campane suonano,
    e sepolcri in fila ci sono da me,
    e zarine dormono in essi e zar.

    E tu non sai che all’alba nel Cremlino
    più leggeri si respira che su tutta la terra!
    E tu non sai che all’alba nel Cremlino
    io prego te – fino all’aurora.

    E tu passi sopra la tua Neva
    nel momento che sopra la Moscova
    sto io, con la testa reclina,
    e chiudono le palpebre i lampioni.

    Con tutta l’insonnia io ti amo,
    con tutta l’insonnia ti ascolto
    nel momento che per tutto il Cremlino
    si vanno svegliando i campanari.

    Ma il mio fiume – con il tuo fiume,
    ma la mia mano – con la tua mano
    non s’incontreranno, mia allegria, finché
    l’aurora non avrà raggiunto – l’aurora.

    Marina Ivanovna Cvetaeva

    7 maggio 1916

    (Traduzione di Pietro Antonio Zveteremich)

    da “Marina Ivanovna Cvetaeva , Poesie”, Feltrinelli Editore, Milano, 1979

    ***

    У меня в Москвет — купола горят!
    У меня в Москве — колокола звонят!
    И гробницы в ряд у меня стоят,—
    В них царицы спят, и цари.

    И не знаешь ты, что зарей в Кремле
    Легче дышится — чем на всей земле!
    И не знаешь ты, что зарей в Кремле
    Я молюсь тебе — до зари!

    И проходишь ты над своей Невой
    О ту пору, как. над рекой — Москвой
    Я стою с опущенной головой,
    И слипаются фонари.

    Всей бессонницей я тебя люблю,
    Всей бессонницей я тебе внемлю —
    О ту пору, как по всему Кремлю
    Просыпаются звонари…

    Но моя река — да с твоей рекой,
    Но моя рука — да с твоей рукой
    Не сойдутся. Радость моя, доколь
    Не догонит заря — зари.

    RispondiElimina
  26. Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio - Marina Ivanovna Cvetaeva

    Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio:
    sono gli alberi che vagano sulla terra notturna.
    Sono i grappoli che fermentano in vino dorato,
    sono le stelle che di casa in casa peregrinano,
    sono i fiumi che il cammino cominciano a ritroso!
    E io ho voglia di venire da te sul petto - a dormire.


    da Poesie - Marina Cvetaeva
    a cura e traduzione di Pietro Zveteremich
    Feltrinelli 1979

    RispondiElimina
  27. Non amo gli incontri nella vita. Si sbatte la fronte. Due muri. Così non si passa. L’incontro deve essere un arco: al di sopra… Non vi nascondo che sarei felice di star seduta con Voi in qualche misero caffè con la pioggia fuori....
    (Marina I. Cvetaeva)

    RispondiElimina
  28. Marina Tsvetaeva - Марина Цветаева.
    …Vorrei vivere con Voi
    In un paesino piccolo,
    Tra l'eterno crepuscolo
    E campane eterne.
    E in un piccolo albergo del paese
    un suono sottile dell’orologio antico,
    come gocce del tempo.
    E qualche volta, la sera, da qualche soffitta di fronte si sente il flauto
    E il flautista alla finestra.
    E i grandi tulipani sui davanzali…
    E forse non mi amereste nemmeno..
    Al centro della stanza c'è un'enorme stufa di mattonelle,
    Ogni mattonella ha un'immagine:
    Rosa - cuore - nave.
    E nell’unica finestra -
    Neve, neve, neve.
    E Voi sareste sdraiato li’,
    proprio così come Vi amo: pigro,
    Indifferente, spensierato.
    Di tanto in tanto si sente
    il rumore scoppiettante di un fiammifero
    La sigaretta brucia e si spegne,
    E continua a tremare sul bordo
    una colonnina corta grigia di cenere.
    Siete persino troppo pigro per scrollarla -
    E tutta la sigaretta vola nel fuoco.
    1916
    .........................................................................................................................
    …Я бы хотела жить с Вами
    В маленьком городе,
    Где вечные сумерки
    И вечные колокола.
    И в маленькой деревенской гостинице —
    Тонкий звон
    Старинных часов — как капельки времени.
    И иногда, по вечерам, из какой-нибудь мансарды —
    Флейта,
    И сам флейтист в окне.
    И большие тюльпаны на окнах.
    И может быть, Вы бы даже меня любили…
    Посреди комнаты — огромная изразцовая печка,
    На каждом изразце — картинка:
    Роза — сердце — корабль. —
    А в единственном окне —
    Снег, снег, снег.
    Вы бы лежали — каким я Вас люблю: ленивый,
    Равнодушный, беспечный.
    Изредка резкий треск
    Спички.
    Папироса горит и гаснет,
    И долго-долго дрожит на ее краю
    Серым коротким столбиком — пепел.
    Вам даже лень его стряхивать —
    И вся папироса летит в огонь.
    1916 г.
    Traduzione di Anastasia Eremenko
    Grazie a Cultura Italia-Russia

    RispondiElimina