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sabato 29 settembre 2012

Gita al Faro - Virginia Woolf




(To the Lighthouse - 1927)


Forse era stato un simile sentimento di completezza che, dieci anni prima, mentre era ferma quasi esattamente nello stesso punto, l'aveva spinta a dire di essere innamorata di quel luogo. L'amore aveva mille forme. C'erano innamorati in grado di isolare particolari elementi delle cose e poi di unirli, creando così un'interezza che in realtà non possedevano; in questo modo trasformavano una scena o un gruppo di persone (ora scomparse tutte e separate fra loro), una sfera compatta su cui indugia il pensiero e con cui gioca l'amore.


Se dovessi assegnare un sottotitolo a questo libro, io sceglierei: Dialoghi con me stessa.
Di lei mi stupisce la facilità con cui descrive gli stati d'animo: sembra impossibile riuscire a catturare così velocemente il succedersi dei pensieri per trasformarli in profondissimi sentimenti. Lei vive in simbiosi con ognuno dei suoi personaggi, come se avesse spartito se stessa in tanti pezzetti, assegnandone uno a ciascuno, e ottenendo così delle vere e proprie autobiografie. Di questo romanzo si è detto di tutto: che è noioso, che focalizza troppo il tempo che passa, che è un catalogo delle solitudini umane. Come altri capolavori, o piace moltissimo, o per niente. Certamente non lo consiglio ai lettori d'azione, ma agli intimisti che amano l'introspezione e la discesa nei meandri della coscienza.
Aggiungo solo che, anche se ambientato a Skye, per i luoghi descritti, Virginia Woolf si è ispirata alla Cornovaglia, in particolare alla splendida St Ives, dove si recava in vacanza nella mitizzata Talland House.




“For most of history, Anonymous was a woman.
Virginia Woolf (England 1882-1941)




Talland House.Virginia Woolf è chinata a coccolare il cane. Questa fu l'ultima estate a St Ives.



giovedì 20 settembre 2012

Cavalli Selvaggi - Cormac McCarthy


(All the Pretty Horses - 1992)

Scesero lungo il fresco versante settentrionale immerso nell'ombra azzurrina. Diospiri, sapodillas. Sotto di loro si alzò un falco, volteggiò nella bruma che si addensava e scese in picchiata. I ragazzi tolsero i piedi dalle staffe e fecero avanzare i cavalli con prudenza lungo i tornanti di roccia friabile. Al calar della notte si accamparono su una spianata sassosa e più tardi sentirono quello che non avevano mai sentito prima, tre lunghi ululati a sud-ovest seguiti da un silenzio totale. 
Hai sentito? disse Rawlins. Sì. E' un lupo, vero? Sì.

John Grady Cole, maschio Alfa, ha sedici anni quando lascia il Texas per seguire un'antica pista verso il Messico, in cerca di fortuna. Lo accompagna l'amico Lacey Rawlins, maschio Omega, infantile e permaloso. Tra i due si interpone Blevins, tredicenne pieno di risorse, incontrato per caso e su cui si accaniranno il destino e l'uomo.  Sembrerebbe un romanzo di formazione, ma non lo è: John Grady è già adulto. Dei tre, è l'unico in grado di affrontare e superare avventure e disavventure.
Questo romanzo, scritto in uno stile asciutto ed essenziale,  mantiene sempre alta la tensione, e si dilata   meravigliosamente in descrizioni di paesaggi indimenticabili. E' il primo della Border Trilogy.

mercoledì 19 settembre 2012

Poesie - George Byron





(Selected Poems - 1821)


SO, WE'LL GO NO MORE A-ROVING

So, we'll go no more a-roving
  So late into the night,
Though the heart be still as loving,
  And the moon be still as bright.

For the sword outwears its sheath,
  And the soul wears out the breast,
And the heart must pause to breathe,
  And love itself have rest.

Though the night was made for loving,
  And the day returns too soon,
Yet we'll go no more a-roving
  By the light of the moon.

Così noi non andremo più vagando
 Tanto tardi nella notte, anche se ancora
 Come sempre ama il cuore e come sempre
 Splende la luna.
 Perché la spada consuma il fodero
 E dall'anima il petto consumato;
 Deve aver posa il cuore per rivivere
 E riposare amore.
Benché la notte sia fatta per amare
E troppo presto il giorno ritorni,
Pure noi non andremo più vagando
Al lume della luna. 

E infine, the least not the last, concludo la carrellata sui poeti romantici inglesi con Lord Byron. Poche linee per descriverlo: viso meraviglioso e fisico menomato, disinibito sessualmente, ossessionato dall'idea di essere un angelo caduto in volo. Coltissimo, perfezionista e completo come autore. Ma anche giovane entusiasta di tutto, innamorato come Shelley e Keats dell'Italia; innamorato delle donne e delle città italiane, frenetico nel voler vivere intensamente ogni attimo, quasi presagendo che il tempo per farlo sarebbe stato poco. Fedele agli ideali romantici, viaggiò ovunque; aderì alla Carboneria italiana e poi alla causa greca, andando a morire di febbre a Missolungi.



"...insomma, io amo tutto e ogni cosa."

Lord George Gordon Noel Byron (England 1788-1824)


domenica 16 settembre 2012

Jane Eyre - Charlotte Brontë



(Jane Eyre - 1847)

Durante tutta la notte, a molta distanza l'uno dall'altro, sentii uno strillo acuto, un breve mugolio canino ed un profondo gemito umano. Mi misi a riflettere. Chi era la bestia feroce che viveva in quella casa appartata, che lo stesso padrone non poteva né cacciare, né sottomettere? Qual era il mistero che nelle più profonde ore della notte dirompeva ora nel fuoco, ora nel sangue? Chi era l'essere che, sotto forme femminili, emetteva ora una risata demoniaca, e ora l'urlo di un uccello da preda?



 Charlotte Brontë (England 1816-1855)

A dodici anni andavo ancora a Catechismo, perché le suore avevano una piccolissima biblioteca di romanzi, ovviamente con l'imprimatur. Finiti i libri, finito Catechismo. Quelli che mi erano piaciuti di più li avevo poi ricomprati: La Figlia del Condannato, la Piccola Dorrit, Sepolta Viva, Il Bacio di una Morta. Invece non ho mai restituito Jane Eyre, dicendo che l'avevo perso e proponendo in cambio Senza Famiglia, sistemazione più consona ad entrambi i libri. Questo bel romanzo di Charlotte Bronte (figlia di un pastore protestante ) aveva tutti gli elementi per entusiasmare una ragazzina: maltrattamenti e riscatto, innamoramento e ostacoli, castello e fantasmi. L'ho riletto spesso, senza immaginare che il mio vecchio e amato libro fosse censurato finché, qualche settimana fa, mi sono comprata una versione, evidentemente integrale, e con l'originale a fronte. Ammetto la sorpresa enorme provata constatando che il libro "preso in prestito" dalle suore era molto più avventuroso e agile, mancando pagine e  pagine di motivazioni e princìpi religiosi...


Bronte Parsonage, casa natale della famiglia Bronte - Haworth UK

Anne, Charlotte e Emily - Bronte Parsonage - Haworth UK


Anna Paquin, Jane Eyre a 10 anni nel film di Zeffirelli


Charlotte Gainsbourg, Jane Eyre a 18 anni nel film di Zeffirelli

martedì 11 settembre 2012

Tenera è la Notte - Francis Scott Fitzgerald



(Tender is the Night - 1934)

Fu bello tornare in albergo sul finire del pomeriggio, con un mare dai colori misteriosi come le agate e i cornioli dell'infanzia, verde come latte verde, azzurro come acqua di lavanda, scuro come vino. Era bello passare tra gente che mangiava fuori della porta e udire le ardenti pianole dietro le viti. Quando svoltarono alla Corniche d'Or e scesero verso l'albergo di Gausse tra le file di alberi abbuiati, posti l'uno dietro l'altro in tanti verdi, la luna già aleggiava sulle rovine degli acquedotti...


Come ho già detto, il bellissimo titolo è tratto da un verso dell' Ode ad un Usignolo di Keats ed è la parte migliore del libro. In ogni caso la storia narrata è tutt'altro che tenera: dietro le tranquille e un po' snob vacanze  in Costa Azzurra di un gruppo di persone, che incutono in chi legge una certa noia, in realtà si nascondono intrighi, violenze e corruzione. Nonostante l'autore lo abbia rimaneggiato più volte, rimane comunque un romanzo asciutto e profondamente  psicologico. Con uno stile impeccabile, Fitzgerald riesce a trasmetterci tutta la vacuità e la frustrazione dei suoi personaggi, e non ci si deve fermare a criticare la trama senza ammirarne la eccellente narrazione: è necessaria un'assoluta maestria per creare un capolavoro raccontando una storia sgradevole.
Nel 1962 Henry King ne ha tratto un film, con Jill St John nella parte di Rosemary, la diciottenne protagonista. Ma leggendo il libro, Rosemary sembra Brigitte Bardot.


Jason Robards e Joan Fontaine nel film di King del 1962


sabato 8 settembre 2012

Poesie - John Keats










 La Belle Dame Sans Merci, A Ballad

Ah, what can ail thee, wretched wight, 
    Alone and palely loitering; 
The sedge is wither'd from the lake, 
    And no birds sing.
Ah, what can ail thee, wretched wight, 
    So haggard and so woe-begone? 
The squirrel's granary is full, 
    And the harvest's done.
I see a lily on thy brow, 
    With anguish moist and fever dew; 
And on thy cheek a fading rose 
    Fast withereth too.
I met a lady in the meads 
    Full beautiful, a faery's child; 
Her hair was long, her foot was light, 
    And her eyes were wild.
I set her on my pacing steed, 
    And nothing else saw all day long; 
For sideways would she lean, and sing 
    A faery's song.
I made a garland for her head, 
    And bracelets too, and fragrant zone; 
She look'd at me as she did love, 
    And made sweet moan.
She found me roots of relish sweet, 
    And honey wild, and manna dew; 
And sure in language strange she said, 
    I love thee true.
She took me to her elfin grot, 
    And there she gaz'd and sighed deep, 
And there I shut her wild sad eyes-- 
    So kiss'd to sleep.
And there we slumber'd on the moss, 
    And there I dream'd, ah woe betide, 
The latest dream I ever dream'd 
    On the cold hill side.
I saw pale kings, and princes too, 
    Pale warriors, death-pale were they all; 
Who cry'd--"La belle Dame sans merci 
    Hath thee in thrall!"
I saw their starv'd lips in the gloam 
    With horrid warning gaped wide, 
And I awoke, and found me here 
    On the cold hill side.
And this is why I sojourn here 
    Alone and palely loitering, 
Though the sedge is wither'd from the lake, 
    And no birds sing. 


John Keats (England 1795-1821)

 LA BELLE DAME SANS MERCI: UNA BALLATA

Cosa ti fa soffrire, o cavaliere,
Che solitario e pallido qui indugi?
E’ appassito il falasco intorno al lago,
E gli uccelli son muti.
Cosa ti fa soffrire, o cavaliere,
Così stravolto e tanto desolato?
Lo scoiattolo ha riempito il granaio,
E il raccolto è al sicuro.
Io vedo un giglio sopra la tua fronte
Bagnata dall’angoscia e dalla febbre;
Sulle tue guance è una morente rosa
Che rapida avvizzisce.
Incontrai una donna in mezzo ai prati,
Così bella – la figlia d’una fata,
Lunghi i suoi capelli, leggero il passo,
e selvaggi i suoi occhi.
Per la sua testa feci una ghirlanda,
e bracciali, e una cinta profumata;
Lei mi rimirò come se mi amasse,
Dolce emise un lamento.
La misi sopra il mio destriero al passo
E nient’altro guardai per tutto il giorno,
Perché lei dondolandosi cantava
Un canto delle fate.
Trovò per me dolcissime radici,
Miele selvaggio e manna di rugiada,
E in una lingua strana certo disse
“Io ti amo davvero!”.
Mi portò nella grotta sua incantata,
E là lei pianse e triste sospirò,
Io chiusi i suoi selvaggi occhi selvaggi
Baciandoli due volte.
Là mi cullò in un sonno ingannatore,
Là sognai allora – Ah! me sventurato!
L’ultimo sogno che abbia mai sognato
Sul pendio gelato.
Vidi pallidi re, guerrieri e principi,
Tutti pallidi di morte; gridarono –
“La belle Dame sans Merci oramai
Ti tiene in schiavitù!”
Nel buio vidi le consunte labbra
Spalancate nel terribile avviso,
E mi svegliai per ritrovarmi qui
Sul pendio gelato.
Ecco perché rimango in questo luogo
E solitario e pallido v’indugio,
Anche se l’erba è secca intorno al lago
E gli uccelli son muti.



La Belle Dame sans Merci
John William Waterhouse - 1893

Mentre gli altri  poeti romantici inglesi avevano seguito ottimi e mirati studi, Keats si distingue perché è un autodidatta: divora i più disparati volumi, frequenta estasiato musei di ogni genere, si entusiasma a tutto ciò che gli piace (opere di altri poeti, Fanny, la natura,  i marmi greci rubati da Elgin) ... e  tutto ciò che gli piace finisce nei suoi versi. Lascia una vasta produzione per così dire sperimentale, frutto di questa eccellente confusione, ed una manciata di versi meravigliosi, frutto di una sua identità espressiva raggiunta negli ultimi tempi di una breve e sfortunata vita. Muore nel 1821 ad appena  25 anni, a Roma, dove è sepolto nel cimitero protestante. Bellissima l'epigrafe, da lui stesso composta, e incisa sulla lapide senza nome: This Grave contains all the was Mortal, of a YOUNG ENGLISH POET Who, on his Death Bed, in the Bitterness of his Heart, at the Malicious Power of his Enemies, Desired these Words to be engraven on his Tomb Stone - Here lies One Whose Name was writ in water. (Questa tomba contiene tutto ciò che era mortale di un Giovane Poeta Inglese,  il quale sul letto di morte, nell'amarezza del suo cuore, in potere  nefasto dei suoi nemici, desiderò che queste parole fossero incise sulla sua lapide  - 
Qui giace Uno, il cui Nome è scritto nell'Acqua).



mercoledì 5 settembre 2012

The Lady of Shalott - Lord Alfred Tennyson




                                                      (The lady of Shalott - 1832)


La leggenda narra di una ragazza, Elaine di Astolat, che viveva in una torre sull’isola di Shalott, lungo un fiume nei pressi di Camelot, il regno del Re Artù. Passava le giornate tessendo quel che vedeva attraverso uno specchio, non potendo guardare direttamente Camelot perché una maledizione l'avrebbe fatta morire. Ma un giorno, attraverso lo specchio, vide Lancillotto e se ne innamorò. Stanca della maledizione che la teneva isolata dal mondo, si voltò a guardare il cavaliere. Poi, salì su una barca e morì, mentre la corrente la portava fino a Camelot.
Ecco il testo completo del poema, e la sua traduzione.

On either side the river lie 
Long fields of barley and of rye, 
That clothe the wold and meet the sky; 
And through the field the road run by 
To many-tower'd Camelot; 
And up and down the people go, 
Gazing where the lilies blow 
Round an island there below, 
The island of Shalott.

Willows whiten, aspens quiver, 
Little breezes dusk and shiver 
Through the wave that runs for ever 
By the island in the river 
Flowing down to Camelot. 
Four grey walls, and four grey towers, 
Overlook a space of flowers, 
And the silent isle imbowers 
The Lady of Shalott.

By the margin, willow veil'd,
Slide the heavy barges trail'd 
By slow horses; and unhail'd 
The shallop flitteth silken-sail'd
Skimming down to Camelot: 
But who hath seen her wave her hand? 
Or at the casement seen her stand? 
Or is she known in all the land, 
The Lady of Shalott?


...The shallop flitteth silken-sail'd....
  John William Waterhouse - The lady of Shalott 1900

Only reapers, reaping early, 
In among the bearded barley 
Hear a song that echoes cheerly 
From the river winding clearly; 
Down to tower'd Camelot; 
And by the moon the reaper weary, 
Piling sheaves in uplands airy, 
Listening, whispers, " 'Tis the fairy 
The Lady of Shalott."

There she weaves by night and day 
A magic web with colours gay. 
She has heard a whisper say, 
A curse is on her if she stay 
To look down to Camelot. 
She knows not what the curse may be, 
And so she weaveth steadily, 
And little other care hath she, 
The Lady of Shalott.


...There she weaves by night and day...
  Sidney Harold Meteyard  - The Lady of Shalott

And moving through a mirror clear 
That hangs before her all the year, 
Shadows of the world appear. 
There she sees the highway near 
Winding down to Camelot; 
There the river eddy whirls, 
And there the surly village churls, 
And the red cloaks of market girls 
Pass onward from Shalott.

Sometimes a troop of damsels glad, 
An abbot on an ambling pad, 
Sometimes a curly shepherd lad, 
Or long-hair'd page in crimson clad 
Goes by to tower'd Camelot; 
And sometimes through the mirror blue 
The knights come riding two and two. 
She hath no loyal Knight and true, 
The Lady of Shalott.

But in her web she still delights 
To weave the mirror's magic sights, 
For often through the silent nights 
A funeral, with plumes and lights 
And music, went to Camelot; 
Or when the Moon was overhead, 
Came two young lovers lately wed. 
"I am half sick of shadows," said 
The Lady of Shalott.



...I am half  sick of shadows,.
   John William Waterhouse - The lady of Shalott 1916



A bow-shot from her bower-eaves, 
He rode between the barley sheaves, 
The sun came dazzling thro' the leaves, 
And flamed upon the brazen greaves     
Of bold Sir Lancelot. 
A red-cross knight for ever kneel'd 
To a lady in his shield, 
That sparkled on the yellow field, 
Beside remote Shalott.

The gemmy bridle glitter'd free, 
Like to some branch of stars we see 
Hung in the golden Galaxy. 
The bridle bells rang merrily 
As he rode down to Camelot: 
And from his blazon'd baldric slung 
A mighty silver bugle hung, 
And as he rode his armor rung 
Beside remote Shalott.

All in the blue unclouded weather 
Thick-jewell'd shone the saddle-leather, 
The helmet and the helmet-feather 
Burn'd like one burning flame together, 
As he rode down to Camelot. 
As often thro' the purple night, 
Below the starry clusters bright, 
Some bearded meteor, burning bright, 
Moves over still Shalott.

His broad clear brow in sunlight glow'd; 
On burnish'd hooves his war-horse trode; 
From underneath his helmet flow'd 
His coal-black curls as on he rode, 
As he rode down to Camelot. 
From the bank and from the river 
He flashed into the crystal mirror, 
"Tirra lirra," by the river 
Sang Sir Lancelot.

She left the web, she left the loom, 
She made three paces through the room, 
She saw the water-lily bloom, 
She saw the helmet and the plume, 
She look'd down to Camelot. 
Out flew the web and floated wide; 
The mirror crack'd from side to side; 
"The curse is come upon me," cried 
The Lady of Shalott.


...She left the web, she left the loom...
   John William Waterhouse - The lady of Shalott 1894

In the stormy east-wind straining, 
The pale yellow woods were waning, 
The broad stream in his banks complaining. 
Heavily the low sky raining 
Over tower'd Camelot; 
Down she came and found a boat 
Beneath a willow left afloat, 
And around about the prow she wrote 
The Lady of Shalott.

And down the river's dim expanse 
Like some bold seer in a trance, 
Seeing all his own mischance -- 
With a glassy countenance 
Did she look to Camelot. 
And at the closing of the day 
She loosed the chain, and down she lay; 
The broad stream bore her far away, 
The Lady of Shalott.

Lying, robed in snowy white 
That loosely flew to left and right -- 
The leaves upon her falling light -- 
Thro' the noises of the night, 
She floated down to Camelot: 
And as the boat-head wound along 
The willowy hills and fields among, 
They heard her singing her last song, 
The Lady of Shalott.


...Lying, robed in snowy white...
   John William Waterhouse - The lady of Shalott 1888

Heard a carol, mournful, holy, 
Chanted loudly, chanted lowly, 
Till her blood was frozen slowly, 
And her eyes were darkened wholly, 
Turn'd to tower'd Camelot. 
For ere she reach'd upon the tide 
The first house by the water-side, 
Singing in her song she died, 
The Lady of Shalott.


...singing her song she died...
 John Atkinson Grimshaw - The Lady of Shalott

Under tower and balcony, 
By garden-wall and gallery, 
A gleaming shape she floated by, 
Dead-pale between the houses high, 
Silent into Camelot. 
Out upon the wharfs they came, 
Knight and Burgher, Lord and Dame, 
And around the prow they read her name, 
The Lady of Shalott.

Who is this? And what is here? 
And in the lighted palace near 
Died the sound of royal cheer; 
And they crossed themselves for fear, 
All the Knights at Camelot; 
But Lancelot mused a little space 
He said, "She has a lovely face; 
God in his mercy lend her grace, 
The Lady of Shalott."


... Who is this? And what is here?...
Arthur Hughes. The Lady of Shalott. 1873. 
                                     
Lungo entrambe le rive del fiume si stendono
vasti campi di orzo e segale
che rivestono la brughiera fino a incontrare il cielo;
e attraverso i campi corre la strada
verso la turrita Camelot;
e la gente va e viene,
guardando dove i gigli sbocciano
attorno all’isola, lì sotto,
l’Isola di Shalott.
Salici impalliditi, pioppi tremuli,
lievi brezze si oscurano e fremono
nella corrente che scorre perpetua
intorno all’isola nel fiume,
fluendo verso Camelot.
Quattro mura grigie, quattro torri grigie
sovrastano un prato di fiori,
e l’isola silenziosa dimora
la Signora di Shalott.
Presso le rive dai salici velate
Scorrono chiatte pesanti trainate
Da bestie lente mentre a vele issate
Fende uno scafo le onde increspate
Veloce verso Camelot
Ma chi vide mai un suo cenno di mano?
O della finestra stagliarsi nel vano
Chi conosce il destino arcano
 Della Signora di Shalott?

Solo i mietitori, falciando mattinieri,
nell’orzo barbuto
odono una canzone che echeggia lietamente
dal fiume che limpido si snoda,
verso la turrita Camelot.
E sotto la luna lo stanco mietitore,
ammucchiando covoni sull’arioso altipiano,
ascoltando sussurra «È la maga»
la Signora di Shalott.
Lì intesse giorno e notte
una magica tela dai colori vivaci.
Ed aveva sentito una voce secondo cui
una maledizione l’avrebbe colpita
se avesse guardato verso Camelot.
Non sapeva quale fosse la maledizione.
E così tesseva assiduamente,
ed altre preoccupazioni non aveva,
la Signora di Shalott.
E muovendosi attraverso uno specchio limpido
appeso di fronte a lei tutto l’anno,
ombre del mondo appaiono.
Lì vede la vicina strada maestra
snodarsi verso Camelot;
Lei non conosce altra sorte
Se non di tessere fino alla morte
 E altro non accade alla corte
 Della Signora di Shalott


Ombre dai riflessi chiari vanno,
Nello specchio appeso, tutto l’anno
Ombre fugaci che di vita sanno
Lungo la strada da cui arriveranno
Le genti di Camelot.
Si torce in mulinelli la corrente
Passano i giovani dalle spalle spente
E le ragazze dalla voce ardente
Vanno verso Camelot

A volte damigelle tintinnanti,
O un monaco in comunione con i santi
A volte un pastorello dai riccioli grondanti
E giovani paggi in livree rutilanti
Passano andando a Camelot
ed a volte attraverso lo specchio azzurro
i Cavalieri giungono cavalcando a due a due
lei non ha alcun Cavaliere leale e fedele,
la Signora di Shalott.

Ma con la tela ancor si diletta
ad intessere le magiche immagini dello specchio,
perché spesso attraverso le notti silenti
un funerale con pennacchi e luci
e musica andava a Camelot;
o quando la luna era alta,
venivano due innamorati sposati di recente.
«Mi sto stancando delle ombre» disse
la Signora di Shalott.
A un tiro d’arco dal cornicione della sua dimora,
lui cavalcò fra i mannelli d’orzo.
Il sole giunse abbagliante fra le foglie,
e splendente sui gambali di ottone
del coraggioso Sir Lancelot.
Un cavaliere con la croce rossa perpetuamente inginocchiato
ad una dama nel suo scudo,
che scintillò sul campo giallo,
presso la remota Shalott.
Brilla al sole il finimento Come una stella del firmamento
Risuonano di limpido accento
Sulle briglie campane d’argento
Mentre cavalca verso Camelot
E scende dall’imbrago stemmato
potente un corno argentato
risuona l’armatura al passo ritmato
Presso la remota Shalott


Il cielo terso, l’aria silente
Di gemme spesse la sella lucente
Sull’elmo il pennacchio fremente
brucia come brace ardente
Cavalcando verso Camelot
E mentre in cielo si danno convegno
Crocchi di stelle in antico disegno
Va nella notte il fulgido segno
Di una meteora su Shalott

La sua fronte ampia e chiara scintillò al sole;
con zoccoli bruniti il suo cavallo passava;
da sotto il suo elmo fluirono, mentre cavalcava,
i suoi riccioli neri come il carbone,
Mentre cavalcava verso Camelot.
Dalla riva e dal fiume
egli brillò nello specchio di cristallo,
“Tirra lirra” presso il fiume
cantò Sir Lancelot.



Lasciò la tela, lasciò il telaio,
fece tre passi nella stanza,
vide le ninfee in fiore,
vide l’elmo ed il pennacchio,
e guardò verso Camelot.
La tela volò via fluttuando spiegata;
lo specchio si spezzò da cima a fondo
«La maledizione mi ha colta» urlò
la Signora di Shalott.
Nel tempestoso vento dell’est che sferzava,
i boschi giallo pallido si indebolivano
l’ampio fiume nei suoi argini si lamentava.
Dal cielo basso la pioggia scrosciava
sopra la turrita Camelot;
lei discese e trovò una barca
galleggiante presso un salice,
e intorno alla prua scrisse
la Signora di Shalott.
Ed oltre la pallida estensione del fiume
come un’audace veggente in estasi,
che contempli tutta la propria mala sorte -
con una espressione vitrea
guardò verso Camelot.
E sul finir del giorno
mollò gli ormeggi, e si distese:
l’ampio fiume la portò assai lontano,
la Signora di Shalott.

Giace, le vesti di candida neve,
Che il vento agita di un tremito breve
Cadono le foglie sull’acqua greve
Canta la notte un sussurro lieve
Scendendo verso Camelot
E mentre la barca solca le onde
Tra salici e campi lungo le sponde
S’ode il canto che i sensi confonde
Della signora di Shalott


Si udì un inno triste, sacro
cantato forte, cantato sommessamente
finché il suo sangue si freddò, lentamente
ed i suoi occhi furono oscurati completamente,
volti alla turrita Camelot.
Prima che, portata dalla corrente,
raggiungesse la prima casa lungo l’argine
canticchiando il proprio canto morì
la Signora di Shalott.


Sotto la torre ed il balcone
vicino il muro del giardino e la loggia
lei galleggiò, figura splendente
di un pallor mortale, tra le case alte
silente dentro Camelot.
Vennero sulla banchina
il cavaliere, il cittadino, il Signore e la Dama
e intorno alla prua lessero il suo nome
La Signora di Shalott.
Chi è? Che c’è qui?
Nel vicino palazzo illuminato
si spensero i regali applausi
e, per la paura, si segnarono
tutti i cavalieri di Camelot.
Ma Lancillotto rifletté per un po’
E disse «Ha un bel viso;
Dio nella sua misericordia le conceda la pace
la Signora di Shalott».



                                         

                                        Lord Alfred Tennyson (England 1809-1892)