(1999)
"Sono storie di donne e uomini, di persone e non di personaggi. Sono storie che bisogna raccontare e continuare a raccontare, finché non si risolvono. E se gli espedienti della narrativa servono a rendere più vive le emozioni e il carattere di queste persone, tanto meglio"
Carlo Lucarelli
Questo libro raccoglie sette casi di cronaca nera, crimini rimasti senza colpevole, o, forse, con un incolpevole. Inutile dire che il caso più coinvolgente, ora ed allora, rimane "Il caso Alinovi", ultimo di quattro delitti commessi nell'ambito del DAMS, la facoltà Discipline Arte Musica e Spettacolo dell'Università di Bologna. Ogni universitario ne rimase sconvolto, ogni bolognese se ne ricorderà per sempre. E' appunto dal "Caso Alinovi", trattato dall'autore con la consueta maestria, che copio questo straordinario e inquietante ritratto della mia città.
Se fosse un romanzo giallo, il "caso Alinovi" non potrebbe che essere ambientato in una città così: ambigua e misteriosa. Bologna.
Se si pensa a quello che sta dentro le mura, Bologna è poco più di una cittadina di provincia, ma se la si guarda bene, Bologna è una cosa grande che va da Parma fino a Cattolica, un pezzo di regione spiaccicato lungo la via Emilia, dove la gente vive a Modena, lavora a San Lazzaro e la sera va a ballare a Rimini. Questa è una strana metropoli di duemila chilometri quadrati e due milioni di abitanti, che si allarga a macchia d'olio tra il mare e gli Appennini e non ha un vero centro ma una periferia diffusa che si chiama Ferrara, Imola, Ravenna o la riviera romagnola.
Questa città non è quello che sembra.
Questa è una città di terra, fissa al centro dell'Italia eppure, a volte, giri l'angolo di certe strade e ti trovi di fronte ad acqua e canali, all'improvviso, dove non ti aspetti di vederne, perché questa è Bologna e non è Venezia e vista così sembra un'altra cosa. Un'altra cosa, come ti sorprende fuori dai viali che la circondano, quando ti aspetti ancora di trovare altri portici e altre piazze e altri palazzi dai merli medioevali, e appare invece una piccola Tokyo di torri di vetro, di luci e di cemento.
Questa città, questa città bellissima, rossa come i tetti delle case quando ci batte sopra il sole, non è come le altre. Perché non è soltanto grande, è anche complicata. E contraddittoria.
Se la si guarda così, camminandoci dentro, Bologna sembra tutta pietra e asfalto ma se ci si va sopra con un elicottero è verde come una foresta per i cortili delle case, che da fuori non si vedono. E se ci si va sotto, sottoterra, sotto le strade, la si può attraversare tutta scivolando in barca lungo i canali coperti, o a piedi, chinandosi sotto le volte umide di antichi acquedotti sepolti. E ci sono i portici, che costeggiano quasi tutte le sue strade e sono il salotto buono della città e riparano dal sole e dalla pioggia ma non solo, perché là sotto, sotto gli archi e dietro le colonne, anche di giorno e anche di notte, quando si accendono i lampioni, le ombre sembrano più ombre, e i volti, col buio, sono neri.
Questa città non è quello che sembra. Questa città ha sempre una metà nascosta e puoi scoprirla soltanto se qualcuno te la fa vedere. Perché ci sono strade, a Bologna, che imboccate da una parte finiscono nel corso principale, tra i motorini degli studenti delle medie fermi davanti ai McDonald's, tra le biciclette della gente che attraversa per vedere le vetrine delle boutique e delle gastronomie e gli autobus che suonano per passarci in mezzo. Imboccate dall'altra, invece, non portano da nessuna parte, ma ad altre vie, sempre più piccole, sempre più strette, che piegano ad angolo e poi si perdono. E spariscono nel nulla, in questo centro antico, in questo cuore magico in cui gli opposti si incontrano e si uniscono. Freddo polare d'inverno e caldo tropicale d'estate. Comune rosso, per tanti anni, e cooperative miliardarie. Efficienza e gioia di vivere. Musei e supermercati. Sovversivi e cardinali. Tortellini e Bambini di Satana. Bologna.
C'è poi la città universitaria. Che a Bologna, come a Roma, a Napoli o a Milano, è una città nella città, una città parallela, di cui si sa poco o niente. Studenti che vanno e che vengono da tutta l'Italia, che lasciano i corsi poi li riprendono, che dormono da amici e parenti, che subaffittano, a volte in nero e senza ricevute e documenti. E' la città giusta per vivere da clandestini. In qualunque altro posto un ragazzo strano, con un accento strano, che entra ed esce di casa a tutte le ore del giorno e della notte e non si sa chi è, che cosa fa e di che vive e a volte sparisce poi torna, sarebbe stato notato da qualcuno, ma all'università no. All'università di Bologna, ma anche di Roma, di Napoli o di Milano, questo è l'identikit dello studente medio.
Questa città non è quello che sembra.
Sembra una cittadina di provincia addormentata in un sonno medioevale e invece è una piccola Los Angeles illuminata e grande come tutta una regione.
Carlo Lucarelli (1960)