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lunedì 13 maggio 2013

Poesie - Jorge Luis Borges


(Poesie 1923-1976 - BUR 2004)


"Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all'eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri."

Ho comprato questo libro con le lacrime agli occhi dopo aver letto in copertina la parte centrale di Elogio all'ombra, in cui cecità e vecchiaia sono indistinguibili.
Poi, l'ho letto con calma, notando per prima cosa l'immensa cultura di Borges, che trasuda da ogni suo componimento. Ma davvero sorprendenti sono stati i mille simboli, le allusioni e le metafore di cui questo grandissimo poeta si circonda, disorientando il lettore. Ogni sua poesia sembra una scatola magica, o una matrioska; alla prima lettura si ha un'impressione, a leggerla meglio si scopre qualcosa in più, a rileggerla infine ci si chiede: ma ci sarà altro ancora? e finirà mai questa spirale di sensazioni? Come in certi album musicali: quei capolavori che sono tali perché ad ogni ascolto ci sorprendono con qualcosa che non avevamo mai notato.
Ecco, comunque, l'intera poesia:

ELOGIO DE LA SOMBRA

La vejez (tal es el nombre que los otros le dan) 

puede ser el tiempo de nuestra dicha. 
El animal ha muerto o casi ha muerto. 
Quedan el hombre y su alma. 
Vivo entre formas luminosas y vagas 
que no son aún la tiniebla. 
Buenos Aires, 
que antes se desgarraba en arrabales 
hacia la llanura incesante, 
ha vuelto a ser la Recoleta, el Retiro, 
las borrosas calles del Once 
y las precarias casas viejas 
que aún llamamos el Sur. 
Siempre en mi vida fueron demasiadas las cosas; 
Demócrito de Abdera se arrancó los ojos para pensar; 
el tiempo ha sido mi Demócrito. 
Esta penumbra es lenta y no duele; 
fluye por un manso declive 
y se parece a la eternidad. 
Mis amigos no tienen cara, 
las mujeres son lo que fueron hace ya tantos años, 
las esquinas pueden ser otras, 
no hay letras en las páginas de los libros. 
Todo esto debería atemorizarme, 
pero es una dulzura, un regreso. 
De las generaciones de los textos que hay en la tierra 
sólo habré leído unos pocos, 
los que sigo leyendo en la memoria, 
leyendo y transformando. 
Del Sur, del Este, del Oeste, del Norte, 
convergen los caminos que me han traído 
a mi secreto centro. 
Esos caminos fueron ecos y pasos, 
mujeres, hombres, agonías, resurrecciones, 
días y noches, 
entresueños y sueños, 
cada ínfimo instante del ayer 
y de los ayeres del mundo, 
la firme espada del danés y la luna del persa, 
los actos de los muertos, 
el compartido amor, las palabras, 
Emerson y la nieve y tantas cosas. 
Ahora puedo olvidarlas. Llego a mi centro, 
a mi álgebra y mi clave, 
a mi espejo. 
Pronto sabré quién soy.

ELOGIO DELL'OMBRA
La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
L'animale è morto o è quasi morto.
Rimangono l'uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell'Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;

il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all'eternità.
I miei amici non hanno volto,

le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritorno.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall'Est, dall'Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.






Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo, noto come Jorge Luis Borges 
Buenos Aires 1899 - Ginevra 1986

55 commenti:

  1. La pioggia, Jorge Luis Borges

    Bruscamente il pomeriggio si è schiarito
    perché adesso cade una pioggia minuziosa.
    Cade o è caduta. La pioggia è una cosa
    che senza dubbio succede nel passato.

    Chi la sente cadere ha recuperato
    il tempo in cui sorte fortunatw
    gli rivelò un fiore chiamato rosa
    e lo strano colore del rosso.

    Questa pioggia che abbaglia i vetri
    rallegrerà gli sperduti sobborghi
    le nere uve di una vite in qualche

    cortile che non esiste più. La bagnata
    sera mi porta la voce, la desiderata voce
    di mio padre che ri torna e che non è morto.

    LA LLUVIA BORGES
    Bruscamente la tarde se ha aclarado
    Porque ya cae la lluvia minuciosa.
    Cae y cayó. La lluvia es una cosa
    Que sin duda sucede en el pasado.

    Quien la oye caer ha recobrado
    El tiempo en que la suerte venturosa
    Le reveló una flor llamada rosa
    Y el curioso color del colorado.

    Esta lluvia que ciega los cristales
    Alegrará en perdidos arrabales
    Las negras uvas de una parra en cierto

    Patio que ya no existe. La mojada
    Tarde me trae la voz, la voz deseada,
    De mi padre que vuelve y que no ha muerto.

    Grazie Babbo, per avermi insegnato che nei versi c'è sempre amore.
    Con gratitudine

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  2. UNA ROSA Y MILTON - JORGE LUIS BORGES

    De las generaciones de las rosas
    que en el fondo del tiempo se han perdido
    quiero que una se salve del olvido,
    una sin marca o signo entre las cosas
    que fueron. El destino me depara
    este don de nombrar por vez primera
    esa flor silenciosa, la postrera
    rosa que Milton acercó a su cara,
    sin verla. Oh tú bermeja o amarilla
    o blanca rosa de un jardín borrado,
    deja mágicamente tu pasado
    inmemorial y en este verso brilla,
    oro, sangre o marfil o tenebrosa
    como en sus manos, invisible rosa.

    UNA ROSA E MILTON - JORGE LUIS BORGES

    Delle generazioni delle rose
    che nel fondo del tempo si sono perdute
    voglio che una si salvi dall'oblio,
    una senza marchio o segno tra le cose
    che furono. Il destino mi concede
    questo dono di nominare per la prima volta
    quel fiore silenzioso, l'ultima
    rosa che Milton avvicinò al suo viso,
    senza vederla . Oh tu vermiglia o gialla
    o bianca rosa di un giardino cancellato,
    lascia magicamente il tuo passato
    immemorabile e in questi versi brilla,
    oro, sangue o avorio o tenebrosa
    come nelle sue mani, invisibile rosa.

    A ROSE AND MILTON - By Jorge Luis Borges (Translated by A.Z. Foreman)

    Amid the generations of the rose
    That in the deep of ages lie long gone
    I want one to be spared oblivion,
    Unmarked and undistinguished among those
    Bygone. I am bequeathed by destiny
    The privilege of bestowing the first name
    Upon that silent rose, the last and same
    Flower that Milton held and could not see
    Before his face. O Rutilant or white
    Or yellow rose from gardens long erased,
    Your immemorial past, by magic placed
    In the one present, is this verse's light:
    Gold, ivory, or blood, the shades enclose
    You, as his fingers once, invisible rose.

    Commento del libro: Milton divenne completamente cieco passati di poco i quarant'anni. L'attaccamento a Milton è in Borges in parte dovuto anche a questa coincidenza biografica della cecità. "Immagino Milton mentre avvicina la rosa al viso, ne odora il profumo, senza essere naturalmente in grado di dire se la rosa fosse bianca, o piuttosto rossa o gialla" (cit. Burgin).

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    1. una stele di Rosetta (di Milton)

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  3. Come vi immaginate il Paradiso? Per Borges il paradiso è una biblioteca..... o meglio, era: perché divenne direttore della Biblioteca Nacional quando era ormai cieco. Destino terribile, per tutti quelli che amano i libri. Il nominato Groussac fu un precedente direttore della biblioteca, anche lui cieco. Borges si immedesima nel suo predecessore, a cui lo accomunano e il mestiere, e l'handicap.

    Poesia dei doni (Jorge Luis Borge)

    Nessuno riduca a lacrima o rimprovero
    questa dichiarazione della maestria di
    Dio, che con magnifica ironia
    mi diede insieme i libri e la notte.
    Di questa città di libri fece padroni
    occhi privi di luce, che soltanto
    possono leggere nelle biblioteche dei sogni
    gli insensati paragrafi che cedono
    le albe al loro affanno. Invano il giorno
    prodiga per loro i suoi libri infiniti,
    ardui come gli ardui manoscritti
    che perirono ad Alessandria.
    Di fame e di sete (narra una storia greca)
    muore un re tra fontane e giardini
    io affatico senza rotta i confini
    di questa alta biblioteca cieca.
    Enciclopedie, atlanti, l’Oriente
    e l’Occidente, secoli, dinastie,
    simboli, cosmi e cosmogonie
    offrono i muri, ma inutilmente.
    Lento nella mia ombra, la penombra vuota
    esploro con il bastone indeciso,
    io, che mi raffiguravo il Paradiso
    sotto la forma di una biblioteca.
    Qualcosa, che certamente non si nomina
    con la parola caso, governa queste cose;
    un altro ricevette già in altre annebbiate
    sere i molti libri e l'ombra.
    Vagando per le lente gallerie
    sento spesso con orrore sacro
    che sono l'altro, il morto, che avrà fatto
    gli stessi passi negli stessi giorni.
    Quale dei due scrive questa poesia
    di un io plurale e di una sola ombra?
    Che importa la parola che mi nomina
    se è indiviso e uno l’anatema?
    Groussac o Borges, guardo questo caro
    mondo che si deforma e che si spegne
    in una pallida e vaga cenere
    che assomiglia al sonno e all’oblio.

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    1. Ecco l’originale:

      POEMA DE LOS DONES – JORGE LUIS BORGES
      A Maria Esther Vazquez

      Nadie rebaje a lágrima o reproche
      esta declaración de la maestría
      de Dios, que con magnífica ironía
      me dio a la vez los libros y la noche.

      De esta ciudad de libros hizo dueños
      a unos ojos sin luz, que sólo pueden
      leer en las bibliotecas de los sueños
      los insensatos párrafos que ceden

      las albas a su afán. En vano el día
      les prodiga sus libros infinitos,
      arduos como los arduos manuscritos
      que perecieron en Alejandría.

      De hambre y de sed (narra una historia griega)
      muere un rey entre fuentes y jardines;
      yo fatigo sin rumbo los confines
      de esta alta y honda biblioteca ciega.

      Enciclopedias, atlas, el Oriente
      y el Occidente, siglos, dinastías,
      símbolos, cosmos y cosmogonías
      brindan los muros, pero inútilmente.

      Lento en mi sombra, la penumbra hueca
      exploro con el báculo indeciso,
      yo, que me figuraba el Paraíso
      bajo la especie de una biblioteca.

      Algo, que ciertamente no se nombra
      con la palabra azar, rige estas cosas;
      otro ya recibió en otras borrosas
      tardes los muchos libros y la sombra.

      Al errar por las lentas galerías
      suelo sentir con vago horror sagrado
      que soy el otro, el muerto, que habrá dado
      los mismos pasos en los mismos días.

      ¿Cuál de los dos escribe este poema
      de un yo plural y de una sola sombra?
      ¿Qué importa la palabra que me nombra
      si es indiviso y uno el anatema?

      Groussac o Borges, miro este querido
      mundo que se deforma y que se apaga
      en una pálida ceniza vaga
      que se parece al sueño y al olvido.

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  4. BUENOS AIRES – JORGE LUIS BORGES

    Y la ciudad ahora es como un plano
    De mis humillaciones y fracasos;
    Desde esta puerta he visto los ocasos
    Y ante este mármol he aguardado en vano.
    Aquí el incierto ayer y el hoy distinto
    Me han deparado los comunes casos
    De toda suerte humana, aquí mis pasos
    Urden su incalculable laberinto.
    Aquí la tarde cenicienta espera
    El fruto que le debe la mañana;
    Aquí mi sombra en la no menos vana
    Sombra final se perderá, ligera.
    No nos une el amor sino el espanto;
    Será por eso que la quiero tanto.


    BUENOS AIRES – JORGE LUIS BORGES

    E la città, adesso, è come una mappa
    delle mie umiliazioni e fallimenti;
    da quella porta ho visto i tramonti
    e davanti a quel marmo ho aspettato invano.
    Qui l’incerto ieri e l’oggi diverso
    mi hanno offerto i comuni casi
    di ogni sorte umana; qui i miei passi
    ordiscono il loro incalcolabile labirinto.
    Qui la sera cenerognola aspetta
    il frutto che le deve il mattino;
    qui la mia ombra nulla non mena vana
    ombra finale si perderà, leggera.
    Non ci unisce l’amore ma lo spavento;
    sarà per questo che l’amo tanto.

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  5. Il bel sonetto che ho scelto è dedicato ad un re di Svezia e riporta una frase storica che mi piace moltissimo: SAPEVI CHE VINCERE O ESSERE VINTI/ SONO FACCE DI UN CASO INDIFFERENTE. A commento rubo un'altra frase storica, di De Gregori: La guerra è bella anche se fa male.... non perché io ami la guerra, ma perché questo signore ha rinunciato ai privilegi per combattere davvero e morire con la spada in mano, dimostrando che l'unica virtù è il coraggio. Lo trovo molto virile, molto eroico.

    A CARLO XII, JORGE LUIS BORGES

    Vichingo della steppa, Carlo dodicesimo
    di Svezia, che percorresti quel cammino
    dal Settentrione al Sud del tuo divino
    predecessore Odino, furono la tua gioia
    i travagli che muovono la memoria
    degli uomini al canto, la battaglia
    mortale, il duro orrore della mitraglia,
    la ferma spada e la sanguinosa gloria.
    Sapevi che vincere o essere vinti
    sono facce di un Caso indifferente,
    che non c'è altra virtù che essere coraggiosi
    e che il marmo, infine, sarà l'oblio.
    Ardi glaciale, più solo del deserto;
    nessun raggiunse la tua anima e ormai sei morto.


    A Carlos XII – Jorge Luis Borges


    Viking de las estepas, Carlos Doce

    De Suecia, que cumpliste aquel camino

    Del Septentrión al Sur de tu divino

    Antecesor Odín, fueron tu goce

    Los trabajos que mueven la memoria

    De los hombres al canto, la batalla

    Mortal, el duro horror de la metralla,

    La firme espada y la sangrienta gloria.

    Supiste que vencer o ser vencido

    Son caras de un Azar indiferente,

    Que no hay otra virtud que ser valiente

    Y que el mármol, al fin, será el olvido.

    Ardes glacial, más solo que el desierto;

    Nadie llegó a tu alma y ya estás muerto.

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    1. La bellissima frase riportata da MG continua con un verso considerato in assoluto il più significativo di tutta la poesia di Borges:
      "Que no hay otra virtud que ser valiente" (che non c'è altra virtù che essere coraggiosi).

      Borges ammira quest'eroe morto combattendo, provando l'invidia del letterato per l'uomo d'azione.

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  6. Grandissimo poeta e uomo, purtroppo ora devo correre, ma per stasera ne preparo una. Intanto complimenti a Giuseppe per aver scelto la poesia sul padre.

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  7. julia.junior14/05/13, 09:51

    E' uno dei miei poeti preferiti! E questa è la sua poesia che preferisco!

    COME POSSO TRATTENERTI, di Jorge Luis Borges
    Con cosa posso trattenerti?
    Ti offro strade difficili,
    tramonti disperati
    la luna di squallide periferie.
    Ti offro le amarezze di un uomo
    che ha guardato a lungo la triste luna.
    Ti offro i miei antenati,
    i miei morti,
    i fantasmi a cui i viventi hanno reso onore col marmo:
    il padre di mio padre ucciso sulla frontiera
    di Buenos Aires
    due pallottole attraverso i suoi polmoni,
    barbuto e morto,
    avvolto dai soldati nella pelle di una mucca
    il nonno di mia madre - appena ventiquattrenne -
    a capo di trecento uomini in Perù,
    ora fantasmi su cavalli svaniti.
    Ti offro qualsiasi intuizione sia nei miei libri,
    qualsiasi virilità o vita umana.
    Ti offro la lealtà di un uomo
    che non è mai stato leale.
    Ti offro quel nocciolo di me stesso
    che ho conservato, in qualche
    modo - il centro del cuore che
    non tratta con le parole, né coi
    sogni e non è toccato dal tempo,
    dalla gioia, dalle avversità.
    Ti offro il ricordo di una
    rosa gialla al tramonto,
    anni prima che tu nascessi.
    Ti offro spiegazioni di te stessa,
    teorie su di te, autentiche e
    sorprendenti notizie di te.
    Ti posso dare la mia tristezza,
    la mia oscurità, la fame del mio cuore
    cerco di corromperti con l'incertezza,
    il pericolo, la sconfitta.

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    1. ecco l'originale:

      TE OFREZCO - JORGE LUIS BORGES

      ¿Con qué puedo retenerte?
      Te ofrezco estrechas calles, atardeceres desesperados, la luna de los suburbios derruidos.
      Te ofrezco la amargura de un hombre que ha visto mucho tiempo la luna solitaria.
      Te ofrezco mis ancestros, mis hombres muertos, los fantasmas que los vivos han honrado en bronce: el padre de mi padre muerto en la frontera de Buenos Aires, dos balas atravesaron sus pulmones, barbado y muerto, fue envuelto por sus soldados en cuero de vaca; el abuelo de mi madre—con tan sólo veinticuatro años—encabezando una cargada de trescientos hombres en Perú, ahora fantasmas en caballos esfumados.
      Te ofrezco cualquier acierto que mis libros puedan encerrar, cualquier virilidad o humor en mi vida.
      Te ofrezco la lealtad de un hombre que nunca ha sido leal.
      Te ofrezco el centro de mí mismo que salvé de algún modo—el corazón central que no utiliza palabras, no trafica con sueños y está intocado por el tiempo, por la desdicha, por las adversidades.
      Te ofrezco el recuerdo de una rosa amarilla vista al atardecer, años antes de que nacieras.
      Te ofrezco explicaciones de ti mismo, teorías sobre ti mismo, autenticas y sorprendentes noticias de ti mismo.
      Te puedo dar mi soledad, mi oscuridad, el hambre de mi corazón; trato de sobornarte con la incertidumbre, con el peligro, con la derrota.

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  8. julia.junior14/05/13, 09:59

    Mi piace tanto anche questa

    IL RIMORSO, di Jorge Luis Borges

    Ho commesso il peggiore dei peccati
    che un uomo possa commettere. Non sono stato
    felice. Che i ghiacciai dell'oblio
    possano travolgermi e disperdermi, senza pietà.
    I miei mi generarono per il gioco
    rischioso e stupendo della vita,
    per la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco.
    Li frodai. Non fui felice. Realizzata
    non fu la giovane loro volontà. La mia mente
    si applicò alle simmetriche ostinatezze
    dell’arte che intreccia inezie.
    Ereditai valore. Non fui valoroso.
    Non mi abbandona, mi sta sempre a lato
    l’ombra d’essere stato un disgraziato.

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    1. ecco l'originale:

      EL REMORDIMIENTO - JORGE LUIS BORGES 1976

      He cometido el peor de los pecados
      que un hombre puede cometer. No he sido
      feliz. Que los glaciares del olvido
      me arrastren y me pierdan, despiadados.
      Mis padres me engendraron para el juego
      arriesgado y hermoso de la vida,
      para la tierra, el agua, el aire, el fuego.
      Los defraudé. No fui feliz. Cumplida
      no fue su joven voluntad. Mi mente
      se aplicó a las simétricas porfías
      del arte, que entreteje naderías.
      Me legaron valor. No fui valiente.
      No me abandona. Siempre está a mi lado
      La sombra de haber sido un desdichado.

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  9. Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
    Chi è contento che sulla terra esista la musica.
    Chi scopre con piacere una etimologia.
    Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
    Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
    Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
    Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
    Chi accarezza un animale addormentato.
    Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
    Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
    Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
    Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

    I Giusti

    (Jorge Luis Borges ”La cifra”. ) Specchio, Mondadori 1982)

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    1. ecco l'originale:

      LOS JUSTOS - JORGE LUIS BORGES

      Un Hombre que cultiva su jardín, como quería Voltaire.

      El que agradece que en la tierra haya música.

      El que descubre con placer una etimología.

      Dos empleados que en un café del Sur juegan un silenzioso ajedrez.

      El ceramista que premedita un color y una forma.

      El tipógrafo que compone bien esta página, que tal vez no le agrada.

      Una mujer y un hombre que leen los tercetos finales de cierto canto.

      El que acaricia a un animal dormido.

      El quel justifica o quiere justificar un mal que le han hecho.

      El que agradece que en la tierra haya Stevenson.

      El que prefiere que los otros tengan razón.

      Esas personas, que se ignoran, están salvando el mundo.

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  10. OTRO POEMA DE LOS DONES - JORGE LUIS BORGES

    Gracias quiero dar al divino Laberinto de los efectos y de las causas
    Por la diversidad de las criaturas que forman este singular universo,
    Por la razón, que no cesará de soñar con un plano del laberinto,
    Por el rostro de Elena y la perseverancia de Ulises,
    Por el amor, que nos deja ver a los otros como los ve la divinidad,
    Por el firme diamante y el agua suelta,
    Por el álgebra, palacio de precisos cristales,
    Por las místicas monedas de Ángel Silesio,
    Por Schopenhauer, que acaso descifró el universo,
    Por el fulgor del fuego,
    Que ningún ser humano puede mirar sin un asombro antiguo,
    Por la caoba, el cedro y el sándalo,
    Por el pan y la sal,
    Por el misterio de la rosa, que prodiga color y que no lo ve,
    Por ciertas vísperas y días de 1955,
    Por los duros troperos que en la llanura arrean los animales y el alba,
    Por la mañana en Montevideo,
    Por el arte de la amistad,
    Por el último día de Sócrates,
    Por las palabras que en un crepúsculo se dijeron de una cruz a otra cruz,
    Por aquel sueño del Islam que abarcó mil noches y una noche,
    Por aquel otro sueño del infierno,
    De la torre del fuego que purifica
    Y de las esferas gloriosas,
    Por Swedenborg, que conversaba con los ángeles en las calles de Londres,
    Por los ríos secretos e inmemoriales que convergen en mí,
    Por el idioma que, hace siglos, hablé en Nortumbria,
    Por la espada y el arpa de los sajones,
    Por el mar, que es un desierto resplandeciente
    Y una cifra de cosas que no sabemos
    Y un epitafio de los vikings,
    Por la música verbal de Inglaterra,
    Por la música verbal de Alemania,
    Por el oro, que relumbra en los versos,
    Por el épico invierno,
    Por el nombre de un libro que no he leído: Gesta Dei per Francos,
    Por Verlaine, inocente como los pájaros,
    Por el prisma de cristal y la pesa de bronce,
    Por las rayas del tigre,
    Por las altas torres de San Francisco y de la isla de Manhattan,
    Por la mañana en Texas,
    Por aquel sevillano que redactó la Epístola Moral
    Y cuyo nombre, como él hubiera preferido, ignoramos,
    Por Séneca y Lucano, de Córdoba
    Que antes del español escribieron
    Toda la literatura española,
    Por el geométrico y bizarro ajedrez
    Por la tortuga de Zenón y el mapa de Royce,
    Por el olor medicinal de los eucaliptos,
    Por el lenguaje, que puede simular la sabiduría,
    Por el olvido, que anula o modifica el pasado,
    Por la costumbre, que nos repite y nos confirma como un espejo,
    Por la mañana, que nos depara la ilusión de un principio,
    Por la noche, su tiniebla y su astronomía,
    Por el valor y la felicidad de los otros,
    Por la patria, sentida in los jazmines, o en una vieja espada,
    Por Whitman y Francisco de Asís, que ya escribieron el poema,
    Por el hecho de que el poema es inagotable
    Y se confunde con la suma de las criaturas
    Y no llegará jamás al último verso
    Y varía según los hombres,
    Por Frances Haslam, que pidió perdón a sus hijos por morir tan despacio,
    Por los minutos que preceden al sueño,
    Por el sueño y la muerte, esos dos tesoros ocultos,
    Por los íntimos dones que no enumero,
    Por la música, misteriosa forma del tiempo.

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    1. UN'ALTRA POESIA DEI DONI - JORGE LUIS BORGES

      Ringraziare voglio il divino
      labirinto degli effetti e delle cause
      per la diversità delle creature
      che compongono questo singolare universo,
      per la ragione, che non cesserà di sognare
      un qualche disegno del labirinto,
      per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
      per l’amore, che ci fa vedere gli altri
      come li vede la divinità,
      per il saldo diamante e l’acqua sciolta,
      per l’algebra, palazzo dai precisi cristalli,
      per le mistiche monete di Angelus Silesius,
      per Schopenhauer,
      che forse decifrò l’universo,
      per lo splendore del fuoco
      che nessun essere umano può guardare senza uno stupore antico,
      per il mogano, il cedro e il sandalo,
      per il pane e il sale,
      per il mistero della rosa
      che prodiga colore e non lo vede,
      per certe vigilie e giornate del 1955,
      per i duri mandriani che nella pianura
      aizzano le bestie e l’alba,
      per il mattino a Montevideo,
      per l’arte dell’amicizia,
      per l’ultima giornata di Socrate,
      per le parole che in un crepuscolo furono dette
      da una croce all’altra,
      per quel sogno dell’Islam che abbracciò
      mille notti e una notte,
      per quell’altro sogno dell’inferno,
      della torre del fuoco che purifica,
      e delle sfere gloriose,
      per Swedenborg,
      che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
      per i fiumi segreti e immemorabili
      che convergono in me,
      per la lingua che, secoli fa, parlai nella Northumbria,
      per la spada e l’arpa dei sassoni,
      per il mare, che è un deserto risplendente
      e una cifra di cose che non sappiamo,
      per la musica verbale dell’Inghilterra,
      per la musica verbale della Germania,
      per l’oro, che sfolgora nei versi,
      per l’epico inverno,
      per il nome di un libro che non ho letto: Gesta Dei per Francos,
      per Verlaine, innocente come gli uccelli,
      per il prisma di cristallo e il peso d’ottone,
      per le strisce della tigre,
      per le alte torri di San Francisco e dell’isola di Manhattan,
      per il mattino nel Texas,
      per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale,
      e il cui nome, come egli avrebbe preferito, ignoriamo,
      per Seneca e Lucano, di Cordova,
      che prima dello spagnolo scrissero
      tutta la letteratura spagnola,
      per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
      per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
      per l’odore medicinale degli eucalipti,
      per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
      per l’oblio, che annulla o modifica il passato,
      per la consuetudine,
      che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
      per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio,
      per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
      per il coraggio e la felicità degli altri,
      per la patria, sentita nei gelsomini
      o in una vecchia spada,
      per Whitman e Francesco d’Assisi, che scrissero già questa poesia,
      per il fatto che questa poesia è inesauribile
      e si confonde con la somma delle creature
      e non arriverà mai all’ultimo verso
      e cambia secondo gli uomini,
      per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
      perché moriva così lentamente,
      per i minuti che precedono il sonno,
      per il sonno e la morte,
      quei due tesori occulti,
      per gli intimi doni che non elenco,
      per la musica, misteriosa forma del tempo.

      da El otro, el mismo (1964)

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    2. Straordinario ringraziamento per quello che lo ha dissetato nella sua infinita sete di sapere, ... praticamente un sommario nel quale è facile individuare la simbologia delle sue poesie. Le annotazioni potrebbero essere migliaia, ma ne voglio fare solo un paio, relative ad un verso che mi ha entusiasmato: "per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce".In un articolo Borges riassume il notissimo paradosso narrato da Zenone: Achille deve raggiungere la tartaruga, ma essendo più veloce le concede dieci metri di vantaggio. Achille percorre i dieci metri, ma la tartaruga intanto ha percorso un metro. Achille percorre il metro, ma la tartaruga intanto ha percorso un decimetro.... e così via, senza che Achille possa mai raggiungerla. Royce invece ipotizza di disegnare, su un'area dell'Inghilterra, una mappa dell'Inghilterra medesima e perfettamente particolareggiata, quindi riportante anche l'area con la mappa e i suoi particolari, tra cui la mappa coi suoi particolari.... e avanti così all'infinito.
      E questi due esempi spiegano molto bene quella sensazione da matrioska di cui ho parlato nell'introduzione.

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  11. Scelgo un'altra poesia sulle rose, perchè Borges ne parla spesso, e deve averle amate quanto me.

    La rosa, di Jorge Luis Borges (a Judith Machado)

    La rosa,
    l’immarcescibile rosa che non canto,
    quella che è peso e fragranza,
    quella del nero giardino nella notte profonda,
    quella di qualunque giardino e di qualunque sera,
    la rosa che risorge dalla tenue
    cenere per arte d’alchimia,
    la rosa dei persiani e di Ariosto,
    quella che è sempre sola,
    quella che è sempre la rosa delle rose,
    il giovane fiore platonico,
    l’ardente e cieca rosa che non canto,
    la rosa irraggiungibile.


    La rosa,
    la inmarcesible rosa que no canto,
    la que es peso y fragancia,
    la del negro jardín en la alta noche,
    la de cualquier jardín y cualquier tarde,
    la rosa que resurge de la tenue
    ceniza por el arte de la alquimia,
    la rosa de los persas y de Ariosto,
    la que siempre está sola,
    la que siempre es la rosa de las rosas,
    la joven flor platónica,
    la ardiente y ciega rosa que no canto,
    la rosa inalcanzable.

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  12. IL SUR - Jorge Luis Borges

    Da uno dei tuoi cortili aver guardato
    le antiche stelle,
    dalla panchina dell'ombra aver guardato
    quelle luci disperse
    che la mia ignoranza non ha imparato a nominare
    né a ordinare in costellazioni,
    aver sentito il cerchio dell'acqua
    nella segreta cisterna,
    l'odore del gelsomino e della madreselva,
    il silenzio dell'uccello addormentato,
    l'arco dell'androne, l'umidità
    - queste cose, forse, sono la poesia.

    El Sur - Jorge Luis Borges - Fervor de Buenos Aires (1923)

    Desde uno de tus patios haber mirado
    las antiguas estrellas,
    desde el banco de
    la sombra haber mirado
    esas luces dispersas
    que mi ignorancia no ha aprendido a nombrar
    ni a ordenar en constelaciones,
    haber sentido el círculo del agua
    en el secreto aljibe,
    el olor del jazmín y la madreselva,
    el silencio del pájaro dormido,
    el arco del zaguán, la humedad
    -esas cosas, acaso, son el poema.

    Per assaporare lo sbigottimento del piccolo uomo davanti al creato, questa poesia va letta procedendo lentamente per immagini, come un pittore col pennello in mano pronto a riportarle su tela. E' fantastica.

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    1. In alcuni libri "el Sur" viene tradotto come "il Sur", in altre come "il Sud". In ogni caso Sur non è semplicemente un quartiere, è un mondo a se stante, come Portobello a Londra, o il Pilastro a Bologna (e non lo dico certo in senso dispregiativo, ma solo come identificatore di una precisa identità aggregante).

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  13. SCACCHI - Jorge Luis Borges
    I
    Nel loro angolo grave, i giocatori
    governano i lenti pezzi. La scacchiera
    li trattiene fino all’alba nel suo severo
    ambito in cui si odiano i due colori.
    Dentro irraggiano magici rigori
    le forme : torre omerica, svelto
    cavallo, armata regina, re ultimo,
    obliquo alfiere e pedoni aggressori.
    Quando i giocatori se ne saranno andati,
    quando il tempo li avrà consumati,
    certamente non sarà cessato il rito.
    Nell’Oriente si accese questa guerra
    il cui anfiteatro è ora tutta la terra.
    Come l’altro, questo gioco è infinito.
    II
    Tenue re, sghembo alfiere, accanita
    regina, torre diritta e pedone scaltro
    sopra il nero e il bianco sentiero
    cercano e combattono il loro scontro armato.
    Non sanno che la mano designata
    del giocatore comanda il loro fato,
    non sanno che un rigore adamantino
    regge il loro arbitrio e il loro viaggio.
    E pure il giocatore è prigioniero
    ( la sentenza è di Omar ) di un’altra scacchiera
    di nere notti e di bianchi giorni.
    Dio muove il giocatore, e questi, il pezzo.
    Quale Dio dietro Dio dà inizio alla trama
    di polvere e tempo e sogno e agonie ?

    AJEDREZ - Jorge Luis Borges
    I
    En su grave rincón, los jugadores
    rigen las lentas piezas. El tablero
    los demora hasta el alba en su severo
    ámbito en que se odian dos colores.
    Adentro irradian mágicos rigores
    las formas: torre homérica, ligero
    caballo, armada reina, rey postrero,
    oblicuo alfil y peones agresores.
    Cuando los jugadores se hayan ido,
    cuando el tiempo los haya consumido,
    ciertamente no habrá cesado el rito.
    En el Oriente se encendió esta guerra
    cuyo anfiteatro es hoy toda la tierra.
    Como el otro, este juego es infinito.
    II
    Tenue rey, sesgo alfil, encarnizada
    reina, torre directa y peón ladino
    sobre lo negro y blanco del camino
    buscan y libran su batalla armada.
    No saben que la mano señalada
    del jugador gobierna su destino,
    no saben que un rigor adamantino
    sujeta su albedrío y su jornada.
    También el jugador es prisionero
    (la sentencia es de Omar) de otro tablero
    de negras noches y blancos días.
    Dios mueve al jugador, y éste, la pieza.
    ¿Qué Dios detrás de Dios la trama empieza
    de polvo y tiempo y sueño y agonías?

    Noi siamo pedine, e non possiamo decidere la nostra sorte, essendo mossi da Dio. ma se questo Dio fosse mosso da un altro Dio, o da un uomo addirittura? E se questo uomo fosse mosso da un ulteriore Dio, a sua volta mosso da un altro uomo? E così, all'infinito, in un gioco di rimandi speculari che rendono vano ogni nostro impuntarci, o ribellarci. Teoria orientale, ovviamente, sulla mancanza del libero arbitrio: ho sempre pensato che l'Oriente avesse la vista oltre l'orizzonte. Anche il gioco degli scacchi rappresenta bene la visione delle scatole a scomparsa di cui hai parlato, e che sarà ancora più evidente con la poesia sugli specchi.

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  14. Eccola:

    LOS ESPEJOS - JORGE LUIS BORGES

    Yo que sentí el horror de los espejos
    No sólo ante el cristal impenetrable
    Donde acaba y empieza, inhabitable,
    un imposible espacio de reflejos

    Sino ante el agua especular que imita
    El otro azul en su profundo cielo
    Que a veces raya el ilusorio vuelo
    Del ave inversa o que un temblor agita

    Y ante la superficie silenciosa
    Del ébano sutil cuya tersura
    Repite como un sueño la blancura
    De un vago mármol o una vaga rosa,

    Hoy, al cabo de tantos y perplejos
    Años de errar bajo la varia luna,
    Me pregunto qué azar de la fortuna
    Hizo que yo temiera los espejos.

    Espejos de metal, enmascarado
    Espejo de caoba que en la bruma
    De su rojo crepúsculo disfuma
    Ese rostro que mira y es mirado,

    Infinitos los veo, elementales
    Ejecutores de un antiguo pacto,
    Multiplicar el mundo como el acto
    Generativo, insomnes y fatales.

    Prolongan este vano mundo incierto
    En su vertiginosa telaraña;
    A veces en la tarde los empaña
    El hálito de un hombre que no ha muerto.

    Nos acecha el cristal. Si entre las cuatro
    Paredes de la alcoba hay un espejo,
    Ya no estoy solo. Hay otro. Hay el reflejo
    Que arma en el alba un sigiloso teatro.

    Todo acontece y nada se recuerda
    En esos gabinetes cristalinos
    Donde, como fantásticos rabinos,
    Leemos los libros de derecha a izquierda.

    Claudio, rey de una tarde, rey soñado,
    No sintió que era un sueño hasta aquel día
    En que un actor mimó su felonía
    Con arte silencioso, en un tablado.

    Que haya sueños es raro, que haya espejos,
    Que el usual y gastado repertorio
    De cada día incluya el ilusorio
    Orbe profundo que urden los reflejos.

    Dios (he dado en pensar) pone un empeño
    En toda esa inasible arquitectura
    Que edifica la luz con la tersura
    Del cristal y la sombra con el sueño.

    Dios ha creado las noches que se arman
    De sueños y las formas del espejo
    Para que el hombre sienta que es reflejo
    Y vanidad. Por eso nos alarman.

    GLI SPECCHI - JORGE LUIS BORGES

    Io, che sentii l'orrore degli specchi
    non solo davanti al vetro impenetrabile
    dove finisce e incomincia, inabitabile,
    un impossibile spazio di riflessi

    ma davanti all'acqua speculare che imita
    l'altro azzurro nel suo profondo cielo
    che a volte riga l'illusorio volo
    d'uccello inverso o agita un tremore

    e davanti alla distesa silenziosa
    del sottile ebano la cui limpidezza
    ripete come un sogno il biancore
    d'un vago marmo o d'una vaga rosa,

    oggi, dopo aver vagato tanti e perplessi
    anni sotto la diversa luna,
    mi chiedo quale caso della fortuna
    ha fatto sì che io temessi gli specchi.

    Gli specchi di metallo, il mascherato
    specchio di mogano che nella foschia
    del suo rossastro crepuscolo sfuma
    il volto che guarda ed è guardato,

    infiniti li vedo, elementari
    esecutori d'un antico patto,
    moltiplicare il mondo come l'atto
    generativo, insonni e fatali.

    Prolungano questo vano mondo incerto
    nella loro vertiginosa ragnatela;
    a volte nelle sere li appanna
    l'alito di un uomo che non è morto.

    Sta in agguato il cristallo. Se tra i quattro
    muri dell'alcova c'è uno specchio,
    non sono più solo. C'è un altro. C'è il riflesso
    che un teatro segreto monta all'alba.

    Tutto accade e niente si ricorda
    in quei gabinetti cristallini
    dove, come fantastici rabbini,
    leggiamo i libri da destra a sinistra.

    Claudio, re di una sera, re sognato,
    non sentì di essere un sogno fino a quel giorno
    in cui un attore mimò la sua scelleratezza
    con arte silenziosa, sopra un palco.

    E' strano che ci siano sogni, che ci siano specchi,
    che l'usuale e consumato repertorio
    di ogni giorno includa l'illusorio
    orbe profondo che ordiscono i riflessi.

    Dio (ho pensato) mette molta cura
    in tutta quella inafferrabile architettura
    che la luce edifica con la limpidezza
    del cristallo e l'ombra con il sogno.

    Dio ha creato le notti che si armano
    di sogni e le forme dello specchio
    perché l'uomo senta che è riflesso
    e vanità. Per questo ci allarmano.



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    1. Ci sono elementi fissi, nelle poesie di Borges, come gli specchi, gli scacchi, le tigri, le armi, la rosa. Tutti profondamente significativi, ma sicuramente i più inquietanti sono appunto gli specchi. Si moltiplicano le immagini come per magia lasciandoci intatti o forse hanno intaccato la nostra anima? Come possiamo guardarci allo specchio e riconoscerci oltre ogni dubbio? E se si rompe l'immagine in mille incrinature cosa rimane di noi? Queste riflessioni possono portare alla follia, perché se esiste qualcosa in grado di moltiplicarsi più delle immagini negli specchi, è certamente il pensare di pensare. E questo, per dirla con Borges, ci allarma.

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  15. Straziante, emozionante, bellissima!

    ISTANTES - de: Jorge Luís Borges.

    Si pudiera vivir nuevamente mi vida.
    En la próxima, trataría de cometer mas errores.
    No intentaría ser tan perfecto, me relajaría mas.
    Sería mas tonto de lo que he sido,
    de hecho tomaría muy pocas cosas con seriedad.

    Sería menos higiénico, correría mas riesgos.
    Haría mas viajes, contemplaría mas atardeceres,
    subiría mas montañas, nadaría mas ríos.

    Iría a mas lugares donde nunca he ido,
    comería mas helados y menos habas.
    Tendría mas problemas reales y menos imaginarios.

    Yo fui una de esas personas que vivió sensata y prolíficamente
    cada minuto de su vida.
    Claro que tuve momentos de alegría, pero si pudiese volver atrás,
    trataría de tener solamente buenos momentos.

    Por si no lo saben, de eso está hecha la vida, solo de momentos.
    No te pierdas el ahora.
    Yo era uno de esos que nunca iba a ninguna parte, sin un termómetro,
    una bolsa de agua caliente, un paraguas y un paracaídas.
    Si pudiese volver a vivir, viajaría mas liviano.

    Si pudiera volver a vivir, comenzaría a andar descalzo a principios de la primavera y seguirá así hasta concluir el otoño.
    Daría mas vueltas en calesita, contemplaría mas amaneceres y jugaría con niños.
    Si tuviera otra vez la vida por delante.
    Pero ya ven, tengo 85 años y sé que me estoy muriendo.


    ISTANTI – JORGE LUIS BORGES
    Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
    Nella prossima cercherei di commettere più errori.
    Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
    Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
    di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
    Sarei meno igienico.
    Correrei più rischi,
    farei più viaggi,
    contemplerei più tramonti,
    salirei più montagne,
    nuoterei in più fiumi.
    Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
    mangerei più gelati e meno fave,
    avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.
    Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
    della loro vita sensati e con profitto;
    certo che mi sono preso qualche momento di allegria.
    Ma se potessi tornare indietro, cercherei
    di avere soltanto momenti buoni.
    Chè, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
    di momenti: non perdere l'adesso.
    Io ero uno di quelli che mai
    andavano da nessuna parte senza un termometro,
    una borsa dell'acqua calda,
    un ombrello e un paracadute;
    se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
    Se potessi tornare a vivere
    comincerei ad andare scalzo all'inizio
    della primavera
    e resterei scalzo fino alla fine dell'autunno.
    Farei più giri in calesse,
    guarderei più albe,
    e giocherei con più bambini,
    se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
    Ma vedete, ho 85 anni
    e so che sto morendo.

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  16. Borges, pur viaggiando moltissimo, in realtà è sempre rimasto col cuore a Buenos Aires. Già da molto giovane aveva descritto la sua città con uno dei migliori libri che io abbia mai letto: Fervor de Buenos Aires, pubblicato nel 1923 quando aveva appena 23 anni, da cui scelgo questa poesia. Parla della sera, il momento migliore.

    La plaza San Martín - Jorge Luis Borges
    A Macedonio Fernández

    En busca de la tarde
    fui apurando en vano las calles.
    Ya estaban los zaguanes entorpecidos de sombra.
    Con fino bruñimiento de caoba
    la tarde entera se había remansado en la plaza,
    serena y sazonada,
    bienhechora y sutil como una lámpara,
    clara como una frente,
    grave como un ademán de hombre enlutado.

    Todo sentir se aquieta
    bajo la absolución de los árboles
    —jacarandás, acacias—
    cuyas piadosas curvas
    atenúan la rigidez de la imposible estatua
    y en cuya red se exalta
    la gloria de las luces equidistantes
    del leve azul y de la tierra rojiza.

    ¡Qué bien se ve la tarde
    desde el fácil sosiego de los bancos!
    Abajo
    el puerto anhela latitudes lejanas
    y la honda plaza igualadora de almas
    se abre como la muerte, como el sueño.

    PIAZZA SAN MARTIN - JORGE LUIS BORGES
    a Macedonio Fernandez

    In cerca della sera
    avevo invano esaurito ogni strada.
    Già l'ombra invadeva gli atri delle case.
    Con fine lucentezza di mogano
    la sera tutta riposava nella piazza,
    calma e matura,
    benefica e sottile come un lume,
    chiara come una fonte,
    grave come contegno d'uomo in lutto.
    Ogni affanno si acquieta
    sotto l'assoluzione degli alberi
    -jacarandas, acacie-
    che con pietose curve attenuano
    la rigidità dell'impossibile statua
    e con il loro intrico esaltano
    la gloria delle luci equidistanti
    dal tenue azzurro e dalla terra rossiccia.
    Come si vede bene la sera
    dalla facile tranquillità delle panchine!
    Più in basso
    il porto anela latitudini lontane
    e la profonda piazza livellatrice d'anime
    s'apre come la morte, come il sonno.


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    1. ecco la poesia che cercavo, quella in cui dichiara la sua assoluta appartenenza a Baires:

      ARRABAL - JORGE LUIS BORGES
      A Guillermo de Torre

      El arrabal es el reflejo de nuestro tedio.
      Mis pasos claudicaron
      cuando iban a pisar el horizonte
      y quedé entre las casas,
      cuadriculadas en manzanas
      diferentes e iguales
      como si fueran todas ellas
      monótonos recuerdos repetidos
      de una sola manzana.

      El pastito precario
      desesperadamente esperanzado,
      salpicaba las piedras de la calle
      y divisé en la hondura
      los naipes de colores del poniente
      y sentí Buenos Aires.

      Esta ciudad que yo creí mi pasado
      es mi porvenir, mi presente;
      los años que he vivido en Europa son ilusorios,
      yo estaba siempre (y estaré) en Buenos Aires.

      SOBBORGO - JORGE LUIS BORGES
      A Guillermo de Torre

      Il sobborgo è il riflesso del nostro tedio.
      I miei passi hanno esitato
      sul punto di calcare l'orizzonte
      e son rimasto tra le case
      quadrettate in isolati
      differenti e uguali
      come se tutti fossero
      monotoni ricordi ripetuti
      in unico isolato.
      L'erbetta precaria
      disperatamente speranzosa,
      spruzzava le pietre della strada
      e o veduto il tramonto in lontananza
      coi suoi colori di carte da gioco
      e ho sentito Buenos Aires.
      Questa città che credevo il mio passato
      è il mio avvenire, il mio presente;
      gli anni vissuti in Europa sono illusori,
      io sono stato sempre (e starò) a Buenos Aires.

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  17. Il famelico (o malefico) bisogno di trovare consolazione in un libro mi ha fatto arrivare a questa (inarrivabile) poesia. E' trascorso un anno, molte cose si sono succedute, ma la poesia, i suoi versi, il suo dolore, sono intatti.

    AUSENCIA - Jorge Luis Borges


    Habré de levantar la vasta vida
    que aún ahora es tu espejo:
    cada mañana habré de reconstruirla.
    Desde que te alejaste,
    cuántos lugares se han tornado vanos
    y sin sentido, iguales
    a luces en el día.
    Tardes que fueron nicho de tu imagen,
    músicas en que siempre me aguardabas,
    palabras de aquel tiempo,
    yo tendré que quebrarlas con mis manos.
    ¿En qué hondonada esconderé mi alma
    para que no vea tu ausencia
    que como un sol terrible, sin ocaso,
    brilla definitiva y despiadada?
    Tu ausencia me rodea
    como la cuerda a la garganta,
    el mar al que se hunde.

    ASSENZA - JORGE LUIS BORGES

    Dovrò di nuovo erigere la vasta vita,
    specchio di te ancora:
    dovrò ricostruirla ogni mattina.
    Ora che non ci sei,
    quanti luoghi son diventati vani
    e senza senso, uguali
    a lampade di giorno.
    Sere che ti hanno accolto come nicchie,
    musiche dove trovavo te ad attendermi,
    parole di quel tempo,
    dovrò distruggervi con queste mani.
    In quale baratro potrò celare l'anima
    perché non veda la tua assenza,
    fulgida come un sole orribile
    che non tramonta mai, spietata, eterna?
    La tua assenza mi sta attorno
    come la coda al collo,
    come il mare a chi affoga.

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    1. come la CORÐA al collo - penultimo verso.

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  18. Complimenti!!! Non avevo mai pensato che dietro una poesia, o un poeta, ci potessero essere tante idee e tante emozioni! Bravi

    RispondiElimina
  19. Jorge Luis Borges - Arte poetica (da “L’artefice”, 1960)

    Guardare il fiume fatto di tempo e d’acqua
    e ricordare che il tempo è un altro fiume.
    Sapere che ci perdiamo come il fiume
    e che passano i volti come l’acqua.

    Sentire che la veglia è un altro sogno,
    sogno di non sognare e la morte
    che il nostro corpo teme è questa morte
    di ogni notte, che chiamiamo sonno.

    Vedere nel giorno o nell’anno un simbolo
    dei giorni dell’uomo e dei suoi anni,
    trasfigurare l’oltraggio degli anni
    in una musica, un rumore, un simbolo,

    vedere nella morte il sonno, nel tramonto
    un triste oro, questo è la poesia
    che è povera e immortale. La poesia
    si volge come l’aurora e il tramonto.

    Talora nel crepuscolo un volto
    ci guarda dal fondo di uno specchio;
    l’arte deve esser come quello specchio
    che ci rivela il nostro proprio volto.

    Ulisse, dicono, stanco di prodigi,
    pianse d’amore, scorgendo la sua Itaca
    umile e verde. L’arte è quell’Itaca
    di verde eternità, non di prodigi.

    È anche come il fiume senza fine
    che passa e resta; è specchio di uno stesso
    Eraclito incostante, uno e diverso
    sempre, come il fiume senza fine.

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    1. Jorge Luis Borges - Arte Poética

      Mirar el río hecho de tiempo y agua
      y recordar que el tiempo es otro río,
      saber que nos perdemos como el río
      y que los rostros pasan como el agua.

      Sentir que la vigilia es otro sueño
      que sueña no soñar y que la muerte
      que teme nuestra carne es esa muerte
      de cada noche, que se llama sueño.

      Ver en el día o en el año un símbolo
      de los días del hombre y de sus años,
      convertir el ultraje de los años
      en una música, un rumor y un símbolo,

      ver en la muerte el sueño, en el ocaso
      un triste oro, tal es la poesía
      que es inmortal y pobre. La poesía
      vuelve como la aurora y el ocaso.

      A veces en las tardes una cara
      nos mira desde el fondo de un espejo;
      el arte debe ser como ese espejo
      que nos revela nuestra propia cara.

      Cuentan que Ulises, harto de prodigios,
      lloró de amor al divisar su Itaca
      verde y humilde. El arte es esa Itaca
      de verde eternidad, no de prodigios.

      También es como el río interminable
      que pasa y queda y es cristal de un mismo
      Heráclito inconstante, que es el mismo
      y es otro, como el río interminable.

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  21. I miei libri - Jorge Luis Borges

    I miei libri (che non sanno che io esisto)
    sono parte di me come questo viso
    dalle tempie grigie e dagli occhi grigi
    che cerco vanamente nei cristalli
    e che percorro con la mano concava.
    Non senza una certa logica amarezza
    penso che le parole essenziali
    che mi esprimono sono in quelle pagine
    che non sanno chi sono io, non in quelle che ho scritto.
    Meglio così. Le voci dei morti
    mi diranno per sempre.

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    1. ecco l'originale:

      MIS LIBROS - JORGE LUIS BORGES

      Mis libros (que no saben que yo existo)
      son tan parte de mí como este rostro
      de sienes grises y de grises ojos
      que vanamente busco en los cristales
      y que recorro con la mano cóncava.
      No sin alguna lógica amargura
      pienso que las palabras esenciales
      que me expresan están en esas hojas
      que no saben quién soy, no en las que he escrito.
      Mejor así. Las voces de los muertos
      me dirán para siempre.

      autógrafo
      Jorge Luis Borges

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  22. La notte ciclica - Jorge Luis Borges

    Lo sapevano gli ardui alunni di Pitagora:
    come le stelle tornano ciclicamente gli uomini;
    ripeteranno gli atomi fatali l'incalzante
    Afrodite dorata, i tebani, le agore.

    In epoche future opprimerà il centauro
    col piede solidungo il petto del lapita;
    fatta polvere Roma, gemerà il minotauro
    nell'infinita notte del suo palazzo fetido.

    Ritornerà ogni notte d'insonnia, minuziosa.
    Dal medesimo ventre rinascerà la mano
    che adesso scrive. Eserciti di ferro costruiranno
    l'abisso (David Hume disse la stessa cosa).

    Non so se torneremo in un secondo ciclo
    come le cifre d'una frazione periodica;
    ma so che un misterioso rotare pitagorico
    ogni notte mi lascia in un luogo del mondo

    che è di periferia. Un angolo remoto
    che può trovarsi a nord, oppure a sud o a ovest,
    ma ha sempre un muricciolo di un pallido celeste,
    un folto fico scuro e un marciapiede rotto.

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    1. ecco l'originale (e integrale):

      La noche cíclica - Jorge Luis Borges
      De «El otro, el mismo», en Obra poética

      Lo supieron los arduos alumnos de Pitágoras:
      Los astros y los hombres vuelven cíclicamente;
      Los átomos fatales repetirán la urgente
      Afrodita de oro, los tebanos, las ágoras.

      En edades futuras oprimirá el centauro
      Con el casco solípedo el pecho del lapita;
      Cuando Roma sea polvo, gemirá en la infinita
      Noche de su palacio fétido el minotauro.

      Volverá toda noche de insomnio: minuciosa.
      La mano que esto escribe renacerá del mismo
      Vientre. Férreos ejércitos construirán el abismo.
      (David Hume de Edimburgo dijo la misma cosa.)

      No sé si volveremos en un ciclo segundo
      Como vuelven las cifras de una fracción periódica;
      Pero sé que una oscura rotación pitagórica
      Noche a noche me deja en un lugar del mundo.

      Que es de los arrabales. Una esquina remota
      Que puede ser del norte, del sur o del oeste,
      Pero que tiene siempre una tapia celeste,
      Una higuera sombría y una vereda rota.

      Ahí está Buenos Aires. El tiempo que a los hombres
      Trae el amor o el oro, a mí apenas me deja
      Esta rosa apagada, esta vana madeja
      pe calles que repiten los pretéritos nombres

      De mi sangre: Laprida, Cabrera, Soler, Suárez...
      Noiñbres en que retumban (ya secretas) las dianas,
      Las repúblicas, los caballos y las mañanas,
      Las felices victorias, las muertes militares.

      Las plazas agravadas por la noche sin dueño
      Son los patios profundos de un árido palacio
      Y las calles unánimes que engendran el espacio
      Son corredores de vago miedo y de sueño.

      Vuelve la noche cóncava que descifró Anaxágoras;
      Vuelve a mi carne humana la eternidad constante
      Y el recuerdo ¿el proyecto? de un poema incesante:
      «Lo supieron los arduos alumnos de Pitágoras...»



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  23. Ringrazio Titti D.L.

    SABATI - JORGE LUIS BORGES

    Là fuori c’è un tramonto, gemma oscura
    incastonata nel tempo,
    e una profonda città cieca
    di uomini che non ti videro.
    La sera tace o canta.
    Qualcuno libera gli aneliti
    crocifissi in un piano.
    Sempre, la numerosa tua bellezza.

    Anche quando non ami
    la tua bellezza
    prodiga il suo miracolo nel tempo.
    Sta in te la gioia
    come la primavera nella foglia tenera.
    Io non sono più niente,
    soltanto un desiderio
    smarrito nella sera.
    La delizia sta in te
    come la crudeltà sta nelle spade.

    La notte opprime l’inferriata.
    Nell'austero salone
    come ciechi si cercano le nostre solitudini.
    Sopravvive glorioso all'imbrunire
    il candore della tua pelle.
    Nel nostro amore c’è una pena
    che assomiglia all'anima.

    Tu,
    ieri soltanto tutta la bellezza
    sei anche tutto l’amore, adesso.

    da "Fervore di Buenos Aires", 1923

    ***

    Sábados (Jorge Luis Borges)

    Afuera hay un ocaso, alhaja oscura
    engastada en el tiempo,
    y una honda ciudad ciega
    de hombres que no te vieron.
    La tarde calla o canta.
    Alguien descrucifica los anhelos
    clavados en el piano.
    Siempre, la multitud de tu hermosura.

    A despecho de tu desamor
    tu hermosura
    prodiga su milagro por el tiempo.
    Esta en ti la ventura
    como la primavera en la hoja nueva.
    Ya casi no soy nadie,
    soy tan solo ese anhelo
    que se pierde en la tarde.
    En ti esta la delicia
    como esta la crueldad en las espadas.

    Agravando la reja esta la noche.
    En la sala severa
    se buscan como ciegos nuestras dos soledades.
    Sobrevive a la tarde
    la blancura gloriosa de tu carne.
    En nuestro amor hay una pena
    que se parece al alma.


    que ayer solo eras toda hermosura
    eres tambien todo amor, ahora.

    da "Fervor de Buenos Aires", 1923

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  24. Questa è la celeberrima storia di Francesca da Polenta e del cognato Paolo Malatesta, universalmente considerata la più bella di tutta la Divina Commedia. Nella poesia di Borges abbiamo modo di riviverla nel suo stile inarrivabile: un perfetto mosaico di immagini messe a fuoco e circondate dall'evanescenza del mondo; immagini di coppie di amanti di ogni epoca e luogo, o forse della stessa coppia, che si rinnova continuamente nell'amore perfetto.

    INFERNO, V, 129 - JORGE LUIS BORGES (LA CIFRA)

    Dejan caer el libro, porque ya saben
    que son las personas del libro.
    (Lo serán de otro, el máximo,
    pero eso qué puede importarles.)
    Ahora son Paolo y Francesca,
    no dos amigos que comparten
    el sabor de una fábula.
    Se miran con incrédula maravilla.
    Las manos no se tocan.
    Han descubierto el único tesoro;
    han encontrado al otro.
    No traicionan a Malatesta,
    porque la traición requiere un tercero
    y sólo existen ellos dos en el mundo.
    Son Paolo y Francesca
    y también la reina y su amante
    y todos los amantes que han sido
    desde aquel Adán y su Eva
    en el pasto del Paraíso.
    Un libro, un sueño les revela
    que son formas de un sueño que fue soñado
    en tierras de Bretaña.
    Otro libro hará que los hombres,
    sueños también, los sueñen.

    Inferno, V, 129 - Jorge Luis Borges

    Lascian cadere il libro, ormai già sanno
    che sono i personaggi del libro.
    (Lo saranno di un altro, l'eccelso,
    ma ciò ad essi non importa).
    Adesso sono Paolo e Francesca
    non due amici che dividono
    il sapore di una favola.
    Si guardano con incredulo stupore.
    Le mani non si toccano.
    Hanno scoperto l'unico tesoro:
    hanno incontrato l'altro.
    Non tradiscono Malatesta
    perché il tradimento richiede un terzo
    ed esistono solo loro due al mondo.
    Sono Paolo e Francesca
    ma anche la regina e il suo amante
    e tutti gli amanti esistiti
    dal tempo di Adamo e la sua Eva
    nel prato del Paradiso.
    Un libro, un sogno li avverte
    che sono forme di un sogno già sognato
    nelle terre di Bretagna.
    Altro libro farà che gli uomini,
    sogni essi pure, li sognino.

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  25. La propongo volentieri, dopo averla condivisa su FB corredata dal bel quadro Il Sogno di Franz Marc del 1912. Ringrazio Art'è.

    EL SUENO - JORGE LUIS BORGES

    Si el sueño fuera (como dicen) una
    tregua, un puro reposo de la mente,
    ¿por qué, si te despiertan bruscamente,
    sientes que te han robado una fortuna?

    ¿Por qué es tan triste madrugar? La hora
    nos despoja de un don inconcebible,
    tan íntimo que sólo es traducible
    en un sopor que la vigilia dora

    de sueños, que bien pueden ser reflejos
    truncos de los tesoros de la sombra,
    de un orbe intemporal que no se nombra

    y que el día deforma en sus espejos.
    ¿Quién serás esta noche en el oscuro
    sueño, del otro lado de su muro?


    IL SOGNO - JORGE LUIS BORGES

    Se il sonno fosse (c'è chi dice) una
    tregua, un puro riposo della mente,
    perché, se ti si desta bruscamente,
    senti che t'han rubato una fortuna?
    Perché è triste levarsi presto? L'ora
    ci deruba d'un dono inconcepibile,
    intimo al punto da esser traducibile
    solo in sopore, che la veglia dora
    di sogni, forse pallidi riflessi
    interrotti dei tesori dell'ombra,
    d'un mondo intemporale, senza nome,
    che il giorno deforma nei suoi specchi.
    Chi sarai questa notte nell'oscuro
    sonno, dall'altra parte del tuo muro?

    RispondiElimina
  26. «Non mi sembra inverosimile che in un certo scaffale dell’universo esista un libro totale; prego gli dèi ignoti che un uomo — uno solo, e sia pure da migliaia d’anni! — l’abbia trovato e l’abbia letto. Se l’onore e la sapienza e la felicità non sono per me, che siano per altri. Che il cielo esista, anche se il mio posto è all’inferno. Ch’io sia oltraggiato e annientato, ma che un istante, in un essere, la Tua enorme Biblioteca si giustifichi».

    Jorge Luis Borges, “La biblioteca di Babele”

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  27. ARTE POETICA - JORGE LUIS BORGES

    Mirar el rìo hecho de tiempo y agua
    Y recordar que el tiempo es otro rio,
    Saber que nos perdemos como el rio
    Y que los rostros pasan como el agua.

    Sentir que la vigilia es otro sueño
    Que sueña no soñar y que la muerte
    Que teme nuestra carne es esa muerte
    De cada noche, que se llama sueño.

    Ver en el dia en el año un simbolo
    De los dias del hombre y de sus años,
    Convertir el ultraje de los años
    En una musica, un rumor y un simbolo,

    Ver en la muerte el sueño, en el ocaso
    Un triste oro, tal es la poesia
    Que es immortal y pobre. La poesia
    Vuelve como la aurora y el ocaso.

    A veces en las tardes una cara
    Nos mira desde el fondo de un espejo;
    El arte debe ser como ese espejo
    Que nos revela nuestra propia cara.

    ARTE POETICA - JORGE LUIS BORGES

    Guardare il fiume fatto di tempo e d’acqua
    e ricordare che il tempo è un altro fiume.
    Sapere che ci perdiamo come il fiume
    e che passano i volti come l’acqua.

    Sentire che la veglia è un altro sogno,
    sogno di non sognare e la morte
    che il nostro corpo teme è questa morte
    di ogni notte, che chiamiamo sonno.

    Vedere nel giorno o nell’anno un simbolo
    dei giorni dell’uomo e dei suoi anni,
    trasfigurare l’oltraggio degli anni
    in una musica, un rumore, un simbolo,

    Vedere nella morte il sonno, nel tramonto
    un triste oro, questo è la poesia
    che è povera e immortale. La poesia
    si volge come l’aurora e il tramonto.

    Talora nel crepuscolo un volto
    ci guarda dal fondo di uno specchio;
    l’arte deve esser come quello specchio
    che ci rivela il nostro proprio volto.

    Ulisse, dicono, stanco di prodigi,
    pianse d’amore, scorgendo la sua Itaca
    umile e verde. L’arte è quell’Itaca
    di verde eternità, non di prodigi.

    E’ anche come il fiume senza fine
    che passa e resta; è specchio di uno stesso
    Eraclito incostante, uno e diverso
    sempre, come il fiume senza fine.

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  28. DESPEDIDA - JORGE LUIS BORGES
    (Fervor de Buenos Aires (1923)

    Entre mi amor y yo han de levantarse
    trescientas noches como trescientas paredes
    y el mar será una magia entre nosotros.

    No habrá sino recuerdos.
    Oh tardes merecidas por la pena,
    noches esperanzadas de mirarte,
    campos de mi camino, firmamento
    que estoy viendo y perdiendo…
    Definitiva como un mármol
    entristecerá tu ausencia otras tardes.


    CONGEDO - JORGE LUIS BORGES

    Tra il mio amore e me devono alzarsi
    trecento notti come trecento pareti
    e il mare sarà una magia tra di noi

    Non ci saranno che ricordi.
    O sere meritate dal dolore,
    notti speranzose di guardarti,
    campi del mio cammino, firmamento
    che sto vedendo e perdendo…
    Definitiva come un marmo
    rattristerà la tua assenza altre sere.

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  29. Imparerai, col tempo, la differenza
    tra dare la mano e soccorrere un’anima.
    Imparerai che amare non significa appoggiarsi
    e che compagnia non sempre significa sicurezza.
    Inizierai ad imparare che i baci non sono contratti,
    né omaggi, né promesse.
    Inizierai ad accettare le tue sconfitte a testa alta,
    guardando dritto davanti a te.
    Imparerai che la pazienza richiede molta pratica.
    Imparerai che il tempo non è qualcosa che può ritornare,
    pertanto coltiva il tuo giardino e decora la tua anima
    invece di aspettare che qualcuno ti porti fiori.

    - Da Jorge Luis Borges

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    1. Poesia attribuita a Borges. La metto per intero in attesa dell'originale:

      CON IL TEMPO
      Con il tempo si impara la sottile differenza
      fra sostenere una mano e incatenare un’anima,
      e si impara che l’amore non significa andare a letto,
      e una compagnia non significa sicurezza
      e uno comincia a imparare…
      Che i baci non sono contratti
      e i regali non sono promesse
      e uno comincia ad accettare le sue sconfitte
      a testa alta e con gli occhi aperti e uno impara
      a costruire tutti i suoi cammini nell’oggi,
      perché il terreno di domani è troppo insicuro per far piani..
      e i futuri hanno la forma di cadere a metà.
      E dopo col tempo, uno impara
      che se è troppo anche il calore del sole brucia.
      Così uno pianta il suo giardino e decora la sua anima,
      al posto di aspettarsi che qualcuno porti fiori.
      E uno impara che realmente può reggere che uno
      è veramente forte, che uno realmente vale
      e uno può imparare. E impara…e ogni giorno impara.
      Con il tempo impara che stare con qualcuno
      perché ti offre un buon futuro significa presto
      o tardi voler ritornare al passato.
      Con il tempo capisci che solo chi è capace di amarti
      con i tuoi difetti, senza pretendere cambiarti,
      può offrirti la felicità che desideri.
      Con il tempo ti accorgi che, se stai a fianco
      di questa persona solo per accompagnare la tua solitudine,
      irrimediabilmente finirai per non volere più vederla.
      Con il tempo intendi che i veri amici sono contati
      e chi non lotta per loro, presto o tardi
      sarà circondato da false amicizie.
      Con il tempo impari che le parole dette
      in un momento d’ira possono continuare
      a dolere a chi feristi tutta la vita.
      Con il tempo impari che discolpare lo fa,
      però perdonare, è solo delle anime grandi.
      Con il tempo capisci che anche se sei felice
      con gli amici, un giorno piangerai
      per quelli che lasciasti andare.
      Con il tempo ti rendi conto che tutta
      l’esperienza vissuta con ogni persona è irripetibile.
      Con il tempo ti rendi conto che colui che umilia
      o disprezza un essere umano,
      presto o tardi, soffrirà le stesse umiliazioni
      o i disprezzi elevati al quadrato.
      Con il tempo impari a costruire tutti i cammini sull’oggi,
      perché il terreno di domani è troppo incerto per fare piani.
      Con il tempo capisci che far pressione
      sulle cose o forzarle a che succedano,
      occasionerà che alla fine non siano come speravi.
      Con il tempo ti rendi conto che in realtà
      il meglio non era il futuro, ma il momento
      che stavi vivendo proprio in questo istante.
      Con il tempo vedrai che anche felice
      con chi ti sta al fianco,
      ti mancheranno terribilmente quelli
      che ieri stavano con te e ora se ne sono andati.
      Con il tempo imparerai che cercar di perdonare o chiedere perdono,
      dire di amare, di desiderare,
      di aver bisogno, dire di voler essere amico,
      di fronte ad una tomba, non ha più senso.
      Però, sfortunatamente, solo con il tempo…
      fortunatamente o sfortunatamente solo con il tempo…
      ma quanto tempo ancora ci divide?
      quanto tempo ancora ci vorrà? e sarà davvero così?
      voglio che sia tutto così?

      Elimina
    2. Questa è una delle tante versioni "originali" attribuite a Borges

      Después de algún tiempo aprenderás la sutil diferencia entre sostener una mano y encadenar un alma, y aprenderás que amar no significa apoyarse, y que compañía no siempre significa seguridad. Comenzarás a aprender que los besos no son contratos, ni los regalos son promesas...

      Aprenderás que con la misma severidad conque juzgas, también serás juzgado y en algún momento condenado.

      Aprenderás que no importa en cuantos pedazos tu corazón se partió, el mundo no se detiene para que lo arregles. Aprenderás que es uno mismo quien debe cultivar su propio jardín y decorar su alma, en vez de esperar que alguien le traiga flores.

      Comenzarás a aceptar tus derrotas con la cabeza alta y la mirada al frente, con la gracia de una mujer y no con la tristeza de un niño y aprenderás a construir hoy todos tus caminos, porque el terreno de mañana es incierto para los proyectos, y el futuro tiene la costumbre de caer en el vacío.

      Después de un tiempo aprenderás que el sol quema si te expones demasiado. Aceptarás incluso que las personas buenas podrían herirte alguna vez y necesitarás perdonarlas.

      Aprenderás que hablar puede aliviar los dolores del alma. Descubrirás que lleva años construir confianza y apenas unos segundos destruirla y que tu también podrás hacer cosas de las que te arrepentirás el resto de la vida.

      Aprenderás que las nuevas amistades continúan creciendo a pesar de las distancias y que no importa que es lo que tienes, sino a quien tienes en la vida y que los buenos amigos son la familia que nos permitimos elegir.

      Aprenderás que no tenemos que cambiar de amigos, si estamos dispuestos a aceptar que los amigos cambian.

      Descubrirás que muchas veces tomas a la ligera a las personas que más te importan y por eso siempre debemos decir a esas personas que las amamos porque nunca estaremos seguros de cuando será la última vez que las veamos.

      Aprenderás que las circunstancias y el ambiente que nos rodea tienen influencia sobre nosotros, pero nosotros somos los únicos responsables de lo que hacemos. Comenzarás a aprender que no nos debemos comparar con los demás, salvo cuando queramos imitarlos para mejorar.

      Descubrirás que lleva mucho tiempo para llegar a ser la persona que quieres ser, y que el tiempo es corto. Aprenderás que no importa a donde llegaste, sino a donde te diriges. Aprenderás que si no controlas tus actos ellos te controlaran y que ser flexible no significa ser débil o no tener personalidad, porque no importa cuan delicada y frágil sea una situación: siempre existen dos lados. Aprenderás que héroes son las personas que hicieron lo que era necesario enfrentando las consecuencias. .. Aprenderás que la paciencia requiere mucha práctica.

      Descubrirás que algunas veces, la persona que esperas que te patee cuando te caes, tal vez sea una de las pocas que te ayuden a levantarte. Madurar tiene más que ver con lo que has aprendido de las experiencias, que con los años vividos.

      Aprenderás que hay mucho más de tus padres en ti de lo que supones. Aprenderás que nunca se debe decir a un niño que sus sueños son tonterías, porque pocas cosas son tan humillantes y seria una tragedia si lo creyese, porque le estarás quitando la esperanza. Aprenderás que cuando sientes rabia, tienes derecho a tenerla, pero eso no te da el derecho de ser cruel.

      Descubrirás que sólo porque alguien no te ama de la forma que quieres, no significa que no te ame con todo lo que puede, porque hay personas que nos aman, pero que no saben como demostrarlo. .. No siempre es suficiente ser perdonado por alguien, algunas veces tendrás que aprender a perdonarte a ti mismo.

      Si algo he aprendido en la vida, es que la mentira se pone en contra de quien la inventa y a la larga siempre surge la luz de la verdad.

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    3. Un'altra "originale". Noto che mancano sempre le righe finali

      Con el Tiempo te das Cuenta... / Jorge Luis Borges.

      " Después de un tiempo,uno aprende la Sutil diferencia
      entre sostener una Mano
      y encadenar un ALMA;
      Y uno aprende que el AMOR no significa acostarse,
      y que una compañia no significa seguridad,
      y uno empieza a aprender...
      Que los besos no son contratos y los Regalos no son
      promesas,
      y uno empieza a aceptar sus derrotas con la cabeza Alta
      y los ojos Abiertos,
      y uno aprende a construir todos sus Caminos en el Hoy,
      porque el terreno de mañana es demasiado Inseguro para Planes...
      y los futuros tienen su forma de caerse por la Mitad.
      Y uno aprende que si es demasiado
      hasta el calor del SOL puede quemar.
      Así que uno planta su propio Jardin y decora su propia ALMA,
      en lugar de que alguien le traiga Flores.
      Y uno aprende que realmente puede aguantar,
      Que uno es realmente fuerte,
      que uno realmente Vale,
      y uno aprende y aprende...y así cada día.
      Con el tiempo aprendes que estar con alguien
      porque te ofrece un buen Futuro,
      significa que tarde o temprano querrás Volver a tu pasado.
      Con el tiempo comprendes que sólo quién es capaz
      de Amarte con tus Defectos y sin Pretender Cambiarte
      puede Brindarte toda la FELICIDAD.
      Con el tiempo aprendes que si estás con una persona
      sólo por acompañar tu soledad,
      irremediablemente acabarás no deseando volver a verla.
      Con el Tiempo aprendes que los verdaderos Amigos son CONTADOS
      y quién no lucha por ellos, tarde o temprano,se verá sólo...
      Con el tiempo aprendes que las palabras dichas en momentos de IRA
      siguen hiriendo durante toda la Vida.


      Con el tiempo aprendes a disculpar, cualquiera lo hace
      pero Perdonar es atributo sólo de ALMAS grandes.
      Con el tiempo comprendes que si has herido a un AMIGO duramente,
      es muy probable que la amistad nunca sea igual.
      Con el tiempo te das cuenta que aún siendo FELIZ con tus amigos,
      lloras por aquellos que dejaste ir.
      Con el tiempo te das cuenta de que en realidad lo mejor no era el futuro,
      sino el momento que estabas viviendo justo en ese instante.
      Con el tiempo verás que aunque seas FELIZ con los que están a tu lado,
      añorarás a los que se marcharon.
      Pero desafortunadamente, sólo con el tiempo..."
      Jorge Luis Borges. Aprendiendo.

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  30. Ultima nota: viene equamente attribuita, oltre che a Borges, anche a Shakespeare.

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  31. Elsa – Jorge Luis Borges
    (di tittideluca)



    Notti penose della lunga insonnia
    che anelavano all’alba e la temevano,
    giorni che vanamente ripetevano
    gli ieri, uguali. Oggi li benedico.
    Potevo mai presentire in quegli anni
    di deserto d’amore che le atroci
    favole della febbre e le feroci
    aurore fossero solo i gradini
    incerti, le vaganti gallerie
    per i quali sarei giunto alla pura
    vetta azzurra che nell’azzurro dura
    della sera d’un giorno, dei miei giorni?
    Nella mia è la tua mano, Elsa. Guardiamo
    lenta nell’aria la neve e l’amiamo.

    Jorge Luis Borges

    Cambridge, 1967

    (Traduzione di Francesco Tentori Montaldo)

    da “Elogio dell’ombra”, Einaudi, 1971

    ***

    Elsa

    Noches de largo insomnio y de castigo
    que anhelaban el alba y la temían,
    días de aquel ayer que repetían
    otro inútil ayer. Hoy los bendigo.
    ¿Cómo iba a presentir que en esos años
    de soledad de amor que las atroces
    fábulas de la fiebre y las feroces
    auroras no eran más que los peldaños
    torpes y las errantes galerías
    que me conducirían a la pura
    cumbre de azul, que el azul perdura
    de esta tarde de un día y de mis días?
    Elsa, en mi mano está tu mano. Vemos
    en el aire la nieve y la queremos.

    Jorge Luis Borges

    Cambridge, 1967

    de “Elogio de la sombra”, Emecé Editores, Buenos Aires, 1969

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  32. Con il tempo si impara la sottile differenza fra sostenere una mano e incatenare un’anima,e si impara che l’amore non significa andare a letto, e una compagnia non significa sicurezza e uno comincia a imparare…Che i baci non sono contratti e i regali non sono promesse e uno comincia ad accettare le sue sconfitte a testa alta e con gli occhi aperti e uno impara a costruire tutti i suoi cammini nell’oggi, perché il terreno di domani è troppo insicuro per far piani..e i futuri hanno la forma di cadere a metà. E dopo col tempo, uno impara che se è troppo anche il calore del sole brucia. Così uno pianta il suo giardino e decora la sua anima,al posto di aspettarsi che qualcuno porti fiori.E uno impara che realmente può reggere che uno è veramente forte, che uno realmente vale e uno può imparare. E impara…e ogni giorno impara. Con il tempo impara che stare con qualcuno perché ti offre un buon futuro significa presto o tardi voler ritornare al passato. Con il tempo capisci che solo chi è capace di amarti con i tuoi difetti, senza pretendere cambiarti,può offrirti la felicità che desideri.Con il tempo ti accorgi che, se stai a fianco di questa persona solo per accompagnare la tua solitudine,irrimediabilmente finirai per non volere più vederla. Con il tempo intendi che i veri amici sono contati e chi non lotta per loro, presto o tardi sarà circondato da false amicizie. Con il tempo impari che le parole dette in un momento d’ira possono continuare a dolere a chi feristi tutta la vita. Con il tempo impari che discolpare lo fa, però perdonare, è solo delle anime grandi. Con il tempo capisci che anche se sei felice con gli amici, un giorno piangerai per quelli che lasciasti andare. Con il tempo ti rendi conto che tutta l’esperienza vissuta con ogni persona è irripetibile. Con il tempo ti rendi conto che colui che umilia o disprezza un essere umano, presto o tardi, soffrirà le stesse umiliazioni o i disprezzi elevati al quadrato. Con il tempo impari a costruire tutti i cammini sull’oggi, perché il terreno di domani è troppo incerto per fare piani. Con il tempo capisci che far pressione sulle cose o forzarle a che succedano, occasionerà che alla fine non siano come speravi. Con il tempo ti rendi conto che in realtà il meglio non era il futuro, ma il momento che stavi vivendo proprio in questo istante. Con il tempo vedrai che anche se sei felice con chi ti sta al fianco, ti mancheranno terribilmente quelli che ieri stavano con te e ora se ne sono andati.Con il tempo imparerai che cercar di perdonare o chiedere perdono,dire di amare, di desiderare, di aver bisogno, dire di voler essere amico,di fronte ad una tomba, non ha più senso. Però, sfortunatamente, solo con il tempo.
    Jorge Luis Borges

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  33. Quello che propone Titti De Luca è sempre preziosissimo. Eccone un esempio:

    Diciassette haiku – Jorge Luis Borges
    di tittideluca

    1

    Qualcosa mi han detto
    la sera e la montagna.
    Ma l’ho perduto.

    2

    La vasta notte
    non è ora altra cosa
    che un profumo.

    3

    Esiste o no
    il sogno che smarrii
    prima dell’alba?

    4

    Mute le corde.
    La musica sapeva
    quello che sento.

    5

    Oggi non ride
    il mandorlo dell’orto.
    È il tuo ricordo.

    6

    Oscuramente
    libri, stampe, chiavi
    han la mia sorte.

    7

    Da quel giorno
    non ho toccato i pezzi
    sulla scacchiera.

    8

    Sopra il deserto
    sta avvenendo l’aurora.
    Qualcuno lo sa.

    9

    L’oziosa spada
    sogna le sue battaglie.
    Altro è il mio sogno.

    10

    L’uomo è spirato.
    La barba non lo sa.
    Crescono l’unghie.

    11

    Questa è la mano
    che talvolta toccava
    la tua chioma.

    12

    Sotto la gronda
    lo specchio non riflette
    più che la luna.

    13

    Sotto la luna
    l’ombra che si allunga
    è una sola.

    14

    È un impero
    quella luce che muore
    o una lucciola?

    15

    La luna nuova.
    Lei pure la guarda
    da un’altra porta.

    16

    Lontano un trillo.
    L’usignolo non sa
    che ti consola.

    17

    La vecchia mano
    ancora scrive versi
    per l’oblio.

    Jorge Luis Borges

    (Traduzione di Domenico Porzio)

    da “La cifra”, “Lo Specchio” Mondadori, 1982

    ***

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    1. Diecisiete haiku

      1

      Algo me han dicho
      la tarde y la montaña.
      Ya lo he perdido.

      2

      La vasta noche
      no es ahora otra cosa
      que una fragancia.

      3

      ¿Es o no es
      el sueño que olvidé
      antes del alba?

      4

      Callan las cuerdas.
      La música sabía
      lo que yo siento.

      5

      Hoy no me alegran
      los almendros del huerto.
      Son tu recuerdo.

      6

      Oscuramente
      libros, láminas, llaves
      siguen mi suerte.

      7

      Desde aquel día
      no he movido las piezas
      en el tablero.

      8

      En el desierto
      acontece la aurora.
      Alguien lo sabe.

      9

      La ociosa espada
      sueña con sus batallas.
      Otro es mi sueño.

      10

      El hombre ha muerto.
      La barba no lo sabe.
      Crecen las uñas.

      11

      Ésta es la mano
      que alguna vez tocaba
      tu cabellera.

      12

      Bajo el alero
      el espejo no copia
      más que la luna.

      13

      Bajo la luna
      la sombra que se alarga
      es una sola.

      14

      ¿Es un imperio
      esa luz que se apaga
      o una luciérnaga?

      15

      La luna nueva.
      Ella también la mira
      desde otra puerta.

      16

      Lejos un trino.
      El ruiseñor no sabe
      que te consuela.

      17

      La vieja mano
      sigue trazando versos
      para el olvido.

      Jorge Luis Borges

      da “La Cifra”, Alianza Editorial, 1981

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  34. Giugno 1968 – Jorge Luis Borges

    Nel meriggio dorato
    o in una serenità di cui il simbolo
    potrebbe essere il meriggio dorato,
    l’uomo dispone i libri
    negli scaffali che attendono
    e sente la pergamena, la pelle, la tela
    e il piacere che dà
    immaginare un’abitudine
    e istituire un ordine.
    Stevenson e l’altro scozzese, Andrew Lang,
    riprenderanno qui, per virtú magica,
    la lenta discussione che interruppero
    gli oceani e la morte
    e a Reyes certo non dispiacerà
    stare accanto a Virgilio.
    (Ordinare una biblioteca è
    esercitare, in silenzio e modestia,
    l’arte del critico).
    L’uomo, che è cieco, sa
    che non potrà piú decifrare
    i bei volumi che tocca
    e che non gli daranno aiuto a scrivere
    il libro che lo giustifichi agli altri,
    ma nel meriggio che forse è dorato
    sorride del suo bizzarro destino
    e sente la felicità che è propria
    delle vecchie cose che s’amano.

    Jorge Luis Borges

    (Traduzione di Francesco Tentori Montaldo)

    da “Elogio dell’ombra”, Einaudi, Torino, 1971

    ***

    Junio, 1968

    En la tarde de oro
    o en una serenidad cuyo símbolo
    podría ser la tarde de oro,
    el hombre dispone los libros
    en los anaqueles que aguardan
    y siente el pergamino, el cuero, la tela
    y el agrado que dan
    la previsión de un hábito
    y el establecimiento de un orden.
    Stevenson y el otro escocés, Andrew Lang,
    reanudarán aquí, de manera mágica,
    la lenta discusión que interrumpieron
    los mares y la muerte
    y a Reyes no le desagradará ciertamente
    la cercanía de Virgilio.
    (Ordenar bibliotecas es ejercer,
    de un modo silencioso y modesto,
    el arte de la crítica.)
    El hombre que está ciego,
    sabe que ya no podrá descifrar
    los hermosos volúmenes que maneja
    y que no le ayudarán a escribir
    el libro que lo justificará ante los otros,
    pero la tarde que es acaso de oro
    sonríe ante el curioso destino
    y siente esa felicidad peculiar
    de las viejas cosas queridas.

    Jorge Luis Borges

    da “Elogio de la sombra”, Emecé Editores, Buenos Aires, 1969

    (di tittideluca, che ringrazio)

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  35. E' L'AMORE - JORGE LUIS BORGES

    E' l'amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
    Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.
    La bella maschera è cambiata, ma come sempre è l'unica.
    A cosa mi serviranno i miei talismani:
    l'esercizio delle lettere, la vaga erudizione,
    le gallerie della Biblioteca, le cose comuni,
    le abitudini, la notte intemporale, il sapore del sonno?
    Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.
    E', lo so, l'amore: l'ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
    l'attesa e la memoria, l'orrore di vivere nel tempo successivo.
    E' l'amore con le sue mitologie, con le sue piccole magie inutili.
    C'è un angolo di strada dove non oso passare.
    Il nome di una donna mi denuncia.
    Mi fa male una donna in tutto il corpo.

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  36. Elegia del ricordo impossibile – Jorge Luis Borges
    (grazie infinite a tittideluca)

    Che cosa non darei per la memoria
    di una strada sterrata fra muri bassi
    e di un alto cavaliere che riempie l’alba
    (lungo e sdrucito il poncho)
    in uno dei giorni della pianura,
    un giorno senza data.
    Che cosa non darei per la memoria
    di mia madre che contempla il mattino
    nella tenuta di Santa Irene,
    ignara che il suo nome sarebbe stato Borges.
    Che cosa non darei per la memoria
    d’essermi battuto a Cepeda
    e di aver visto Estanislao del Campo
    salutare la prima pallottola
    con l’esultanza del coraggio.
    Che cosa non darei per la memoria
    di un portone di villa segreta
    che mio padre spingeva ogni sera
    prima di perdersi nel sonno
    e spinse per l’ultima volta
    il 14 febbraio del ’38.
    Che cosa non darei per la memoria
    delle barche di Hengist,
    mentre prendono il mare dalle sabbie danesi
    per debellare un’isola
    che ancora non era l’Inghilterra.
    Che cosa non darei per la memoria
    (l’ho avuta e l’ho perduta)
    di una tela d’oro di Turner,
    vasta come la musica.
    Che cosa non darei per la memoria
    di aver udito Socrate
    quando la sera della cicuta
    serenamente analizzò il problema
    dell’immortalità,
    alternando i miti e le ragioni
    mentre la morte azzurra lo invadeva
    dai piedi fatti gelidi.
    Che cosa non darei per la memoria
    di te che avessi detto che mi amavi
    e di non aver dormito fino all’alba,
    straziato e felice.

    (Traduzione di Tommaso Scarano)
    da “La moneta di ferro”, Adelphi, 2008

    ***

    Elegía del recuerdo imposible - Jorge Luis Borges

    Qué no daría yo por la memoria
    de una calle de tierra con tapias bajas
    y de un alto jinete llenando el alba
    (largo y raído el poncho)
    en uno de los días de la llanura,
    en un día sin fecha.
    Qué no daría yo por la memoria
    de mi madre mirando la mañana
    en la estancia de Santa Irene,
    sin saber que su nombre iba a ser Borges.
    Qué no daría yo por la memoria
    de haber combatido en Cepeda
    y de haber visto a Estanislao del Campo
    saludando la primer bala
    con la alegría del coraje.
    Qué no daría yo por la memoria
    de un portón de quinta secreta
    que mi padre empujaba cada noche
    antes de perderse en el sueño
    y que empujó por última vez
    el 14 de febrero del 38.
    Qué no daría yo por la memoria
    de las barcas de Hengist,
    zarpando de la arena de Dinamarca
    para debelar una isla
    que aún no era Inglaterra.
    Qué no daría yo por la memoria
    (la tuve y la he perdido)
    de una tela de oro de Turner,
    vasta como la música.
    Qué no daría yo por la memoria
    de haber oído a Sócrates
    que, en la tarde de la cicuta,
    examinó serenamente el problema
    de la inmortalidad,
    alternando los mitos y las razones
    mientras la muerte azul iba subiendo
    desde los pies ya fríos.
    Qué no daría yo por la memoria
    de que me hubieras dicho que me querías
    y de no haber dormido hasta la aurora,
    desgarrado y feliz.

    da “La moneta de hierro”, Emecé Editores, Buenos Aires, 1996

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